Arriva dallo Spazio profondo la nuova arma contro i tombaroli: a vegliare ci pensano i satelliti. D’altra parte, l’IA è l’ultima frontiera contro i crimini nel mondo dell’arte. Il nostro Paese può vantare un’eccellenza nel campo, ovvero l’unità Crime Art del Center for Cultural Heritage Technology, parte dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit). «Abbiamo tre programmi attivi – spiega Arianna Traviglia, archeologa e direttrice del centro che collabora con le Forze dell’ordine anche per l’identificazione e la catalogazione delle opere ritrovate – Il più importante è Rithms, partito tre anni fa con fondi Ue, una piattaforma IA in grado di mappare eventi, persone e oggetti estraendo e collegando notizie scovate sul web. Per esempio, se un soggetto sospetto partecipa a un’asta, si può scoprire chi altro era presente, chi vede abitualmente, quali ambienti frequenta e che tipo di opere compra o vende di solito». Una sorta di pedinamento virtuale: l’obiettivo è fornire alle Forze dell’ordine (il sistema è a disposizione del nucleo Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale e di organismi omologhi delle polizia spagnola e di quella olandese) le informazioni aggregate, con un notevole risparmio di tempo e di uomini. La prima fase sperimentale sta per finire: «La prossima consisterà nel portare Rithms sul mercato: non vogliamo che rimanga un progetto fine a se stesso. L’abbiamo già presentato a Europol». Anche perché il sistema può essere riprogrammato per essere applicato ad altri settori controllati dal crimine organizzato, dal traffico di droga a quello dei coralli.
Sempre collegato a Rithms, il secondo progetto, basato su una tesi di laurea, che prevede di integrare nel sistema la possibilità di individuare online reperti e opere con una biografia sospetta.
Satelliti
C’è poi il progetto condotto con l’Agenzia spaziale europea per usare IA e satelliti per fermare gli scavi illegali già nelle prime fasi. «Si monitora il territorio confrontando le immagini scattate in momenti diversi, cosa che permette all’intelligenza artificiale di individuare attività sospette e avvertire le autorità – spiega Traviglia – Stiamo addestrando l’algoritmo in modo che sia in grado di riconoscere i segnali e capire la differenza fra, per esempio, uno scavo archeologico illegale e un buco fatto per piantare un palo o costruire una piscina».
Altri studi stanno per partire, come quello in collaborazione con la Aston University per analizzare l’uso delle criptovalute nel traffico di opere d’arte.
Carabinieri
Solo nel 2024, i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale hanno recuperato 80.437 pezzi rubati per un valore di 129 milioni. Il successo è frutto anche dell’uso di algoritmi. A fianco dei militari c’è Swoads, un sistema che sfrutta l’intelligenza artificiale per monitorare la rete, deep web e social compresi, e che ha già consentito il ritrovamento di 63 opere rubate. Un progetto che ha conquistato anche l’estero, tanto che è stato premiato al Police World Summit di Dubai. L’anno scorso, poi, è stato lanciato Swoadsnet per la condivisione europea di dati e metadati.
Gli usi di IA e robotica sono innumerevoli non solo nella lotta ai tombaroli, ma anche nel campo della ricerca e della conservazione. In Guatemala, grazie ai laser, sono state trovate oltre 60mila costruzioni Maya nascoste dalla vegetazione. E un sistema di IA dell’Università di Bologna ha permesso di scoprire quattro nuovi siti archeologici in Iraq.

Pompei ha puntato sul programma RePair: mani robot guidate dall’intelligenza artificiale hanno ricomposto come un puzzle gli affreschi della Casa dei Pittori al Lavoro nell’Insula dei Casti Amanti, ridotti in frantumi dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, e quelli della Schola Armaturarum, danneggiati dal crollo del 2010. Il progetto è stato coordinato dall’Università Ca’ Foscari con vari partner italiani ed europei fra cui l’Iit. Alessandra Zambrano, ingegnere responsabile per Pompei del progetto RePair, spiega: «Ci servivano mani gentili come quelle degli archeologi in carne e ossa, mosse però dall’IA. La mole di frammenti è enorme: solo per la Casa dei pittori sono 10.000. Prima si scansionano, poi l’algoritmo li ricompone virtualmente e trasmette la “mappa” alla macchina».
La robotica ha un ruolo fondamentale anche nel monitoraggio dello stato di conservazione del sito. Ogni mese il satellite Cosmo-Skymed manda immagini dell’area e ogni settimana un drone si alza in volo per controllare la città. E non solo: «Il controllo da terra resta comunque cruciale. Per questo abbiamo un progetto ad hoc con l’Università di Salerno. I nostri team multidisciplinari hanno monitorato e fotografato via app tutti i 13.000 ambienti del sito creando un database con il livello di rischio per permetterci di capire quali sono i danni su cui intervenire più urgentemente», spiega Zambrano. La prima ricognizione è terminata quest’anno e ha permesso di dare il la alla seconda fase, in collaborazione con l’Iit: «Grazie alle foto stiamo addestrando un robot in grado di muoversi in modo autonomo e fare da solo il lavoro di monitoraggio: usando computer vision riconoscerà i danni e darà l’allarme». E, per finire, «una dottoranda del Politecnico di Milano sta lavorando a robot ispirati alle radici delle piante per restauri in intercapedini e luoghi molto stretti: presto sarà possibile “operare in laparoscopia” gli affreschi a rischio».
Leggi anche:
Ladri di fede addio. Come scoprire se dietro l’arte sacra c’è la ricettazione
Il Far West dei falsi fucila il mercato. Ma c’è l’archivio che fa da sceriffo
© Riproduzione riservata