Airbnb manda in cortocircuito il Pd e squarcia il velo sull’ipocrisia della sinistra. Da un lato il partito, spalleggiato da M5s e Avs, caldeggia una stretta contro gli affitti brevi e arriva a chiedere l’esproprio per chi lascia gli immobili vuoti. Dall’altro l’Emilia Romagna, la regione rossa per eccellenza, mentre con una mano bastona i piccoli proprietari con l’altra si fa una legge su misura per passare dall’altra parte della barricata e fare concorrenza alle piattaforme.
Secondo la nuova legge regionale sulle locazioni, in discussione in questi giorni (e che dovrebbe essere approvata entro dicembre), i Comuni potranno limitare gli affitti brevi grazie all’introduzione di una inedita destinazione d’uso urbanistica, denominata «locazione breve». Spetterà ai sindaci stabilire in quali aree le attività saranno consentite e in quali saranno invece limitate e concedere (oppure no…) i permessi per realizzare lavori di frazionamento, demolizione o recupero degli edifici. I primi cittadini potranno anche «definire requisiti dimensionali e di standard di qualità» superiori a quelli minimi e «subordinare il mutamento d’uso verso la locazione breve all’esistenza o alla realizzazione di dotazioni territoriali e pertinenziali», come un parcheggio o una classe energetica più alta. Per chi non si adegua, sanzioni fino a 8.000 euro.
Il caso Toscana
La stessa legge che zavorra i privati, ispirata a una simile approvata dalla Regione Toscana e impugnata dal governo davanti alla Corte costituzionale, però, offre ai Comuni una chance inedita: potranno destinare per alcuni periodi tempo gli edifici pubblici agli affitti brevi per aumentare l’offerta destinata ai turisti. Se per la sinistra il bed&breakfast privato è l’origine di tutti i mali perché lascia i poveri senza casa, quello di Stato diventa un esempio virtuoso in grado di spingere lo sviluppo del territorio. Una piroetta niente male per il partito di Elly Schlein, che non perde occasione per attaccare Palazzo Chigi dicendo che non tutela le fasce deboli mentre tace sul governatore Michele De Pascale, che invece di lanciare un piano per trasformare gli edifici pubblici in alloggi popolari si sta affannando per tramutarli in residence o simili.
Chissà poi cosa ne pensa la compagna di campo largo Ilaria Salis, la pasionaria delle occupazioni portata da Avs in Europa, che non molto tempo fa ha ribadito: «Il diritto alla casa ha un valore superiore rispetto alla rendita».
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A criticare la norma è rimasta solo l’opposizione regionale, con Francesco Sassone di Fratelli d’Italia che lamenta «una lesione del diritto di proprietà e l’assenza di prove della correlazione tra affitti brevi e tensione abitativa».
Anche gli imprenditori e i gestori del comparto degli affitti brevi bocciano la proposta di legge, tanto che l’Aigab (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi) ha chiesto l’intervento del governo: la stretta mette a rischio un comparto che vale 41,7 miliardi e non rispetta la normativa europea sulla libera concorrenza.
Le case destinate alle locazioni brevi, spiega l’Aigab, in Emilia Romagna sono appena lo 0,6% del totale contro una media nazionale dell’1,3%, un fenomeno troppo esiguo per giustificare «un provvedimento normativo che punta più che a limitare il settore a eliminarlo» nonostante non ci siano evidenze scientifiche del fatto che lo sviluppo degli affitti brevi abbia ricadute negative sulle città. Gli immobili lasciati sfitti per il rischio morosità invece arrivano al 21,8% del totale; segno che per far ripartire il mercato degli affitti non serve fare la guerra ad Airbnb ma bisogna modificare le regole che proteggono gli inquilini morosi, obiettivo che il governo vuole raggiungere con le nuove regole sugli sfratti lampo.
Ricorsi al Tar
A preoccupare i gestori è soprattutto la totale arbitrarietà delle nuove regole: «Il provvedimento che la Regione vuole approvare appare fortemente viziato da un approccio ideologico che non ha minimamente preso in considerazione i dati forniti e anche nelle principali città la situazione dimostra una sostanziale irrilevanza del fenomeno», scrive l’Aigab nelle osservazioni al progetto di legge, «Gli effetti di lungo periodo, nel caso questa norma venisse approvata, non potranno che essere negativi e avere come risultato l’aumento dei prezzi degli hotel e della conflittualità all’interno sia nei condomini che tra privati e amministrazioni, con una pioggia di ricorsi al Tar contro regolamenti urbanistici comunali che introdurranno restrizioni fantasiose suggerite dalle lobby alberghiere (in particolare, la possibilità di stabilire un numero massimo di locazioni brevi per aree o addirittura edifici non rispetta il criterio di proporzionalità e introdurrebbe delle disparità nei diritti dei proprietari)».
Inevitabile l’impatto su una delle grande ricchezze dell’Emilia Romagna, ovvero il turismo: «Si registrerà una diminuzione delle case online con conseguente diminuzione del turismo delle famiglie, in particolare quelle straniere quindi una perdita di flusso di viaggiatori a favore di altre regioni europee».
Durissimo il presidente di Aigab, Marco Celani, anche ad di Italianway, società specializzata in affitti brevi: «La decisione di concedere ai Comuni il diritto di gestire b&b mentre si colpiscono i privati è tipica di una logica statalista, centralista e sovietica: il pubblico pensa di sapere cosa è bene e quindi decide per tutti. Ma noi sappiamo che la gestione statale dei beni immobiliari è sempre stata un flop. Il grosso problema è che questa legge non stabilisce in modo oggettivo quando c’è un bisogno abitativo e quando no. Dal punto di vista politico questo è un accanimento per ottenere un certo tipo di consenso politico. Ma si sa, i politici ragionano in modo ideologico e non guardando i dati».
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