Oro e Borse a braccetto sui massimi. A far clamore è soprattutto il metallo giallo che ha oltrepassato senza indugio il muro dei 4mila dollari l’oncia, portandosi a spasso tutti i titoli auriferi quotati in giro per il mondo. Nell’ultimo anno i colossi del settore, da Newmont a Barrick Gold, hanno guadagnato in media il 130%, sovraperformando non di poco rispetto all’oro stesso. In Piazza Affari c’è chi però non ride davanti all’esplosione dei prezzi dell’oro. La voce fuori dal coro rialzista è Confinvest, ironia della sorte l’unica società quotata a Milano che vanta un filo diretto con il metallo più pregiato in quanto opera come market dealer di oro fisico da investimento. Quotata dal 2019, Confinvest presenta un saldo borsistico negativo nell’ultimo anno, nulla a che vedere con il prepotente sprint del metallo giallo che è sulla buona strada per archiviare il miglior anno dal lontano 1978.
Il cortocircuito che sta ingabbiando Confinvest è presto spiegato. La società è reduce da un 2024 in retromarcia (-21% del fatturato) a causa dell’introduzione di un nuovo metodo di calcolo della tassazione per i soggetti privati che ha determinato una contrazione dei volumi in attesa di maggiore chiarezza. Ma neanche la forte risalita dei volumi nella prima metà del 2025 (ricavi quasi triplicati a 47,8 milioni e utile raddoppiato a 684mila euro) ha riattivato gli acquisti sul titolo.
Va sgombrato il campo dagli equivoci: il modello di business di Confinvest non si basa sulla proprietà e sulla mera variazione di prezzo dell’oro, ma sui servizi connessi all’acquisto, vendita e custodia dell’oro. Non parliamo di una miniera aurifera i cui ricavi aumentano all’aumentare del prezzo del metallo estratto; e neanche di un Etf sul gold che replica fedelmente la dinamica dei prezzi del suo sottostante. Confinvest guadagna principalmente su commissioni e spread applicati alle transazioni e alla custodia del metallo. L’aumento dei volumi di scambio, con più persone che comprano oro, è di per sé positivo ma non sempre si traduce in un aumento della redditività per azione, soprattutto se la crescita dei costi operativi assorbe parte dei guadagni.
Confinvest porta anche un’altra pesante zavorra. Il fatto di essere una realtà di nicchia le impedisce di entrare nel radar dei grandi investitori, un macigno che condivide con le altre “piccole” di Piazza Affari che pagano la cronica bassa liquidità tipica delle small cap. Volumi sottili che scoraggiano gli investitori istituzionali. A Roma in tal senso si sta lavorando su un pacchetto di misure volte a favorire gli investimenti nel mercato dei capitali, tra ampliamento del Pir alternativo e semplificazioni regolamentari.
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