Lo scenario è mozzafiato e quasi dantesco allorchè, scendendo la scalinata di pietra a quaranta metri di profondità, ci si inoltra negli otto chilometri di caverne di gesso di età romana che nella seconda metà del Settecento furono acquistate da Claude Ruinart per conservare a temperatura ideale migliaia di bottiglie del pregiatissimo champagne conosciuto in tutto il mondo. Ma per gli appassionati d’arte, quelle suggestive architetture ipogee oggi patrimonio dell’Unesco sono anche simbolo di una grande collezione privata aperta al pubblico nel Giardino di sculture al civico 4 di Rue de Crayeres a Reims, a meno di due ore da Parigi. Tutte le opere d’arte presenti nella maison sono il frutto di una tradizione che vede Ruinart ogni anno invitare artisti di livello mondiale a dialogare con l’esclusivo terroir in cui si producono le celebri bollicine; una tradizione cominciata nel 1896 quando la famiglia commissionò il suo primo manifesto pubblicitario al pittore ceco Alfons Mucha.
Oggi la collezione privata aperta ai visitatori comprende un centinaio di opere e installazioni di artisti internazionali come Tomas Saraceno, Pascale Marthine Tayou, Patricia Urquiola, Marcus Coates, Eva Jospin, Cornelia Konrads, Ron Arad e molti altri. L’esperienza della maison – che sostiene anche istituzioni culturali internazionali come la High Line di New York e il Palais de Tokyo di Parigi – è la cosiddetta ciliegina sulla torta di un trend che oggi vede i grandi brand francesi del lusso primeggiare nel mondo nella corsa all’arte contribuendo a trasformare la Ville Lumière capitale planetaria del collezionismo.
Non è un caso che Ruinart faccia parte del gruppo Lvmh presieduto dal miliardario e collezionista Bernard Arnault, quinto uomo più ricco del mondo con un patrimonio stimato da Forbes di 178 miliardi di dollari. Nella sua miliardaria collezione figurano capolavori di alcuni dei più famosi artisti del XX e 21 ° secolo, tra cui Claude Monet, Pablo Picasso, Vincent Van Gogh, Andy Warhol, Yves Klein e Jeff Koons; ma anche importanti opere di artisti più contemporanei, come Alberto Giacometti, Yves Klein, Annette Messager, Isa Genzken, Maurizio Cattelan, Mark Bradford, Wolfgang Tillmans, Mona Hatoum.
La storia di Arnault si intreccia con quella dell’altro grande “paperone” transalpino, Francois Pinault, fondatore della holding Artemis e di Ppr, oggi gruppo Kering. Ma se sotto il profilo degli affari tra i due non sembra esserci partita – il patrimonio di Pinault ammonterebbe “solo” a 36,4 miliardi di dollari – per quanto riguarda il primato dell’arte è ancora lunga la rincorsa di Arnault rispetto al rivale, anche se ad accomunarli c’è il grande collezionismo, la promozione dell’arte a livello istituzionale come strategia di immagine (e vantaggio fiscale), e il progetto di consolidare un legame sempre più solido tra moda e arte.
I due titani – che si sfidarono senza esclusione di colpi per l’aggiudicazione di un dipinto di Yves Klein a un’asta Sotheby’s del 2018, ma poi donarono 300 milioni per il restauro di Notre Dame distrutta dall’incendio – si spartiscono il campo dentro e fuori Parigi, in una Francia che, forte di una politica fiscale che vede l’aliquota Iva per importazioni e cessioni di opere d’arte al 5,5% (in Italia è al 22%) resta il territorio privilegiato per questo tipo di investimenti. La Fondation Cartier pour l’art contemporain, per esempio, celebrerà proprio quest’anno in pompa magna il suo quarantesimo con una nuova prestigiosa sede a Place du Palais – Royal, in uno storico edificio ridisegnato da dall’archistar francese Jean Nouvel.
Lo scettro resta comunque saldamente nelle mani di Pinault, tra i più grandi collezionisti di arte contemporanea al mondo (Arnault ha gusti più “classici”) la cui raccolta da mezzo secolo si è sviluppata fino ad arrivare oggi a oltre 10.000 opere dagli anni Sessanta a oggi. Dal 2006, la Pinault Collection poggia su un’attività espositiva e museale in tre luoghi d’eccezione a Venezia: Palazzo Grassi, acquisito nel 2005, Punta della Dogana, aperta nel 2009, e il Teatrino, nel 2013. Risale a maggio 2021 l’inaugurazione della sede nella restaurata Bourse de Commerce nel cuore di Parigi, dove la collezione è stata in gran parte reimpatriata. Lo storico edificio riadattato dal talento di Tadao Ando ospita alcuni pezzi forti della Pinault Collection suggestivamente allestiti: al centro della rotonda Untitled, la copia dell’artistar Urs Fischer del Ratto delle sabine del Giambologna per la Loggia dei Lanzi a Firenze, non in marmo ma in cera che quando accesa crolla in blocchi sul pavimento. Sulla balconata i 52 piccioni in tassidermia di Maurizio Cattelan, e poi gli artisti che lo stesso Pinault ha promosso e lanciato in questi decenni (molti francesi), la monumentale opera Ici Plage, comme ici-bas di Martial Raysse, le sedie in marmo di Tatiana Trouvé (attualmente in mostra a Palazzo Grassi), le eccezionali serie fotografiche di Michel Journiac (24 heures de la vie d’une femme ordinaire), e di Cindy Sherman (Untitled Film Stills), i ritratti di Rudolf Stingel che sono a loro volta omaggi a Franz West, Paula Cooper, Ernst Ludwig Kirchner. Tutte le grandi star dell’arte contemporanea sono adeguatamente rappresentate nella Collection, a partire dalle icone paradossali di Jeff Koons, le sculture concettuali di Charles Ray, quelle provocatoriamente sessuali di Paul McCarthy, le riflessioni razziali di David Hammons; e ancora, i dipinti pop di Ed Ruscha, artista simbolo di Los Angeles, e i grandi protagonisti della cosiddetta Young British Art, da Sarah Lucas ai fratelli Chapman alle manipolazioni alchemiche di Damien Hirst (quello dello squalo da 12 milioni di dollari), la pop art giapponese di Yayoi Kusama.
Le due sedi di Venezia, invece, continuano ad ospitare grandi mostre internazionali come quelle appena inaugurate di Tatiana Trouvè (“la , strana vita delle cose”, Palazzo Grassi) e Thomas Schutte (“Genealogies”, Punta della Dogana). Dal canto suo Arnault (che dal 1999 al 2003 provò anche a gestire la casa d’aste Phillips) è oggi forte dell’attività della sua Fondazione Louis Vuitton negli 11mila metri quadri della “nuvola” progettata dall’archistar Frank Gehry, luogo di importanti mostre (come quella dedicata quest’anno al pittore britannico David Hockney) ma anche di collaborazioni tra le aziende del lusso e artisti mondiali come Takashi Murakami, Yayoi Kusama, Richard Prince e Jeff Koons, per l’occasione autori di borse e accessori pret a porter in edizioni limitate. Bizzarrie del mecenatismo.
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