Sugli scaffali dei supermercati troviamo oggi un’abbondanza di prodotti alimentari che diamo spesso per scontata. Eppure, la disponibilità e l’accessibilità economica di questi beni potrebbero cambiare radicalmente nel prossimo futuro. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, una persona su undici nel mondo vive già in condizioni di insicurezza alimentare. A complicare ulteriormente il quadro contribuiscono uno spreco globale pari a un terzo del cibo prodotto e un sistema agricolo sempre più vulnerabile a shock simultanei.
Un recente studio del Boston Consulting Group (Bcg), in collaborazione con Quantis, intitolato “Building Resilience in Agrifood Supply Chains”, lancia un allarme: entro il 2050, la produzione agricola globale potrebbe diminuire fino al 35%. Una riduzione che metterebbe a rischio la sicurezza alimentare mondiale, già sotto pressione per via di eventi climatici estremi, crisi geopolitiche e una forte concentrazione produttiva in poche colture e aree geografiche.
Tra i dati più allarmanti, lo studio evidenzia un futuro difficile per il riso, che rappresenta il 22% dell’apporto calorico globale. Entro il 2050, la sua produzione globale potrebbe calare del 9%, con impatti gravi per i principali Paesi produttori – India (-18%), Bangladesh (-15%) e Indonesia (-12%) – che da soli rappresentano il 40% dell’offerta mondiale. Le conseguenze non si limiteranno all’agricoltura, ma si estenderanno all’economia: India e Cina potrebbero perdere rispettivamente 9 e 6 miliardi di dollari di Pil, mentre Paesi emergenti come il Bangladesh e il Vietnam rischiano perdite per 4 miliardi.
In parallelo, milioni di agricoltori, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, vedono i propri margini erodersi del 30-40%, una soglia che non consente più di reinvestire in innovazione o tutela ambientale. È un circolo vizioso che ostacola ogni possibilità di resilienza e sviluppo, aggravando la vulnerabilità sociale ed economica delle comunità rurali.
Lo studio identifica quattro principali dinamiche strutturali che mettono a rischio il sistema agroalimentare globale. Innanzitutto, la dipendenza da poche colture e aree strategiche: quando la produzione di cibo è concentrata in pochi Paesi, ogni crisi locale diventa globale. Il caso del riso è emblematico: un blocco produttivo in Asia potrebbe dimezzare l’offerta mondiale. Tra le fragilità sistemiche vi è poi una componente legata alla concentrazione geografica: il 60% del cacao mondiale proviene da due soli Paesi dell’Africa occidentale, Costa d’Avorio e Ghana. L’assenza di piani alternativi di produzione rende il mercato estremamente vulnerabile, con prezzi già schizzati a 13mila dollari a tonnellata nel dicembre 2024.
Un’ulteriore elemento di cruciale importanza è l’uniformità genetica delle colture: colture geneticamente identiche, come la banana Cavendish (95% del mercato globale), sono particolarmente esposte a malattie e parassiti. Una singola mutazione può compromettere l’intera catena di approvvigionamento. A pesare è infine la carenza di innovazione: alcune colture fondamentali come le patate, pur essendo resistenti e nutrienti, non ricevono sufficiente attenzione in termini di ricerca. Le varietà geneticamente modificate esistenti sono spesso inefficienti o non accettate, lasciando i produttori esposti alle crisi climatiche.
Secondo Antonio Faraldi, Managing Director e Partner di Bcg, la sicurezza alimentare non è un tema da futuro distopico, ma una sfida attuale e urgente. “Serve un piano pragmatico e condiviso, in cui ogni attore, pubblico e privato, faccia la sua parte,” afferma. La roadmap proposta dallo studio prevede tre fasi principali: mappare i rischi, pianificare interventi di lungo periodo e istituire una “control tower” digitale in grado di monitorare e rispondere in tempo reale alle crisi.
Le soluzioni individuate spaziano dall’innovazione genetica – per sviluppare colture resistenti al clima – all’agricoltura rigenerativa, che protegge suoli e biodiversità. La digitalizzazione della filiera, con sensori intelligenti e tecnologie predittive, consente di anticipare eventi estremi. Ma è altrettanto cruciale diversificare le fonti produttive, rendendo più flessibili logistica e stoccaggio, ad esempio attraverso magazzini a energia solare.
Un punto centrale è inoltre il sostegno finanziario agli agricoltori, che devono poter innovare senza rischiare il fallimento. Fondamentale, infine, è il ruolo delle partnership di lungo periodo tra imprese e fornitori, che garantiscano tracciabilità e stabilità a tutta la filiera.
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