C’è un documento che negli ultimi mesi sta agitando il dibatto attorno al mondo – spesso opaco – delle criptovalute e degli exchange, le piattaforme su cui avvengono la gran parte degli scambi di valute digitali. Lo ha pubblicato su X un investigatore indipendente conosciuto con lo pseudonimo di ZachXBT, che analizza le transazioni sulla blockchain per smascherare truffe e campagne di manipolazione online. Il file contiene fino a 200 nomi di influencer che, secondo l’inchiesta, sarebbero stati contattati per promuovere – sotto pagamento – progetti digitali, legati al mondo degli asset virtuali cripto.
Nel documento compaiono anche le tariffe pagate, che vanno da poche migliaia di dollari per un singolo post fino a 60mila dollari per un video. Ogni nome è accompagnato da un indirizzo wallet, il conto corrente digitale su cui sarebbero arrivati i pagamenti. In molti casi i soldi – o meglio, i token – sono già stati rintracciati sulla blockchain, il che rende difficile smentire l’autenticità del materiale.
Secondo l’inchiesta, 160 degli account analizzati avrebbero accettato compensi, ma solo una minima parte – meno di cinque – avrebbe indicato che si trattava di pubblicità. La grande maggioranza avrebbe presentato quei contenuti come opinioni personali, suggerendo implicitamente ai follower di investire in certe criptovalute o progetti emergenti. In realtà, dietro a quei consigli è probabile si nascondesse un contratto, spesso firmato con società appositamente create per gonfiare il valore di un token e rivenderlo subito dopo.
Il documento include anche gli indirizzi dei wallet Solana e le ricevute di pagamento on-chain, con commissioni che arrivano anche a 60mila per post. Il foglio classifica gli influencer in cinque livelli in base a quanto hanno guadagnato. Nonostante i guadagni robusti, pochissimi post sono stati contrassegnati con #ad o simboli analoghi. È una pratica illegale in molti Paesi e scorretta dal punto di vista etico. In Italia la legge impone che ogni contenuto sponsorizzato sia chiaramente segnalato. Il Codice del consumo e le linee guida dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato impongono che i contenuti sponsorizzati siano riconoscibili come tali. Ma nell’universo social, specie quello cripto, il confine tra consiglio e pubblicità è spesso confuso.
Un influencer su TikTok (o, perché no, anche un leader politico) oggi può convincere migliaia di persone a investire, facendo salire artificialmente il prezzo di un token che poi – magari – crolla pochi giorni dopo. Il documento pubblicato da ZachXBT mostra come un sistema di marketing occulto si stia radicando nel settore. Le aziende che creano nuovi token spesso pagano gli influencer per dare visibilità immediata ai loro progetti, sapendo che la fiducia del pubblico si basa sull’ammirazione irrazionale verso chi comunica, non su basi solide. È la pubblicità contemporanea, bellezza, mascherata da amichevolezza e affidabilità e difficile da scovare, dal momento che i pagamenti avvengono in criptovalute, senza contratti scritti o tracce bancarie. Dietro questo meccanismo spesso si nasconde un fenomeno di «pump and dump», cioè il gonfiaggio artificiale del prezzo di un token per poi svenderlo al massimo del valore, lasciando gli investitori con perdite pesanti e pericolose.
Questo è quanto accaduto nel caso dell’influencer Crypto Beast, che – scovato sempre da ZachXBT – ha promosso con una lunga e aggressiva campagna pubblicitaria il token «ALT» per poi liquidare milioni di dollari in monete. Il valore della valuta è crollata del 97% del valore e l’influencer ha rimosso ogni traccia delle campagne pubblicitarie dai suoi canali. Monete virtuali versus monete umane, questo sono i follower per i predatori dei social, che capitalizzano i like truffando i seguaci per poi scappare col malloppo, lasciando ammiratori e adepti in un mare di debiti.
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