Un fenomeno in rapida ascesa anche in Italia che promette di rivoluzionare la filosofia dell’investimento immobiliare. Secondo un report del Deloitte Center for Financial Services, 4 trilioni di dollari di immobili saranno tokenizzati entro il 2035 e i fondi immobiliari tokenizzati raggiungeranno il trilione. Non più proprietari quindi, ma azionisti digitali. Come? Attraverso i token e la tecnologia delle criptovalute. Un immobile può essere digitalizzato e frazionato tramite un’unità digitale emessa su una blockchain (un registro virtuale che raccoglie le transazioni tra utenti in modo permanente) – il token appunto – che rappresenta i diritti economici legati a una porzione dell’asset. Chi acquista un token non diventa proprietario di un pezzo di immobile, ma accede al valore o ai rendimenti associati a quella quota di edificio.
La tokenizzazione immobiliare non riguarda necessariamente un immobile fisico, ma può coinvolgere anche il credito relativo all’immobile. Nella tokenizzazione di un singolo prestito immobiliare la rendita deriva dagli interessi del mutuatario, proporzionali ai token posseduti, con tutti i rischi che conseguono nel caso di insolvenza. Esiste però anche la tokenizzazione di una cartolarizzazione, cioè un pacchetto di mutui. Qui la rendita viene dai pagamenti aggregati di tutti i mutui e offre il vantaggio della diversificazione. In Italia un modello di tokenizzazione immobiliare è quello offerto dalla startup Eroi Global di Simone Crobu, ceo e fondatore di Easyroy che ha da poco ottenuto l’autorizzazione a operare nel settore. «Il nostro modello», spiega Crobu, «non prevede che gli investitori acquistino una quota dell’immobile». In Italia infatti questo tipo di frazionamento della proprietà non è ancora possibile. «I nostri token non rappresentano la proprietà dell’immobile, ma il diritto a ricevere una parte dei ricavi che quell’immobile genera». E aggiunge: «Gli asset che gestiamo non sono di nostra proprietà: stipuliamo contratti di gestione esclusiva per un periodo definito. A Roma abbiamo un accordo di 18 anni per un complesso destinato agli affitti brevi; a Livorno un contratto di 8 anni. Durante questi periodi curiamo la gestione operativa, dalle prenotazioni alla manutenzione, e gli investitori ricevono una rendita proporzionale ai token acquistati». Alla scadenza del contratto il diritto alla rendita si estingue. «Si tratta di operazioni di rent2rent», racconta. Le rendite annuali garantite ai possessori dei token si collocano intorno al 15-20%, «con punte che sono arrivate anche al 30%». I risultati derivano «dalla gestione professionale di affitti brevi, dai tassi di occupazione elevati grazie all’aggiustamento dinamico dei prezzi giornaliero e alla trasparenza del nostro sistema di prenotazioni, che permette agli investitori di monitorare l’andamento degli immobili in tempo reale».
«Noi non vendiamo la proprietà dell’immobile né emettiamo security token. Offriamo invece un titolo digitale composto da un Nft- token unici su blockchain che possono essere utilizzati come certificati digitali di titolarità – e da un token che rappresenta la rendita, cioè un flusso economico». In Italia su questi temi c’è ancora poca informazione, molti confondono la tokenizzazione con la vendita frazionata degli immobili. «Il nostro obiettivo è rendere accessibile il mercato, si può infatti partire anche con un investimento di soli 100 euro, in modo che chiunque possa partecipare ai ricavi generati da operazioni immobiliari professionali, senza dover acquistare un intero immobile».

Navigando online non mancano però progetti molto ambiziosi, come quello di Gallura’s Borghi. Il dominio del sito – come risulta dalla ricerca effettuata grazie a Whoxy.com – è registrato a nome di Roberto Mossa, ceo di Kyubex, società con sede a Budapest. Il business propone tokenizzazioni di vario tipo, non soltanto immobiliari. Sul sito si legge: «Se vuoi tokenizzare un asset, che si tratti di un’azienda, di una proprietà o di un’opera d’arte, puoi farlo. Proponi subito il tuo progetto!». Per quanto riguarda la tokenizzazione immobiliare, Gallura’s Borghi dispone di tre immobili in Gallura, nel Nord della Sardegna. Si tratta di edifici destinati a riqualificazione e trasformazione turistica, per i quali la società promette «rendimenti annui garantiti del 5%». Non sappiamo in che modo questo rendimento venga garantito: l’azienda, contattata ripetutamente da questa testata su più canali, non ha fornito spiegazioni.
Uno dei tre immobili, situato nel paese di Luras, prevede un intervento “conservativo” per adeguarlo a uno standard ricettivo: impianto fotovoltaico con accumulo, solare termico per l’acqua calda, aria condizionata, infissi a taglio termico. Le strutture consistono in tre palazzine e case indipendenti: vecchi edifici molto deteriorati dell’entroterra sardo. La raccolta fondi per la ristrutturazione punta al coinvolgimento degli investitori attraverso la digitalizzazione dell’immobile e la possibilità di acquistare token corrispondenti al valore di una camera o di una porzione del complesso: «Acquista una quota di proprietà di una camera nel nostro Borgo in Gallura, a partire da soli 100 euro», si legge. La società afferma di poter contare su «il 30% in più di clienti rispetto a un residence indipendente». Una specie di crowdfunding cripto quindi, del quale sarebbe opportuno capire meglio i contorni.
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