Gli spunti non mancano per delineare il futuro della Nuova Mediobanca targata Mps. Per il momento i dintorni di Piazzetta Cuccia brulicano soprattutto di idee, sebbene non poche potrebbero tradursi in iniziative concrete da parte del nuovo vertice guidato da Vittorio Grilli e Alessandro Melzi D’Eril che a giorni assumerà la guida della più blasonata delle merchant bank italiane. Per esempio, potrebbe essere approfondito quell’interesse mai smentito per le attività italiane del colosso d’investimenti svizzero che viaggia sotto il nome di Ubs. Oppure potrebbe prendere forma l’ipotesi di una alleanza di vasto raggio nel mondo bancario-assicurativo mettendo sul tavolo parte di quel 13,2% di Generali ereditato dalla scalata. Del resto, il primo messaggio esplorativo è già giunto dal Leone di Trieste, con il ceo Insurance Giulio Terzariol che, intervistato da Class Cnbc all’Mf Insurance Day, ha parlato esplicitamente di possibili nuovi accordi di bancassicurazione qualora si profilino all’orizzonte «partner di qualità e di alto livello».
Una frase che lascia aperta più di una porta: la più altisonante è quella che conduce a Intesa Sanpaolo, la grande banca italiana rimasta volutamente fuori dalla fase acuta del risiko che però oggi potrebbe vedere di buon occhio un’opportunità di questo tipo, ammesso che a un certo punto non decida di costruire molto più di una semplice partnership.
D’altro canto, nelle sale operative il vento del risiko non sembra ancora essersi posato, mentre potrebbe ricalibrarsi coinvolgendo il mondo delle assicurazioni. Non a caso si è parlato di una possibile (e credibile) alleanza tra Unipol e Unicredit. Perché dunque stupirsi se nei prossimi mesi dovessero trapelare abboccamenti tra messaggeri con le insegne di Trieste e discreti ambasciatori inviati dall’istituto guidato da Carlo Messina? O, addirittura, se si profilasse una più stretta sintonia fra la Nuova Mediobanca, ora sostenuta da una robusta organizzazione commerciale come quella vantata dal Motepaschi, e le Generali stesse? Lo ha fatto capire in modo netto lo stesso Lovaglio davanti al Senato: «Generali offre grandi opzionalità nel business della bancassicurazione».
Quale che sia la rotta che verrà imboccata, la strada da percorrere è ancora lunga per il timoniere di Mps, Luigi Lovaglio, alle prese con la costruzione del nuovo gruppo. Mercoledì 8, per la prima volta in Piazzetta Cuccia, il banchiere ha introdotto brevemente per poi dare il calcio d’inizio all’incontro fra le prime linee manageriali di Rocca Salimbeni e quelle della merchant bank. Molti passaggi formali vanno compiuti. In primis, l’assemblea di martedì 28 ottobre che voterà i nuovi vertici dell’istituto dando il via all’operatività del ticket formato da Grilli e Melzi d’Eril. Quest’ultimo reduce da un’esperienza positiva nella società dei fondi d’investimento Anima, alla cui guida ha condotto in porto diverse acquisizioni. Il primo, con il suo bagaglio di alto profilo dopo avere fatto il ministro dell’Economia di un Paese del G7 come l’Italia e l’esperienza tra le fila di un big della finanza mondiale come JpMorgan.
I due dovranno, insieme all’azionista di controllo Mps, assumere unadecisione definitiva sul delisting, che molto probabilmente non ci sarà a meno che non si riesca a convincere i grandi soci Delfin, Caltagirone e Tesoro, i quali non vedono di buon occhio l’addio alla Borsa Italiana. Poi si passerà alla ridefinizione della mission con la scelta di chi guiderà le varie aree di attività, con il credito al consumo di Compass al quale si vorrebbe dare un respiro meno domestico integrandolo maggiormente con il business della banca commerciale. Quanto alla divisione wealth management (guidata da Gian Luca Sichel, al pari di Compass), posto che il progetto di base è integrare le due reti di consulenti finanziari di Mediobanca Premier e Widiba, dovrà essere messa a punto una buona politica di remunerazione per trattenere i migliori, magari riprofilando il gemellaggio con Banca Generali (anch’essa dotata di una delle più importanti reti di consulenti finanziari).
L’esperienza di Grilli sarà poi molto utile sul fronte investment banking e asset management, aree che potrebbero in futuro essere ben più centrali rispetto all’era Nagel. Ultima, ma non certo per importanza visto che pesa per quasi il 40% dell’utile, è la divisione insurance che fa capo sostanzialmente alla partecipazione in Generali. Qui l’idea, ormai consolidata, è trovare una exit strategy per il controverso accordo con i francesi di Natixis, ma probabilmente non prima di aver delineato una nuova governance, cosa che certo non potrà avvenire in tempi brevi visto che la compagnia guidato da Philippe Donnet ha da poco rinnovato i suoi vertici. Al momento, al vertice del Leone siedono professionisti eletti dalla vecchia Mediobanca, possibile quindi che la nuova proprietà possa valutare di chiedere modifiche, anche sostanziali, nella composizione del consiglio di amministrazione. E’ comunque sensazione diffusa che un crocevia fondamentale delle prossime tappe del risiko bancario-assicurativo sia rappresentato proprio dal 13,2% di Generali posseduto da Mediobanca. Sul quale non sarebbe puntato solo il faro di Intesa Sanpaolo ma anche quello di Unicredit, visto che la banca guidata da Andrea Orcel possiede ancora il 2% della compagnia.
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