In tutto il mondo cresce la richiesta di materie prime critiche: tra il 2021 e il 2024 la domanda globale di Mpc è aumentata dell’11% e le proiezioni indicano in media un ulteriore +34% entro il 2030. A questo si aggiunge lo sviluppo dell’IA e dei data center, che possono generare una crescita potenziale di un ulteriore 10% della domanda di minerali chiave già entro la fine del decennio. In parallelo, le catene di fornitura mostrano una crescente concentrazione geografica: la quota detenuta dai tre principali Paesi raffinatori per le principali materie prime critiche (litio, rame, nickel, terre rare, cobalto e grafite) ha raggiunto l’86% nel 2024, con un incremento di 4 punti percentuali rispetto al 2020.
Uno scenario critico per l’Europa, che ha introdotto una nuova tassa sui Raee (rifiuti elettronici) non raccolti che rischia di diventare per l’Italia una “tassa del non fare” da 2,6 miliardi di euro legata all’insufficiente capacità di raccolta e trattamento. Investendo lo stesso importo lungo la filiera nazionale del riciclo invece potremmo coprire, a regime, fino al 66% del fabbisogno italiano di materie prime critiche e valorizzare circa 1,7 miliardi di euro all’anno di materie prime critiche contenute nei Raee. Inoltre il coinvolgimento delle imprese italiane in Nord Africa, attraverso il Piano Mattei, consentirebbe l’estrazione e valorizzazione delle Mpc contenute all’interno dei Raee, con un valore stimabile fino a 2,5 miliardi di euro.
Il rapporto
A rivelarlo è il rapporto strategico La geopolitica delle Materie Prime Critiche: le opportunità del Piano Mattei e dell’urban mining per la competitività industriale in Italia, presentato da Iren alla fiera Ecomondo di Rimini e realizzato da Teha Group. Lo studio mostra che la rilevanza delle materie prime critiche per l’economia europea è ormai sistemica: queste materie abilitano in Europa circa 3,9 trilioni di euro di produzione industriale, equivalenti al 22% del Pil dell’Unione Europea. L’Italia emerge come il Paese più esposto tra le 5 principali economie europee, con il 31% del Pil italiano, pari a 675 miliardi di euro, che dipende da tecnologie, componenti e processi produttivi che incorporano Mpc. Questo dato conferma come la continuità di approvvigionamento di tali materiali non sia più solo un tema industriale, ma un fattore determinante di competitività e sicurezza economica per il sistema-Paese.
Titanio e terre rare
Due casi emblematici sono il titanio e le terre rare, materiali essenziali per aerospazio, dispositivi elettromedicali, componentistica automotive e magneti permanenti. Oggi l’Unione Europea importa 4,7 miliardi di euro di titanio e 1,4 miliardi di euro di terre rare, di cui la Cina controlla oltre il 90% della capacità mondiale di raffinazione. Una interruzione delle forniture metterebbe a rischio fino a 700 miliardi di euro di produzione industriale europea. Per l’Italia, l’esposizione potenziale arriva a 88 miliardi di euro.
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“Il percorso verso l’autosufficienza resta complesso: l’Italia non dispone di riserve minerarie significative per l’estrazione di materie prime critiche e la filiera del processing e della raffinazione richiede economie di scala difficili da sviluppare in un contesto nazionale”, ha dichiarato il presidente esecutivo Iren Luca Dal Fabbro, “Le maggiori opportunità future si concentrano su due leve prioritarie e sinergiche. La prima è il rafforzamento delle partnership internazionali, seguendo l’esempio di Cina e Stati Uniti, per garantire l’approvvigionamento di materie prime vergini e sviluppare relazioni strategiche attraverso il Piano Mattei, orientato alla cooperazione industriale con i Paesi africani. La seconda leva è l’investimento nell’economia circolare dei Raee, volto ad aumentare i volumi raccolti, incrementare la capacità e la diffusione degli impianti di riciclo e favorire anche l’import di materie prime seconde da partner europei e mediterranei”.
Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti e TEHA Group, ha aggiunto: “In un contesto di crescente concentrazione delle supply chain globali e di domanda di minerali strategici in forte aumento, l’economia circolare rappresenta per l’Italia non solo una leva di sostenibilità, ma una scelta industriale strategica per rafforzare la competitività e la sicurezza economica del Paese“.
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