“Per troppo tempo l’Europa ha parlato di energia senza avere un vero piano di sicurezza energetica.” È un passaggio chiave dell’intervento dell’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, al Forum dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Coldiretti, dove ha richiamato la necessità di un approccio più pragmatico alla transizione energetica.
Negli ultimi anni, ha osservato Descalzi, “l’attenzione verso i temi della transizione è cresciuta, ma solo recentemente abbiamo capito quanto fosse fragile il nostro sistema”. La crisi delle forniture ha mostrato la mancanza di una strategia comune: “L’Unione Europea, a differenza di Stati Uniti, Russia o Cina, non dispone di un mercato unico dell’energia. Ogni Paese procede da solo, mentre altri grandi attori globali hanno già da tempo garantito sicurezza logistica e approvvigionamenti di gas, petrolio e minerali critici”.
Per Descalzi, la transizione energetica resta un obiettivo imprescindibile, ma non può basarsi unicamente su sussidi o su un’unica fonte. “Deve poggiare su basi economiche solide e generare ritorni reali. L’errore dell’Europa è stato affrontare la transizione in modo monodimensionale, pensando solo alla riduzione delle emissioni e abbandonando fonti ancora centrali in gran parte del mondo”.
A titolo di esempio, Descalzi ha ricordato che il carbone copre ancora circa il 35% della produzione elettrica mondiale e che Paesi come la Germania, dopo aver chiuso le centrali nucleari, sono tornati a utilizzarlo, con effetti diretti sull’aumento delle emissioni.
“La transizione non deve essere sostitutiva ma complementare”, ha ribadito. “Oggi l’80% della domanda globale è ancora soddisfatta da fonti fossili. Anche l’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie, che richiedono enormi quantità di energia, non possono basarsi solo sulle rinnovabili: serve un mix equilibrato”.
Tra i temi toccati, Descalzi ha criticato anche la sottovalutazione dei biocarburanti da parte delle istituzioni europee. “In Germania, i biocarburanti avanzati riducono le emissioni fino al 90%, garantendo prestazioni equivalenti ai carburanti tradizionali. Eppure Bruxelles continua a ostacolarne l’uso, preferendo l’elettrico che dipende da materie prime controllate in gran parte dalla Cina”.
Proprio la Cina, ha osservato, “ha costruito nel tempo una posizione dominante lungo l’intera filiera dell’energia verde, dall’estrazione al raffinamento fino alla produzione di batterie e veicoli elettrici. L’Europa, invece, ha trasformato la transizione in una bandiera ideologica, spesso scollegata dalla realtà industriale”.
Descalzi ha poi evidenziato le differenze tra i principali Paesi europei in termini di costo dell’energia: “La Francia, grazie al nucleare che copre circa il 70% del fabbisogno, ha un prezzo medio intorno ai 60 euro per MWh; la Spagna si mantiene sui 65; l’Italia, più dipendente dal gas, paga di più anche per ragioni infrastrutturali”.
Sul ritorno del nucleare, l’ad di Eni ha espresso una posizione chiara: “È tecnicamente possibile, ma servono tempi lunghi e soprattutto consenso politico e sociale. In Cina si costruiscono centrali in cinque anni; in Europa ce ne vogliono sette o più. Tuttavia, resta una delle soluzioni più credibili per garantire energia a basso costo e ridurre le emissioni”.
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