La casalinga di Voghera ha un’arma segreta per tenere la casa uno specchio senza spendere (letteralmente) un euro: i cashback, ovvero i rimborsi dei prodotti per la pulizia della casa e per l’igiene personale. Un fenomeno che sul web fa proseliti, con gruppi Facebook come Scontomaggio con oltre 240.000 iscritti. C’è chi non si fida e teme truffe, ma il sistema funziona ed esiste da anni. Il meccanismo è semplice: basta cercare le offerte sui volantini, comprare le combinazioni di prodotti indicate, caricare gli scontrini sui portali creati ad hoc e armarsi di santa pazienza. Dopo un periodo che in media va dai 90 ai 120 giorni sul conto arriva un bonifico che può arrivare al 100% di quanto speso.
Non c’è trucco e non c’è inganno: a organizzare queste iniziative promozionali sono le principali multinazionali del settore (Henkel, P&G, Unilever, Manetti & Roberts, L’Oréal), che di solito per la gestione dei rimborsi si appoggiano a società specializzate come Ict promotion. Le combinazioni sono infinite: rimborsi totali, parziali, direttamente con bonifico sul conto corrente o con buoni spesa. C’è l’imbarazzo della scelta, dalle capsule per lavapiatti agli sgrassatori, dal dentifricio alle tinte per capelli, passando per ogni categoria immaginabile. Si va dalla promozione del singolo flacone alla possibilità di combinare più prodotti a scelta di una certa marca a condizione di superare una soglia minima di spesa. Fra le corsie del supermercato è caccia ai bollini «Provami gratis» e «Spendi e riprendi». I volantini di catene specializzate come Più me, Tigotà e Acqua e Sapone vengono letti con religiosa attenzione. Un’ancora di salvezza in tempi di inflazione. Il trucco è essere infedeli: comprando solo i prodotti che aderiscono ai cashback, saltando da una marca all’altra, si può portare a zero la spesa.
Il comparto pulizia della casa è enorme: l’osservatorio Assocasa (Federchimica) con NielsenIq parla di un giro d’affari da 4,5 miliardi nel 2025. Si stima una spesa media per famiglia di 300 euro l’anno, ma il dato può variare in modo significativo a seconda delle proprie abitudini. Per quel che riguarda l’igiene personale, secondo l’Associazione Italiana di Ecodermatologi nel 2023 gli italiani hanno investito in bellezza e cura del corpo 24 miliardi di euro, in media 929 euro a famiglia. In sintesi, questo significa che il risparmio annuale può arrivare a 1.200 euro a nucleo. E c’è chi fa un passo in più: online proliferano gli annunci di chi cerca di rivendere il bottino.
I vantaggi per le aziende
Ma qual è il vantaggio per le aziende che accettano di azzerare il loro guadagno su determinati prodotti? In alcuni casi, di sicuro l’obiettivo è far conoscere i nuovi articoli. In altri, il rimborso di dispositivi come spazzolini elettrici e diffusori per ambienti è una strategia per spingere le vendite delle ricariche. C’è poi la questione dati: partecipare ai cashback significa fornire alle aziende email, numeri di cellulare e altre informazioni personali, fondamentali per profilare i clienti. L’acquisto di quantità maggiori di prodotto per raggiungere le famose soglie di spesa in cambio di un rimborso dopo alcuni mesi inoltre aumenta rapidamente gli incassi. C’è poi la questione burocrazia: i cashback sono iniziative snelle che non hanno bisogno di autorizzazioni, mentre per i concorsi a premio è necessario inviare il regolamento al ministero delle Imprese e versare una cauzione pari al 100% del montepremi. Le campagne promozionali poi hanno una certa ciclicità: le aziende tendono a riproporle più volte a distanza di pochi mesi. Una sorta di ciclo continuo: compro, incasso il rimborso, ricompro lo stesso prodotto, incasso un nuovo rimborso .
Il neuroscienziato
Il cashback conviene, ma l’esperto di neuroscienze Lorenzo Dornetti, direttore del più grande laboratorio di neuroscienze privato in Italia, il Neurovendita Lab, ricorda i suoi rischi. «Le promozioni nei supermercati», spiega, «sono uno dei più potenti e visibili effetti della parola “gratis” sul comportamento umano. Durante la Design Week di Milano 2025 si sono viste code interminabili per ottenere gadget gratuiti. Persone in attesa per ore per ricevere una bag o un cappellino hanno fatto il giro dei social, generando stupore e critiche. Le neuroscienze offrono una spiegazione precisa del fenomeno». La parola «gratis», infatti, rende il cervello «irrazionale. Dan Ariely, professore di psicologia alla Duke University, ha condotto esperimenti per dimostrare come la gratuità alteri radicalmente i processi decisionali. Nel suo studio sui cioccolatini, quando ai partecipanti veniva offerta la scelta tra un cioccolatino di alta qualità a 0,13 dollari e uno di qualità inferiore gratis, la maggioranza sceglieva quello gratuito. Quando il cioccolatino scadente veniva messo a 0,01 dollari e quello di qualità aumentava a 0,14 dollari, la maggioranza tornava a scegliere la qualità. Dal punto di vista razionale la scelta dovrebbe essere guidata dal rapporto qualità/prezzo. Questo accade fino a quando irrompe il concetto di “gratis” sulla scena. La gratuità spinge a concentrarsi solo sui benefici immediati e azzera la ponderazione dei costi, anche non economici come il tempo speso in fila o l’effettiva utilità del gadget. Scansioni cerebrali mostrano che in presenza di offerte gratuite si riduce l’attività nella corteccia dorsolaterale prefrontale, deputata al controllo razionale».
Come trovare dunque un equilibrio per approfittare delle promozioni senza cadere nell’accumulo compulsivo? «La risposta neuroscientifica più efficace è l’evitamento, se so che un oggetto non mi serve, non lo prendo, evitando anche solo di leggere gratis, campione gratuito, prova “free”. Il modo migliore per non incappare in trappole mentali è evitarle, il nostro autocontrollo non sempre è un alleato, soprattutto quando si è sotto stress e si abbassano le difese. Inoltre nulla è mai gratis davvero, spesso è un piede nella porta per iniziare un processo di vendita oppure insieme al gratis si nasconde la raccolta di dati».
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