Quando si dispone di una certa liquidità, la domanda può sorgere spontanea: conviene utilizzarla tutta per comprare casa, spendendo la somma in un colpo solo, oppure è più opportuno mantenerne una parte, accendere un mutuo e investire il resto?
Una questione tutt’altro che banale, soprattutto in un contesto in cui i tassi d’interesse e i rendimenti degli investimenti tornano a giocare un ruolo chiave nelle scelte finanziarie delle famiglie. Partendo da questo interrogativo, Facile.it ha realizzato un’analisi per offrire ai lettori di Moneta una simulazione semplificata, utile a capire – almeno in via teorica – quale delle due strade potrebbe risultare più efficiente nel lungo periodo. L’obiettivo non è fornire consigli finanziari, ma proporre un «esercizio di calcolo» che aiuti a visualizzare i meccanismi in gioco e le variabili che incidono sul risultato finale.
L’analisi prende come punto di partenza un immobile dal valore di 300mila euro. Da qui, si considerano delle alternative. Il primo scenario prevede il semplice acquisto in contanti, senza il ricorso a un mutuo. La seconda ipotesi invece consiste nel comprare una casa attraverso un mutuo e investire la liquidità residua. Nella seconda simulazione, si ipotizza che il compratore accenda un mutuo all’80% del valore dell’immobile (240mila euro) con un tasso fisso del 3,05%, e che la rata annuale sia di 12.219,96 euro. I restanti 60mila euro vengono versati come anticipo. Parallelamente, i 240mila euro di liquidità non utilizzata vengono investiti in Btp a 30 anni con un rendimento netto del 3,86% (pari al 4,41% lordo).
Per rendere il confronto realistico, Facile.it ha tenuto conto delle spese accessorie legate all’accensione del mutuo – come perizia, istruttoria, polizza scoppio incendio e atto notarile di mutuo – per un totale stimato di 4.245 euro. Non sono state invece considerate le spese comuni a entrambi gli scenari, come l’atto di compravendita dell’immobile. Un altro elemento da tenere presente riguarda la detraibilità degli interessi passivi sui mutui prima casa, che consente di recuperare il 19% fino a un massimo di 4mila euro all’anno. Nella simulazione, questo beneficio fiscale porta un risparmio complessivo di circa 18.200 euro in 30 anni. Per quanto riguarda l’investimento, l’analisi si basa (sempre per semplicità) su titoli di Stato a lungo termine. Nella realtà, sottolinea Facile.it, è consigliabile puntare su portafogli diversificati in base alla propria propensione al rischio.
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Nel caso di acquisto in contanti, l’acquirente impiega tutta la liquidità disponibile, pari a 300mila euro, per comprare casa. Il flusso di cassa iniziale è quindi pari all’intera somma e, ipotizzando che il valore dell’immobile resti stabile nel tempo, dopo 30 anni il bilancio complessivo è neutro: nessuna spesa o guadagno aggiuntivo, ma anche nessun rendimento alternativo.
Con la seconda opzione (mutuo o investimento) la situazione cambia sensibilmente. Le cedole del Btp (9.261 euro l’anno) vengono utilizzate per coprire buona parte delle rate annuali del mutuo (12.219,96 euro). Di fatto, il proprietario si ritrova a dover aggiungere di tasca propria 2.958,96 euro l’anno, che su 30 anni equivalgono a 88.768,80 euro. Sommando i costi accessori (4.245 euro) e sottraendo il beneficio fiscale (18.211,32 euro), il flusso di cassa finale a 30 anni è pari a una spesa di 134.802,48 euro. Rispetto ai – 300mila euro dello scenario cash, si registra quindi un vantaggio teorico di circa 165mila euro. Ipotizzando nuovamente che il valore dell’immobile resti stabile nel tempo, acquistare casa accendendo un mutuo e investendo la liquidità residua in Btp (o strumenti con rendimento analogo) può, in questa simulazione, risultare più conveniente nel lungo periodo.
Infine, è possibile fare un ragionamento su un terzo scenario nel quale le cedole dell’investimento, anziché essere utilizzate per pagare le rate del mutuo, vengono reinvestite a loro volta per generare ulteriore rendimento. A livello ipotetico, questa soluzione potrebbe essere remunerativa, al netto delle incognite legate al reinvestimento delle cedole. Se infatti ogni anno il proprietario dell’immobile decide di reinvestire le cedole in un prodotto che garantisce un tasso annuo netto del 3,86%, dopo 30 anni avrebbe un vantaggio rispetto al primo scenario. Ovviamente il reinvestimento nella realtà sarà da fare ai tassi di quel momento, che saranno probabilmente diversi rispetto a quelli di oggi. In questa simulazione si ipotizza di essere in grado di reinvestire allo stesso tasso, anche se ricordiamo che i tassi per scadenze a breve termine sono generalmente più bassi di quelli a lunga scadenza.
Dall’analisi di Facile.it emerge quindi che, in uno scenario di tassi e rendimenti simili a quelli attuali, la combinazione di mutuo e investimento può offrire, nel lungo periodo, un vantaggio economico potenziale rispetto all’acquisto in contanti. Oggi, del resto, con gli stipendi che restano bassi mentre i prezzi degli immobili continuano a correre, per molte famiglie diventa molto complicato raggiungere la quota di liquidità necessaria a comprare una casa per intero: il divario tra redditi e costi abitativi si fa sempre più insidioso.
Tuttavia, la convenienza di accendere un mutuo dipende da molte variabili: l’andamento dei mercati, i tassi futuri, la capacità di sostenere un debito a lungo termine e la gestione efficiente dei propri investimenti.
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