anto per cominciare è severamente vietato dire, nominare, scrivere Zola, a meno che non si tratti di Émile Édouard Charles Antoine, scrittore francese al quale posso permettermi di rubare il titolo del suo illustre articolo J’accuse… Perché non si può più ascoltare zola quando ci si riferisce allo spettacolare formaggio, dunque Gorgonzola e basta.
Lo ribadisco perché non tutti sanno come questo sia un prodotto illustre per l’impresa casearia e l’esportazione in ogni parte del mondo. Germania e Francia sono i migliori mercati, l’anno scorso hanno importato mezzo milione di forme (siamo sui 6 chili a pezzo) e fino al luglio scorso gli ordini erano nell’ordine di 262.450 forme, sono 87 i Paesi che «chiedono» Gorgonzola, in Europa, ai primi posti, dopo tedeschi e francesi, anche Spagna, Olanda, Polonia. Il marchio è depositato in 96 nazioni, con una lieve diminuzione dell’export.
C’è da dire che sono numerosi i tentativi di contraffazione anche di questo prodotto e sempre il Consorzio fa sapere che, nello scorso anno, sono state 152 le ispezioni su 444 campionature con 111 verbali. Il Gorgonzola a denominazione di origine protetta ha registrato una crescita anche se minima, di 1.790.600 forme (15mila in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), con un solo dato critico, legato al prodotto bio che ha perso il 7,8%. Il Gorgonzola ha una identità geografica definita, Piemonte (3.822.245 forme nelle 24 filiere certificate) e Lombardia (1.455.476 forme), in entrambi i casi con l’aumento rispettivamente dell’1,7% e del 2,4% rispetto al 2023.
In Piemonte, dove il Gorgonzola è la dop in testa alla classifica, sono state prodotte 3.822.245 forme (+1,7% sul 2023) e in Lombardia 1.455.476 (+2,4%) e il formaggio è al quarto posto della stessa graduatoria. Di certo le nuvole grigiastre dei dazi americani non hanno spinto il mercato già intossicato dal rialzo sensibile dei costi energetici e dei prezzi della materia prima: sul latte, ad esempio, si segnala un aumento del prezzo di oltre il 12 per cento. Per i contemporanei, spesso non educati sul tema e alla ricerca snob di formaggi esclusivamente francesi, segnalo una nota che non è soltanto curiosa ma testimonia l’importanza di questo prodotto tipico italiano già nel passato antico. Infatti a bordo del Titanic, la più illustre nave da crociera, passata alla storia per la tragedia del suo inabissamento, è stato ritrovato il menù del ristorante di prima classe, proprio per la sera del 14 aprile 1912, la lista per gli ospiti prevedeva un solo prodotto italiano (a parte il parmigiano reggiano presente per la confezione di altri piatti), dunque alla voce Cheese, formaggi, il carrello proponeva: Chesire, Stilton, Edam, Camembert, Roquefort, St. Ivel, Cheddar e Gorgonzola.
Questo ribadisce il valore che già nel primo Novecento il nostro formaggio aveva, sono mille le storie che lo accompagnano e che segnano la vita di aziende e soprattutto famiglie.
Oltre ai nomi più conosciuti e facili da reperire in commercio, c’è un marchio, il Marocchino, che fa tornare a Tronzano Vercellese dove vivevano Ornella e Ugo Marocchino, genitori di Domenico, ala, nel dizionario odierno si direbbe esterno, campione d’Italia con la Juventus, oggi opinionista di calcio in Rai. Ugo, nonostante la sordità, era un raffinato “docente” di gorgonzola, aveva incominciato portando in bicicletta qualche pezzo di toma e robiola e poi gorgonzola, poi la Balilla e infine auto più solide per contenere due-trecento forme quindi traslocate nella sua casa; lui le annusava, tastava, “ascoltava”, quasi dormendo di fianco, molte di quelle forme venivano riposte, a riposo, proprio sotto la branda della cameretta di Domenico che era poi destinato a consegnarle, con la propria auto, ai commercianti; una volta effettuato il compito, spruzzava di profumo l’abitacolo e il bagagliaio, per evitare di presentarsi, con quella fragranza improbabile, agli allenamenti della squadra o a qualcuna delle sue mille conquiste femminili.
Di contrappasso, Domenico non ha mai più toccato una sola ombra di gorgonzola. Ornella e Ugo decisero di chiudere la loro attività, gli anni erano tanti, troppi e così consegnarono l’impresa a un nuovo commerciante che non ribadì lo stesso impegno fino al giorno in cui si presentò Angela Salussolia, di Alice Castello, terra vercellese, lei vulcanica amica dei Marocchino, decisa a riprendere la storia.
Così è stato e l’etichetta, il marchio cosiddetti di nicchia e ricercati dai collezionisti, sono tornati in commercio, prodotti da una azienda famosa ma sotto il rigido e severo controllo dell’Angela, a un prezzo superiore ad altri ma anche di qualità più netta. Va da sé che non c’è una sola forma, nemmeno uno spicchio, una tartina del formaggio succitato, nelle stanze o dintorni della casa di Domenico e Patrizia Marocchino, la memoria degli effluvi notturni non è stata dimenticata, resiste l’orgoglio dello “ius primi casei” tenuto però sotto traccia, secondo abitudini piemontesi.
Se restiamo tra i ricordi basta rileggere il menù del Titanic servito ai 150 ospiti e preparato da Luigi Gatti, cuoco di Montalto Pavese, un italiano e una dozzina di camerieri compatrioti saliti a bordo per una avventura che naufragò tragicamente mentre continua il proprio viaggio nel mondo la storia del Gorgonzola.
Leggi anche:
© Riproduzione riservata