La piccola cassa nera di Alexa, che molti di noi hanno in camera o in cucina, è un microfono aperto sulla nostra intimità, connesso ai server centrali di Amazon 24 ore su 24. Molto di ciò che diciamo in sua presenza viene registrato e conservato per un tempo indefinito dall’azienda, a meno che non venga cancellato manualmente. Una parte delle registrazioni viene poi sottoposta all’ascolto dei dipendenti del gigante. Da quest’anno però, con l’introduzione dei nuovi dispositivi dotati di IA, Alexa+, gli assistenti vocali hanno fatto un passo in più, sopprimendo l’opzione che permetteva, su alcuni dispositivi, di non inviare ai server centrali le richieste.
Perdite economiche
Secondo un’analisi del Wall Street Journal l’assistente vocale è responsabile di perdite miliardarie per l’azienda. Inizialmente, il ceo e fondatore di Amazon Jeff Bezos aveva puntato su Alexa come strumento per aumentare gli acquisti sul sito, grazie alla possibilità di ordinare prodotti con un comando vocale. La strategia non ha funzionato e, a peggiorare la situazione, si sono messi gli altoparlanti Echo e gli altri dispositivi della stessa linea, che vengono spesso venduti a prezzi pari o inferiori al costo di produzione.
La crisi del settore ha inciso in modo drastico sui conti: tra il 2022 e il 2023 Amazon ha licenziato circa 27mila dipendenti, molti dei quali nelle divisioni dedicate ai dispositivi vocali. Tra il 2017 e il 2021 la divisione hardware di Amazon avrebbe accumulato perdite per 25 miliardi di dollari.
Tappe
Lanciata da Amazon come piattaforma di smart-home di nuova generazione, Alexa+ è stata presentata in più tappe nel corso del 2025: il primo annuncio è arrivato a febbraio, a cui è seguita un’estensione del programma a fine settembre.
Tra i prodotti – non ancora disponibili in Italia – che rientrano nei nuovi modelli aggiornati della linea Echo troviamo la versione 4K della videocamera Ring e nuove Fire tv. Una delle novità principali è la funzione Voice Id, che consente all’assistente di riconoscere individualmente chi parla, in modo da personalizzare le risposte in base al calendario, alle preferenze musicali, alla cronologia di utilizzo. L’accelerazione verso l’IA generativa comporta un cambiamento anche nei processi di elaborazione dei dati vocali: Amazon ha infatti eliminato da marzo di quest’anno l’opzione «non inviare registrazioni vocali» per i dispositivi Echo: un’impostazione che fino ad allora consentiva – in via limitata – che alcune richieste fossero processate esclusivamente in locale senza invio al cloud. La funzionalità, in ogni caso, non è mai stata disponibile in Italia, come precisa la società, rintracciata da Moneta.
La modifica è stata comunicata da Amazon stessa con una lettera ai clienti e l’azienda ha motivato la decisione sostenendo che le nuove funzionalità richiedono capacità di calcolo che non possono essere replicate interamente a livello locale.
Il funzionamento
I dispositivi Echo sono progettati per ascoltare costantemente l’ambiente in modalità «wake-word listening» (cioè in attesa che venga pronunciata la parola di attivazione). Al verificarsi della wake-word – la parola con cui Alexa dovrebbe attivarsi (quando diciamo «Ciao Alexa»)- viene registrata anche una frazione di audio prima dell’attivazione vera e propria. Ne deriva che alcuni frammenti di conversazione che precedono la parola di attivazione possono essere acquisiti e inviati al cloud.
Lo fanno chiaramente capire i frammenti di conversazione riportati in una puntata radiofonica del giornalista Paolo Attivissimo sulla Radiotelevisione svizzera. «Alexa è costantemente in ascolto e in registrazione», spiega Attivissimo nella puntata disponibile su YouTube. «Quando crede di aver sentito la parola di attivazione, prende l’audio già registrato e lo invia ad Amazon. Questo significa che qualunque conversazione domestica può essere registrata e trasmessa». L’azienda spiega che «se il cliente non desidera che le sue registrazioni vocali siano usate per sviluppare nuove funzionalità o vengano riviste manualmente per migliorare Alexa, può facilmente negare il consenso tramite le Impostazioni per la privacy di Alexa o dall’App Alexa. Oppure può semplicemente dire: “Alexa, disattiva la revisione umana delle mie registrazioni vocali”».
Garner
Il 7 luglio di quest’anno un giudice federale di Seattle ha dichiarato che decine di milioni di utenti di Alexa possono unirsi alla class action partita nel 2021, che accusa il gigante della tecnologia di registrare e raccogliere in modo ingannevole le conversazioni private. La causa sostiene che Amazon abbia violato la legge di Washington sulla tutela dei consumatori, non dichiarando la conservazione e l’uso delle registrazioni a fini di lucro. Amazon ha rifiutato di commentare, come riferito dall’agenzia Reuters. Secondo i querelanti il gigante avrebbe progettato la tecnologia «per intercettare illegalmente e di nascosto miliardi di conversazioni private» che andavano oltre i comandi rivolti ad Alexa.
Le inchieste DEL 2019
È stata un’indagine pubblicata dal sito statunitense Cnet, del 2019, ad aver scoperto che Amazon conserva le registrazioni vocali degli utenti. In risposta a un’interrogazione del senatore americano Chris Coons, Amazon ha confermato di mantenere le registrazioni vocali e le trascrizioni finché l’utente non le elimina. Le richieste dei clienti all’assistente vocali vengono poi trasmesse al cloud crittografate. L’inchiesta del sito di tecnologia metteva in luce che le trascrizioni testuali delle registrazioni vocali restavano sui server di Amazon anche dopo che gli utenti avevano cancellato gli audio. L’azienda infatti rimuove i registri di testo dal «sistema principale» di Alexa, ma non dai sottosistemi secondari. Bloomberg, nell’aprile 2019 ha rivelato che Amazon impiega migliaia di lavoratori – tra dipendenti e appaltatori – incaricati di ascoltare e trascrivere frammenti di conversazioni registrate dai dispositivi domestici. Alcuni lavoratori intervistati hanno raccontato di aver fatto turni di nove ore e ascoltato fino a mille clip al giorno. Ogni frammento era associato a un nome e un numero seriale. Aveva quindi dei segni di riconoscimento della persona a cui apparteneva. Amazon si difese sostenendo che solo una minima parte delle registrazioni veniva revisionata manualmente e che i revisori non avevano accesso a dati personali identificabili. L’inchiesta ha reso chiaro un preciso meccanismo: una volta che i dati arrivano sui server di Amazon, è l’azienda ad averne il pieno controllo.
L’indagine della FTC
Nel maggio 2023 Amazon ha accettato di pagare 25 milioni di dollari al Dipartimento di Giustizia e alla Federal Trade Commission (Ftc) per chiudere un procedimento sulla gestione dei dati vocali dei bambini raccolti tramite i dispositivi Alexa. L’indagine accusava la società di aver conservato indefinitamente registrazioni e trascrizioni vocali dei minori, anche dopo la richiesta esplicita di cancellazione da parte dei genitori. Secondo la Ftc, Amazon avrebbe mantenuto quei dati per anni, impedendo in alcuni casi l’effettiva eliminazione dei file e delle relative trascrizioni.
L’accordo del 2023 impone all’azienda di rivedere le proprie pratiche interne: richiede che Amazon identifichi i profili inattivi entro sei mesi dall’entrata in vigore dell’ordine e poi cancelli le informazioni entro novanta giorni dall’identificazione. Salvo diversa richiesta dei genitori. Prescrive poi di interrompere l’uso delle registrazioni vocali e dei dati di geolocalizzazione dei minori soggetti a richiesta di cancellazione per l’addestramento di sistemi di intelligenza artificiale e di fornire informazioni più trasparenti sulle politiche di conservazione dei dati. La Commissione ha inoltre accusato Amazon di aver ottenuto un vantaggio competitivo dall’accumulo di voci infantili, utilizzate per migliorare la precisione del riconoscimento vocale degli Echo. Le autorità federali sostengono che i primi segnali dei problemi di cancellazione fossero noti già nel 2018, ma che la società abbia introdotto correzioni solo l’anno successivo. All’epoca, la maggior parte degli utenti non era consapevole che le conversazioni con Alexa venissero salvate per impostazione predefinita.
La possibilità di gestire manualmente la cronologia vocale è stata resa più accessibile solo in seguito, dopo l’ondata di inchieste e pressioni pubbliche che hanno travolto il colosso.
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