Sempre più veloce. L’idea che le macchine potessero eseguire operazioni finanziarie in autonomia affonda le radici già negli anni ’80, quando l’allora program trading – l’antesignano dell’attuale high frequency trading (Hft) – contribuì ad amplificare il crollo verticale di Wall Street nella giornata del 19 ottobre 1987, passata alla storia come Black Monday. In un solo giorno il Dow Jones Industrial Average segnò -22,6% con gli algoritmi di program trading indicati tra i “colpevoli“ nell’amplificare a dismisura il panico sull’azionario attraverso l’esecuzione di ordini di vendite a cascata: ogni algoritmo che vendeva innescava altri algoritmi che vendevano, innescando una gigantesca spirale ribassista.
A distanza di quasi quarant’anni, quelle strategie si sono evolute in sofisticatissimi sistemi per operare sui mercati in frazioni di secondo, scambiando miliardi di dollari prima ancora che un essere umano possa reagire a una notizia. Se nel 1987 i computer furono accusati di aver “rotto” il mercato, oggi sono il cuore pulsante del mercato stesso. Si stima che l’hft negli Stati Uniti arrivi a rappresentate ben il 60% del volume totale degli scambi azionari, mentre in Europa si assesta nel range 35-45%. Ad utilizzare l’Hft in maniera più massiccia sono prevalentemente le grandi banche d’investimento, così come le società di fondi e altre istituzioni finanziarie al fine di ottenere un vantaggio competitivo nei mercati finanziari e strappare lauti guadagni da trading attraverso operazioni intraday. Quest’anno il mercato globale del trading ad alta frequenza dovrebbe attestarsi a 12,15 miliardi di dollari e si prevede che crescerà fino a 27,49 miliardi entro il 2035, con un tasso di crescita medio anno dell’11,8% secondo le ultime stime di Business Research Insight. A dominare il mercato sono player quali Citadel Securities, Two Sigma Investments, Virtu Financial e Hudson River Trading, con quest’ultima che nel 2024 ha segnato un record di quasi 8 miliardi di dollari di ricavi netti da trading.
Nello specifico il funzionamento dell’algo-trading è presto detto: l’algoritmo determina automaticamente i parametri individuali degli ordini, come ad esempio l’avvio dell’ordine, la relativa tempistica, il prezzo, la quantità o le modalità di gestione dell’ordine dopo il suo invio, con intervento umano minimo o assente. La velocità è il grande vantaggio competitivo nelle mani soprattutto delle grandi banche statunitensi che dispongono dei software più all’avanguardia, in grado di macinare guadagni da capogiro da queste attività. Ai piccoli investitori non resta che rimanere a guardare ed evitare di trovarsi invischiati nella centrifuga. Infatti, il trading ad alta frequenza può diventare un fattore di instabilità amplificando i movimenti del mercato in coincidenza di catalyst importanti quali trimestrali, shock geopolitici o macro. «L’Hft è incentrato sul trading intraday, mentre il piccolo investitore deve operare con un’ottica di medio termine e il rumore di fondo di questa speculazione di brevissimo respiro non deve incidere sulle scelte – sottolinea a Moneta Gabriele Bellelli, investitore, trader e educatore finanziario indipendente – anche perché bisogna essere pienamente consapevoli di non poter competere ad armi pari con i giganti finanziari americani che hanno dalla loro i software più avanzati».
C’è anche un lato positivo della medaglia: il trading algoritmico contribuisce in modo sostanziale alla liquidità del mercato, riducendo gli spread bid-ask e questo si traduce in prezzi migliori per tutti i partecipanti. «L’operatività degli Hft può indubbiamente produrre effetti benefici in termini sia di liquidità sia di volatilità ed efficienza informativa dei prezzi – precisa Bellelli – ma allo stesso tempo, sebbene non siano quasi mai la causa di un grosso scostamento di mercato, possono portare ad amplificare le pressioni ribassiste fino a generare situazioni di estremo disordine negli scambi». In Italia la negoziazione algoritmica è regolamentata principalmente dalla normativa europea MiFID II e la Consob attraverso le sue circolari non ha imposto divieti specifici sul fenomeno algo-trading in sé, ma sono presenti rigidi obblighi organizzativi, tecnici e informativi volti a garantire l’integrità del mercato e a prevenire ogni tipo di abuso.
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