Il mercato di panettoni e pandori è cotto quasi a puntino. Mancano dieci giorni a Natale e non solo «lievitano» ordini e acquisti, mantenendosi in linea con quelli dell’anno scorso – chiuso in crescita a doppia cifra, con 90mila tonnellate di produzione per un valore di quasi 600 milioni di euro – ma le previsioni parlano anche di un’estensione della stagione, con conseguente crescita dei consumi. Il 54% degli italiani ha già iniziato (addirittura a ottobre) a servire in tavola i dolci protagonisti delle feste e prevede di andare avanti a colpi di uvette e canditi, farciture e zucchero a velo ben oltre l’Epifania. Diete e rincari – causati questi ultimi «dalla volatilità delle materie prime, in primis di burro (+83%) e cacao (+300%), ma persino di uvette» evidenzia Fabio Di Giammarco, amministratore delegato di Gruppo Bauli – a quanto pare non frenano i golosi e non intaccano il mercato dei lievitati natalizi, al contrario lo alimentano. I signori di panettoni e pandori confermano fiduciosi, pregustando «una crescita del mercato sia a volume, sia a valore», come dichiara Di Giammarco. Aspettano, però, a cantare vittoria: è ancora presto.

Da Motta a Bauli, da Maina a Tre Marie, da Bistefani ad Alemagna e Paluani, sono partiti in anticipo e con la marcia ingranata in terza, ma è ora, nel cuore di dicembre, che si giocano il clou della partita e il fatturato dell’anno. «A fine novembre ci sono diverse scadenze fiscali per cui i consumi, da qualche anno, tendono a rallentare per ripartire nelle tre settimane che precedono il Natale, con un forte recupero negli ultimi quindici giorni», dicono in coro. Per cui mettono il turbo e spingono l’attività nei laboratori al massimo, con lo scopo non solo di accontentare l’alta domanda, ma anche di rispettare la puntualità delle consegne per avere vendite certe e scongiurare la minaccia dell’invenduto.

Allo stesso modo dei big industriali si muovono anche le pasticcerie artigianali, prese d’assalto, quest’anno più che mai, da fiumi di palati fini sempre più attenti alla qualità e incuriositi da nuove ricette. Tanto che i panettoni artigianali, spesso firmati da nomi icona e pastry chef stellati, conquistano il 52% delle preferenze degli italiani, e continuano a guadagnare quote di mercato, arrivando a superare ormai la metà dell’intero comparto dedicato al panettone, con quasi un quinto di crescita in un solo anno. Continuano anche ad aumentare i prezzi, «in media del 42% in più rispetto al 2021; dal +89% medio fino a oltre il +100%, se con cioccolata tra gli ingredienti», afferma Furio Truzzi, presidente del Centro di formazione e ricerca sui consumi. Da Marchesi 1824 quest’anno il simbolo della tradizione meneghina tocca i 50 euro al chilo, che diventano 850 euro se venduti in elegante confezione in velluto. Il Vesuvio, rivisitazione della ricetta classica ispirata alla Campania di Antonino Cannavacciuolo costa 51 euro al chilo. Il panettone al cioccolato e lampone, preparato da Iginio Massari con impasto al cacao, lamponi canditi e glassa al lampone, arriva a 60 euro al chilo ed è tra i più gettonati. Non manca all’appello la versione gourmet di Carlo Cracco. Lo chef milanese ha presentato la Delizia al Pistacchio, un panettone preparato con caramello salato e crema al pistacchio (disponibile anche la variante al cioccolato con crema di nocciola e cacao). Il prezzo è di 65 euro al chilo. Un affare, se confrontato all’Oro Puro di Sal De Riso. Ricoperto con foglia d’oro e farcito con cioccolato fondente e declinato in più varianti, dal gusto classico alla zuppa inglese e al cioccolato di Dubai, costa 175 euro. Lussi belli e «buoni» che non conoscono crisi.

Nessuno rinuncia al panettone. Tutti lo vogliono (in tavola a Natale e non solo), tutti lo cercano. Il trend 2025 al momento vede proprio prevalere il panettone rispetto al pandoro, sostenuto dalle versioni gourmet e creative. Ne sa qualcosa Motta che, oltre a presentare panettoni creati in collaborazione con lo chef Bruno Barbieri, lancia in commercio i primi panettoni salati: la Ricetta all’Arrabbiata con paprika e pomodori secchi, e la Ricetta alla Mediterranea con limone di Sicilia candito, pomodoro secco, origano e semi di finocchio. «Una scommessa che punta a stuzzicare i buongustai, a destagionalizzare il prodotto e ad aprire nuove occasioni di consumo», spiega Di Gianmarco.

Anche Vergani sforna novità gourmand. L’ormai unica e ultima ditta milanese del «panetùn», fondata nel 1944 in una bottega dietro viale Monza, prende per la gola con il nuovo Total Black – impasto a base di cacao puntellato di gocce di cioccolato fondente – e cavalca l’onda di tendenza del Dubai Style Chocolate, con crunchy crema al pistacchio, ottenendo ottimi riscontri. «Prevediamo di chiudere il 2025 a quota 36 milioni di euro, in aumento del 20% rispetto al 2024», dichiara Andrea Raineri, direttore commerciale.

«Stiamo registrando una forte crescita sia in Italia, sia all’estero, in particolare in Francia, Regno Unito e Usa, dove, nonostante la complicata situazione dei prodotti alimentari da importazione, non abbiamo riscontrato alcun calo di volumi, complice la vendita di prodotti premium», aggiunge Raineri.
A proposito di export, i dolci simboli delle feste si confermano ambasciatori del Made in Italy. In Europa volano principalmente «in Francia, Germania, Belgio, Svizzera e Regno Unito, oltreoceano planano per lo più in Usa – che nonostante tutto resta mercato strategico – Canada, Australia, Brasile e Argentina, con l’obiettivo di superare le performance del 2024, attestate a 13.468 tonnellate per un valore di 113 milioni di euro» evidenzia Marco Brandani, presidente del Gruppo Lievitati da Ricorrenza di Unione Italiana Food. Il settore deve però fronteggiare sfide significative sul fronte dei costi e, quindi, della marginalità. «Il comparto dei lievitati da ricorrenza sta affrontando un periodo particolarmente sfidante a causa degli importanti rincari delle materie prime – ribadisce Di Gianmarco – che impattano direttamente sui costi di produzione. In questo contesto le aziende e la distribuzione stanno cercando di reagire per calmierare gli effetti di questi aumenti». E rendere digeribile l’amaro retrogusto.
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