Nessuna tassazione sulle plusvalenze, ma un’imposta fissa annuale. All’insegna della semplicità. È questa la principale caratteristica del sistema di risparmio e investimento utilizzato in Svezia già da diversi anni e che oggi è allo studio della Commissione europea come possibile modello da copiare e adottare per smuovere quei 10mila miliardi di risparmi fermi sui conti correnti dei cittadini. L’obiettivo è infatti quello di rendere più produttivo questo tesoretto, o almeno una parte, e utilizzarlo per sostenere le imprese e quindi lo sviluppo economico e l’innovazione dell’area euro. Le autorità comunitarie sono al lavoro per sbloccare il potenziale di questo capitale, nell’ambito del ’Savings and Investments Union’, ovvero l’Unione del Risparmio e degli Investimenti, partendo proprio dalle best practice nazionali.
Il modello nordico
Il conto di risparmio e investimento targato Svezia, ovvero l’Investment Savings Account, è un conto non vincolato che permette agli investitori di acquistare e vendere in autonomia un’ampia gamma di asset class, tra azioni, obbligazioni, fondi ed Etf. Il suo punto forte è la semplificazione fiscale. Zero calcoli cervellotici per compensare plus e minusvalenze e incubi di aliquote e detrazioni. Perché, al posto della tassazione su guadagni e perdite generate dagli investimenti, si paga un’imposta annuale standard, fissata in anticipo sulla base dei rendimenti dei titoli di Stato svedesi (l’1% in più). Per quest’anno, ad esempio, si dovrà pagare un’aliquota del 30% applicata sul 3,62% del valore medio delle attività detenute in portafoglio. Somme fino a circa 15mila euro sono esentasse, ma la soglia tax free è destinata a raddoppiare nel 2026. Calcoli e possibili detrazioni non spettano al risparmiatore, ma alla banca, che li invia direttamente e in via telematica all’Agenzia delle Entrate svedese per includerli nella dichiarazione dei redditi.
Lanciato nel 2012, ha raccolto crescenti adesioni fino a raggiungere quasi 4 milioni di titolari (dati al 2023), a fronte di una popolazione maggiorenne di circa 8 milioni, e raccogliere masse per oltre 150 miliardi di euro. «Questo modello di tassazione forfettaria è particolarmente attraente per investimenti in azioni e fondi, i cui rendimenti interessanti non vengono penalizzati», illustra l’avvocato Massimo Caiazza, partner dello studio De Berti Jacchia Franchini Forlani. E in effetti, i dati lo confermano: l’88% delle masse di questi conti è impiegato in fondi azionari o bilanciati. «Risorse – continua Caiazza – che danno ossigeno anche all’economia e allo Stato, che riscuote un gettito cospicuo indipendentemente dall’andamento dei mercati».
Quali risvolti
Se i risparmiatori europei iniziassero a investire, come avviene con il modello svedese, si potrebbe sbloccare un flusso di 350 miliardi di euro l’anno a favore dell’economia reale, della transizione verde, digitale e del settore della difesa, secondo le stime della Banca centrale europea. E l’Italia potrebbe essere uno dei Paesi maggiormente impattati da questa iniziativa, considerando che le famiglie hanno una tendenza al risparmio molto accentuata, si parla di oltre 5.700 miliardi, e una parte consistente di questi soldi è ferma sui conti correnti (circa 1.360 miliardi). «Il modello svedese invoglierebbe gli italiani a investire in fondi e strumenti più remunerativi nel medio-lungo termine – spiega Caiazza – perché con un solo colpo d’occhio si vedrebbe la disponibilità finanziaria sul proprio conto, evitando il dubbio relativo a una tassazione latente sulle plusvalenze». Insomma, potrebbe avviare un cambiamento nel modo in cui gli italiani risparmiano e investono. «Sarebbe una iniziativa conveniente per tutti da ‘copia e incolla’».
Prossimi passi
Il lavoro della Commissione Ue è avviato ma ancora lungo. Entro l’autunno è previsto un provvedimento per aiutare i singoli Stati a promuovere l’adozione di questi conti di risparmio e investimenti, accompagnato da una raccomandazione sul trattamento fiscale. L’intervento di Bruxelles riguarderà anche iniziative di educazione finanziaria rivolte ai cittadini. Perché un altro aspetto rilevante emerso dal modello Svezia è che il livello di alfabetizzazione conta parecchio: tra le persone con istruzione obbligatoria, solo il 17% ha un conto di risparmio e investimento, contro il 45% di coloro con un’istruzione superior
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