La nuova normativa svizzera sulla regolamentazione fiscale sui conti cripto prevista dal Carf entrerà in vigore nel 2027 e non l’anno prossimo, come previsto. Dal primo gennaio 2026 scatterà infatti la raccolta obbligatoria dei dati su operatori e clienti, in una prima fase limitata ai 47 Paesi che hanno aderito all’Ocse, inclusi gli Stati membri dell’Ue. Nello stesso periodo diventeranno operative anche le nuove norme europee, tra cui il regolamento Micar (Markets in Crypto-Assets). L’obiettivo è rendere l’intero comparto più trasparente: chi opera dovrà rispettare requisiti patrimoniali rigorosi, soprattutto per l’emissione di stablecoin legate a valute ufficiali come il dollaro.
Cos’è il Carf
Il Carf è il nuovo standard globale creato dall’Ocse per contrastare l’evasione fiscale tramite le criptovalute. Prevede che i Paesi aderenti si scambino dati sui conti cripto detenuti all’estero dai propri residenti. Approvato nel 2022, sarebbe dovuto partire a gennaio 2026. A giugno, secondo Cointelegraph, Berna aveva già presentato un disegno di legge per introdurlo dal 2026, con il primo scambio di dati previsto nel 2027.
Ora, però il governo elvetico chiarisce che l’attuazione concreta non avverrà prima del 2027. Il Consiglio federale ha infatti sospeso le decisioni sugli Stati partner con cui condividere i dati.
Nell’annuncio, Berna segnala anche modifiche alle leggi fiscali nazionali sulle cripto e norme transitorie per aiutare le società del settore ad adeguarsi. L’obiettivo è introdurre il nuovo standard senza penalizzare gli operatori svizzeri.
Il quadro internazionale
Settantacinque Paesi avrebbero già firmato l’accordo per adottare il nuovo regolamento nei prossimi due-quattro anni, inclusa la Svizzera. Altri, come Argentina, El Salvador, Vietnam e India, non hanno ancora aderito.
L’iniziativa sta spingendo diversi governi a rivedere le proprie regole fiscali. Secondo Reuters il Brasile sta valutando una tassa sui trasferimenti internazionali di criptovalute.
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