L’oro rosso made in Italy brilla e sfida Usa e Cina. La raccolta del pomodoro in Italia si è conclusa con una qualità giudicata superiore alla precedente. Si prevede dunque un’ottima disponibilità di pelati, polpe e passate sugli scaffali. Non è mancata a livello nazionale la quantità con la previsione di una produzione di 5,8 milioni di tonnellate di conserve di pomodoro, in aumento del 5% rispetto allo scorso anno, secondo Anicav e World Processing Tomato Council, l’organizzazione internazionale che rappresenta l’industria mondiale di trasformazione del pomodoro.
La situazione in realtà non è uniforme lungo la Penisola e il made in Italy deve scontare il crollo dei raccolti in Puglia, il principale territorio di produzione nel Mezzogiorno. A causa della siccità, la Coldiretti regionale parla di tagli pesanti che si aggirano attorno al 30% nella provincia di Foggia, che è leader nel comparto con gli agricoltori impegnati su una superficie di 17mila ettari destinata al pomodoro da industria. La coltura è diffusa anche in Campania e Basilicata con un contributo rilevante al livello nazionale dove la coltivazione avviene su circa 76mila ettari. Diffusa la produzione anche al Nord in Lombardia ed Emilia Romagna, la regione leader con oltre 27.000 ettari. Sul piano industriale importanti attività di trasformazione si concentrano nelle due regioni ma anche in Campania dove si trova il distretto del pomodoro Agro Sarnese-Nocerino, un’area tra le province di Salerno e Napoli, specializzata nella coltivazione e trasformazione del pomodoro, in particolare del Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino Dop. Questo distretto è caratterizzato da una lunga tradizione di lavorazione del pomodoro pelato e rappresenta un pilastro dell’economia agricola locale.
Nel 2024 il fatturato dell’intero comparto produttivo delle conserve di pomodoro e legumi tricolore è stato di 6,7 miliardi, secondo Anicav. Il mercato italiano dei derivati del pomodoro nel 2024 si divide tra imprese private e cooperative con i marchi leader Mutti, Cirio, Valfrutta e Petti che insieme coprono una quota superiore al 50%. Il gruppo emiliano Mutti ha annunciato di aver chiuso la campagna del pomodoro 2025 con il record storico di 728mila tonnellate lavorate e la «qualità più alta mai raggiunta». Il grado Brix – la quantità di parti solubili che determina dolcezza e intensità di sapore – ha toccato secondo l’azienda il livello più elevato di sempre. Con questi risultati l’Italia si classifica nel 2025 al secondo posto tra i principali produttori mondiali dietro agli Stati Uniti che conquistano il primato con una produzione di poco inferiore ai 10 milioni di tonnellate realizzata in California (-0,2%) mentre la Cina, dove il raccolto è più che dimezzato (-51,2%), perde il primato e scende al terzo posto con poco più di 5 milioni di tonnellate. La produzione europea risulterebbe complessivamente in flessione (-4,5%) per effetto del calo della Spagna (-22%) con 3,1 milioni di tonnellate, mentre a livello mondiale la produzione è stimata a 45,8 milioni di tonnellate, -14%. La frenata della Cina potrebbe rappresentare una importante opportunità per il made in Italy. Negli ultimi anni infatti il gigante asiatico ha incrementato la produzione nella tormentata regione autonoma dello Xinjiang dove si produce il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione. Un commercio molto contestato a livello internazionale.
A preoccupare è la questione del rispetto dei diritti umani nello Xinjiang, dove gli abusi nei confronti degli uiguri hanno spesso anche il volto del lavoro forzato utilizzato proprio nell’agricoltura. Il 22 novembre 2024, il dipartimento per la sicurezza interna degli Usa ha annunciato l’aggiunta di 29 aziende (di cui 23 impegnate nella produzione e vendita di prodotti agricoli, tra cui concentrato di pomodoro e prodotti a base di pomodoro), con sede in Cina, all’elenco delle entità individuate ai sensi dell’Uyghur forced labor prevention act, la legge sulla prevenzione del lavoro forzato degli uiguri, portando il numero totale delle imprese da cui è vietato importare a 107. Gli Usa stanno adottando queste misure come parte dell’impegno per eliminare l’uso di pratiche di lavoro forzato nelle catene di fornitura statunitensi e promuovere il contrasto al genocidio e ai crimini contro gli uiguri e altri gruppi minoritari dello Xinjiang. Una preoccupazione che ha riguardato recentemente anche l’Europa con la polemica scoppiata lo scorso dicembre nel Regno Unito contro alcune delle maggiori catene di supermercati accusate, in un’inchiesta della Bbc, di vendere alimenti con indicazioni di provenienza «taroccate», incluse confezioni di concentrato di pomodoro presentate come d’origine «italiana», ma che in realtà conterrebbero tracce di pomodori cinesi coltivati nello Xinjiang . Lo scorso anno l’Italia ha importato 99 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese, proveniente in gran parte proprio dallo Xinjiang. Anche per questo Coldiretti e Filiera Italia, alla luce della nuova normativa Ue sul contrasto al commercio di prodotti ottenuti dallo sfruttamento delle popolazioni, chiedono misure per prevenire l’importazione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato e utilizzati in confezione che diventano «magicamente» made in Italy. Un allarme che sembra aver avuto successo visto che nel primo semestre le importazioni di derivati di pomodoro dalla Cina in Italia si sono praticamente dimezzate rispetto allo stesso periodo 2024.
Un commercio che va controllato attentamente per evitare che possa nascondere frodi o inganni. In Italia esiste l’obbligo di etichettatura con l’indicazione del luogo di coltivazione del pomodoro utilizzato per i derivati che hanno il frutto come unico o principale ingrediente. Ma la situazione è diversa a livello europeo e per questo Coldiretti ha avviato una campagna per estendere l’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta a tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Ue che può essere sostenuta firmando nei mercati Campagna Amica, negli uffici Coldiretti e sul Web (https://eci.ec.europa.eu/049/public/#/
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I derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno. A essere preferiti, sono nell’ordine le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati. Nel lungo periodo si è assistito alla progressiva sostituzione dei prodotti con minore contenuto di servizio (polpe e pelati) con prodotti pronti per la tavola (passate e sughi pronti). Ai prodotti a base di pomodoro è stato destinato nel 2024 ben l’11% della spesa degli italiani per gli ortaggi freschi e trasformati secondo le elaborazioni Ismea su dati Nielseniq. Le conserve di pomodoro sono considerate uno dei componenti più importanti della dieta mediterranea che ha garantito agli italiani il record di longevità. I pomodori sono ricchi di sali minerali, vitamina A e C e antiossidanti come il licopene che, grazie al processo necessario per la conservazione, nei pelati e in tutti gli altri derivati è più facile da assorbire. Pelati, polpe, passata e concentrato di pomodoro sono prodotti simbolo del made in Italy all’estero. Nel 2024 le esportazioni hanno fatto segnare un nuovo record per un valore di 3 miliardi di euro, +4%, ma quest’anno nel primo semestre si assiste a una contrazione del 13% per effetto di un calo in tutti e tre i principali mercati di sbocco che sono Germania (-3%), Gran Bretagna (-9%) e Stati Uniti (-8%). Sul mercato americano pesano l’incertezza sui dazi, il tasso di cambio sfavorevole ma anche le imitazioni come il finto «San Marzano» prodotto in California. «La vera incognita per il settore del pomodoro da industria sono gli accordi Ue-Usa sui dazi, con gli Stati Uniti che potrebbero avere tariffa zero per l’ingresso nell’Ue per prodotti ortofrutticoli freschi e trasformati» afferma il responsabile ortofrutta di Coldiretti, Lorenzo Bazzana, «Se così fosse saranno gli imprenditori agricoli a pagare il conto e la California potrebbe sostituirsi alla Cina nel fornire semilavorati di pomodoro a qualche industria europea».
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