Il quasi ex dominus di Mediobanca si aggira ancora nei corridoi di Piazzetta Cuccia. Chi lo ha incontrato mentre pendola tra Londra e Milano lo descrive malinconico. Altri lo dipingono come sempre sicuro di sè. In ogni caso, il suo regno si chiuderà martedì 28 ottobre, dopo essere stato a lungo l’artefice dei destini della principale banca d’investimento italiana. Nelle ultime settimane, visto che oltre a essere l’amministratore delegato Alberto Nagel ha conservato anche la carica da direttore generale, sta lavorando per sistemare le ultime cose prima dell’addio. In particolare, starebbe trattando la sua buonuscita economica che tra tutte le varie voci (liquidazione, azioni e stock option) potrebbe arrivare a non meno di 110-120 milioni di euro.
Nel frattempo, il clima da guerra fredda del periodo dell’offerta pubblica lanciata da Mps sembra essersi vaporizzato. E alcune fonti riferiscono di «un clima di attesa e operosa collaborazione», con frequenti riunioni e incontri tra Siena e Milano per disegnare al meglio il futuro sodalizio delle due entità. Diversi dipendenti, secondo quanto apprende Moneta, si direbbero sollevati dalla fine di un periodo di feroce contrapposizione e incertezza che peraltro si è trascinato per un periodo piuttosto lungo: dallo scorso 24 gennaio, giorno del lancio dell’offensiva di Banca Mps, fino al trasferimento formale delle azioni lo scorso 29 settembre.
Il nuovo amministratore delegato, Alessandro Melzi d’Eril, e il nuovo presidente, Vittorio Grilli, dopo voto dell’assemblea si insedieranno ai vertici e inizieranno da subito a lavorare. Probabilmente verrà convocato un consiglio d’amministrazione prima del 6 dicembre, vale a dire quando si riunirà il board della capogruppo Mps per esaminare i conti. Tra gli argomenti sul tavolo ci sarà anche l’eventuale nomina di un vicepresidente del gruppo, pensiero che sta prendendo piede negli ultimi giorni. Il consolidamento di Mediobanca è iniziato dal primo di ottobre e, in prospettiva, l’intenzione è di arrivare a un unico bilancio che si concluderà al 31 di dicembre. Va da sé che quella del prossimo 28 ottobre sarà a suo modo un giorno storico, perché sarà l’ultima assemblea degli azionisti di Mediobanca a riunirsi in quella data iconica, che fu voluta espressamente dal fondatore Enrico Cuccia. Il motivo è che il 28 ottobre è anche la data della Marcia su Roma del 1922, giorno che segnò l’inizio del Ventennio fascista in Italia. Cuccia, antifascista, scelse quel giorno per evidenziare una contrapposizione simbolica al regime. Tuttavia, nell’era Montepaschi, gli azionisti inizieranno a riunirsi verosimilmente in primavera, come del resto sono solite fare la gran parte delle società. È un piccolo grande cambiamento, che segna una cesura con il vecchio mondo di Mediobanca sul quale è destinato a calare il sipario con l’uscita di scena di Nagel.
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Caltagirone e Delfin
Ma di là di ciò, il ceo di Mps, Luigi Lovaglio, e i nuovi vertici Melzi d’Eril e Grilli non intendono stravolgere la mission di Mediobanca, che è un gruppo complesso e fatto di molte anime diverse: dalla divisione banca d’investimenti, al credito al consumo di Compass fino all’asset management e alla gestione patrimoniale di Mediobanca Premier. Senza dimenticare la quota determinante di Generali: un 13,2% che ha determinato per decenni i destini della principale compagnia assicurativa italiana. Sebbene una decisione formale non sia ancora stata presa, è praticamente certo che Piazzetta Cuccia non lascerà Piazza Affari. I grandi soci del gruppo, da Caltagirone e alla Delfin, cassaforte dei Del Vecchio, non credono che questa sia la via migliore per il futuro dell’investment bank. Del resto, la Borsa – sebbene meno di un tempo – è e rimane uno status symbol per una grande società poiché gran parte delle più prestigiose aziende italiane sono quotate. Inoltre, quando il cantiere dell’integrazione sarà finalmente partito e si cominceranno a sprigionare le sinergie, il probabile apprezzamento potrebbe essere una ghiotta occasione qualora il board decidesse di ripristinare un più alto livello di flottante (drasticamente ridotto sotto al 15% dopo la fine dell’offerta pubblica di acquisto e scambio).
Il piano industriale
Un altro evento chiave sul calendario del prossimo anno, verosimilmente nei primi mesi del 2026, sarà la presentazione del nuovo piano industriale del gruppo integrato. I vertici del Montepaschi stanno affinando la nuova strategia con l’aiuto di advisor di primo piano come Deloitte – che è più concentrata sulla gestione dell’integrazione con Mediobanca – e McKinsey, che la assisterà da vicino sulla stesura del piano industriale. Tra le varie cose su cui si sta ragionando è come integrare Mediobanca Premier e Widiba, se mantenere entrambi i brand o solo uno e se la seconda andrà a confluire nel perimetro della prima. Per quanto riguarda il credito al consumo di Compass, invece, l’idea sarebbe quella di darne maggiore impulso a livello internazionale rafforzando un brand che è già di per sé un’entità legale distinta rispetto alla capogruppo Mediobanca. Tutte scelte che verranno prese coinvolgendo anche i nuovi vertici di Mediobanca a partire dalla prossima settimana.
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