L’Italia possiede uno dei mercati di gioco d’azzardo più sviluppati d’Europa e ora, grazie all’online e alle valute digitali, il volume e la natura delle puntate sta cambiando pelle. Pozzi di traffici illegali e autostrade verso la rovina per chi ha il vizio, i casinò di criptovalute attirano molti, in particolare i più giovani, indotti a scommettere da social media, meme divertenti e live streaming di sessioni di gioco con vincite da capogiro.
Secondo i dati Eurispes, nel 2024 l’ammontare totale giocato ha superato i 157 miliardi di euro, con un incremento del 6,5% rispetto all’anno precedente. Il gioco online ha ottenuto una raccolta di 92 miliardi di euro nel 2024 e costituisce il 58,5% del totale delle giocate. Oltre il 50% dei conti online attivi appartiene a persone tra i 18 e i 34 anni. Le scommesse pagate in criptovaluta nel 2024 hanno generato 81,4 miliardi di dollari di entrate lorde a livello globale (Yield sec e Ft).
Moltissimi giocatori operano su piattaforme senza licenza legale. Diversi i motivi: garantiscono l’anonimato, non richiedono il caricamento di un documento di identità per accedere alle scommesse, attirano i giocatori con numerosi bonus crescenti e hanno più giochi disponibili.
«In Italia casinò online che non rispettano le regole dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) sono illegali – spiega a Moneta un consulente tecnico informatico forense -. Operano spesso con domini come .com, .net o .io. I giocatori riescono ad accedere facilmente utilizzando una vpn, che maschera il loro reale indirizzo».
Esatto, una banale vpn, come quella che utilizziamo per vedere film o serie disponibili solo dall’estero. Nei casinò che accettano criptovalute il meccanismo di gioco si basa su portafogli digitali temporanei: «Quando l’utente deposita denaro reale tramite carta o conto corrente, la somma viene convertita nella criptovaluta scelta al tasso di cambio del momento e accreditata su un wallet volatile interno alla piattaforma. Durante il gioco, il saldo in criptovalute può aumentare o diminuire, e per ritirare le eventuali vincite è necessario trasferire le criptomonete su un altro portafoglio capace di effettuare transazioni verso conti correnti o carte di credito, dove i fondi vengono poi riconvertiti in valuta reale». Per ridurre gli alti costi di conversione e trasferimento del denaro, molti usano exchange temporanei e decentralizzati.
«Questa pratica – spiega l’esperto – è spesso sfruttata anche dai criminali, perché rende più difficile tracciare i movimenti di denaro e la provenienza dei fondi sulla blockchain». «I portafogli temporanei, infatti, possono essere creati, utilizzati e distrutti in modo anonimo, e molte piattaforme non conservano uno storico permanente delle transazioni, tenendo solo registri in tempo reale delle vincite, che poi vengono cancellati», conclude.
Secondo un’inchiesta uscita nel gennaio di quest’anno sul sito Follow the Money, questi siti utilizzano metodi aggressivi con i giocatori. Il pezzo inizia raccontando la storia di Stefan, un giocatore ludopatico che, nel 2022, avrebbe perso oltre 12 mila euro in un mese su un sito senza licenza. Scommetteva ripetutamente cifre altissime, comportamento che in un casinò regolamentato avrebbe messo in allarme. «Il sito lo ha promosso a cliente Vip e gli ha offerto dei bonus per continuare a giocare», si legge nell’inchiesta. Il sito era Casinowinbig, facente parte di un ampio gruppo di «casinò e bookmaker online simili, tra cui 18Bet,1Bet e Palmslots», scrivono gli autori. Il consorzio farebbe capo a «una società chiamata Delasport gestisce almeno 30 siti di gioco d’azzardo tutte gestite dalle stesse società fittizie di Curaçao e Malta». Delasport, secondo l’indagine, di proprietà dell’imprenditore israeliano Avi Shemesh, ha sede a Sofia, in Bulgaria.
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Coni d’ombra
Spulciando online allertano alcune voci che mettono in chiaro l’esistenza di realtà che operano in modo molto opaco, attraverso una rete di società in mano a pochi individui, grazie a una manipolazione dei media, dei flussi finanziari e dei sistemi di mercato. Talvolta un unico gruppo coordina centralmente la creazione di token digitali, wallet, media e campagne di marketing: creano hype tramite canali controllati e, promuovendo wallet e piattaforme di pagamento, attirano investitori. Dopo il lancio e il clamore iniziale, i token perdono rapidamente valore, lasciando scoperti gli acquirenti. Il sistema in superficie sembra decentralizzato, ma non lo è.
Tipicamente i casinò cripto hanno sede a Curaçao o a Malta. Tra loro troviamo anche Stake, tra le prime piattaforme ad introdurre le criptovalute nel gioco d’azzardo online. Fondata nel 2017 dagli australiani Ed Craven e Bijan Tehrani, l’azienda opera tramite la società Medium Rare, registrata proprio nell’isola caraibica olandese. Non è un luogo a caso: parliamo di un paradiso per il gioco d’azzardo, con un regime normativo permissivo, una bassa fiscalità e una scarsa supervisione sulla concessione delle licenze. Nel 2025 Stake ha lasciato il mercato del Regno Unito a seguito di un’indagine della Uk Gambling commission sulle pratiche pubblicitarie applicate dalla società sui social media. In Italia Stake è recentemente entrata nel mercato legale italiano (non col gioco in cripto) attraverso l’acquisizione di Baldo Line S.r.l., titolare del sito Idealbet.it. L’operazione ha permesso alla piattaforma di continuare a operare con il proprio brand e di collegarsi a una società italiana titolare di concessione. Le sponsorizzazioni e la presenza sui social media sono i pilastri della strategia pubblicitaria di Stake. In passato la piattaforma era ampiamente promossa su Twitch, ma nel 2022 – dopo che Twitch, di proprietà di Amazon, ha vietato i link che reindirizzano a siti di gioco d’azzardo non autorizzati – molti streamer hanno migrato verso la piattaforma Kick, che offre condizioni favorevoli ai creator di contenuti legati a Stake.
Kick è controllata dalla società Easygo Entertainment. I principali soci di Easygo sono gli stessi Bijan Tehrani, che ha circa 67% ed Ed Craven, con il 33% (Ch.com). In Italia la pubblicità al gioco d’azzardo è vietata dal Decreto dignità (2018).
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