Un giro d’affari che avrebbe potuto sfiorare i 500mila euro è stato stroncato a Palermo, dove la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 10mila pupazzetti falsi Labubu, perfette imitazioni dei celebri giocattoli da collezione made in China distribuiti in tutto il mondo dal colosso del settore Pop Mart. Sette persone sono state denunciate: tutti venditori, tra cui anche il titolare di un negozio di giocattoli situato all’interno di un centro commerciale della città.
L’operazione, scaturita da una serie di controlli mirati su sette esercizi commerciali, ha portato alla luce un mercato parallelo di peluche contraffatti in grado di confondere anche i collezionisti più esperti. I finanzieri hanno rilevato incongruenze nei prezzi di vendita, nelle fatture e nel packaging dei prodotti: indizi sufficienti a far scattare i sequestri e le denunce per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
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Su Moneta nei mesi scorsi avevamo già documentato l’invasione dei cosiddetti “Lafufu”, i cloni tarocchi dei veri Labubu divenuti veicolo di contraffazioni vere e proprie: un fenomeno in grado di mettere insidiare la forza commerciale degli originali pupazzetti di Pop Mart, che hanno conquistato una nicchia di appassionati disposti a spendere cifre assurde. Alcuni fan sono arrivare a sborsare migliaia di euro per uno di questi coniglietti dal sorriso beffardo. Un modello esclusivo, venduto a Pechino lo scorso giugno per 130mila euro, è diventato l’emblema del valore simbolico e finanziario che questi piccoli personaggi possono raggiungere.
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Proprio la fama crescente dei Labubu ha alimentato una filiera parallela di falsi, sempre più sofisticati. I peluche sequestrati a Palermo, pur realizzati con materiali di qualità inferiore, riproducevano nei minimi dettagli loghi, colori e confezioni originali. Gli articoli venivano acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme di e-commerce della grande distribuzione, per poi essere rivenduti a prezzi di poco inferiori a quelli autentici. In alcuni casi erano persino corredati da etichette e codici identificativi falsificati, rendendo quasi impossibile per il consumatore medio riconoscere la contraffazione.
La loro presenza in un negozio regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia ha reso la truffa ancora più insidiosa, sfruttando la reputazione del punto vendita per mascherare l’origine illegale dei prodotti. Secondo la stima della Guardia di Finanza, se i 10mila falsi Labubu fossero stati immessi sul mercato, avrebbero generato oltre mezzo milione di euro di incassi. Una cifra che testimonia non solo la portata economica del fenomeno, ma anche il peso crescente del mercato del collezionismo pop nel panorama dei nuovi investimenti emotivi e culturali.
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