Ci sono i dazi di Trump, di cui si parla e scrive da 4-5 mesi. E ci sono i dazi occulti, di cui si parla poco niente, ma che qualcuno continua a inventare. Anche adesso, dopo la bufera che le tariffe doganali Usa hanno scatenato in Europa. E sono dazi imposti proprio dall’Unione Europea. Dallo stesso pulpito da cui arriva la predica. Di cosa stiamo parlando? Di tasse, tanto per cambiare. Gli esempi di queste tariffe occulte “Made in Ue” sono diversi e numerosi. Ma ce n’è uno che, vuoi per il tempismo, che coincide con la bufera Trump, vuoi per il mercato a cui si rivolge, quello del tabacco, è particolarmente indicativo della politica ideologica che continua a imperversare a Bruxelles.
La direttive Ue sul tabacco
Proprio in queste ore sono in corso in diverse capitali europee incontri che hanno per oggetto una nuova legge comunitaria: è la direttiva Ted (Tobacco Excise Directive) che riguarda – in estrema sintesi – l’armonizzazione delle accise su tutti i prodotti del tabacco lavorato. Lo scopo, assolutamente condivisibile, è quello di tutelare la salute abbassando il consumo di tabacco: l’armonizzazione delle accise punta a eliminare le grandi differenze di prezzo tra un Paese e l’altro che creano distorsioni e illegalità sui mercati. Dopodiché, come sempre accade, l’approccio ideologico a un problema reale rischia di creare guai collaterali senza risolvere quello principale.
Posto che il tema è complesso e coinvolge diverse sensibilità, c’è un lato, quello industriale, su cui vale la pena di concentrarsi per sottolineare gli aspetti più discutibili di questa direttiva. La Ted, infatti, rischia di cancellare uno dei prodotti italiani più conosciuto al mondo: il sigaro Toscano. Quella dei sigari è una nicchia che vale l’1% del totale del mercato del tabacco in Europa e idem in Italia. Ma con la Ted rischia addirittura l’estinzione.
La direttiva, fortemente voluta dall’olandese Wopke Hoekstra (che, ricordiamo, non è Commissario alla salute, bensì a “Clima, zero emissioni nette e crescita pulita”), è ancora in fase istruttoria e prevede un’accisa minima di 120 euro ogni mille sigari (o, in alternativa, il 40% del prezzo di vendita al dettaglio), circa dieci volte più alta di quella attualmente esistente nella Ue (12 euro su mille o 5% del prezzo). I
l tema non riguarda l’Italia, dove l’accisa è già di 35 euro ogni 400 sigari, pari a 175 euro per mille sigari: per non smentirci le accise sono già oggi molto più alte dell’ipotesi prevista dalla Ted. Quindi, in caso di applicazione, sul mercato italiano non ci sarebbero impatti; ma in molti Paesi europei si assisterebbe ad aumenti di prezzo di fronte ai quali impallidiscono anche i dazi ventilati da Trump per la Cina.
Si va dal +27% di Slovacchia e Repubblica Ceca, al +28% dell’Austria, al +43% della Romania, al +64% della Germania e via a salire fino a Slovenia (+126%), Spagna (+187%), Malta (+361%), Lussemburgo (+494%), Ungheria (+820%). Ricordiamo che l’accisa – tassa applicata direttamente sui volumi e quindi a sua volta soggetta alle imposte indirette – viene poi scaricata sui consumatori. Quindi gli incrementi corrispondono a un pari aumento sul prezzo del prodotto finale, salvo la volontà delle aziende di rinunciare ai margini di profitto. Il che, di norma, equivale a chiudere.
«A oggi siamo più preoccupati dalle ipotesi di queste nuove tasse dell’Unione europea che dai dazi Usa», dice a Moneta Stefano Mariotti, ad di Manifatture Sigaro Toscano (Mst). L’azienda italiana ha chiuso il 2024 con 135 milioni di fatturato, conta 450 dipendenti diretti di cui 280 nella storica manifattura di Lucca e 130 a Cava dei Tirreni, per una filiera che dà lavoro a oltre 2mila occupati. E ha appena firmato con il Masaf (ministero dell’Agricoltura) un accordo decennale da 250 milioni per l’acquisto di tabacco da oltre 180 coltivatori italiani.
Per il Toscano l’Italia è il primo mercato, ma oltre un terzo del fatturato arriva dall’export, in continua crescita. Per questo la Ted è una minaccia per la filiera del tabacco italiano. «In questo momento storico – dice ancora Mariotti – un provvedimento sulle accise ci sembra fuori luogo.
In secondo luogo, per quanto riguarda i sigari, l’aumento colpisce un settore di nicchia in maniera sproporzionata: passare da 12 a 120 euro ogni mille sigari non è commentabile». Gli aumenti delle accise in Spagna (+187%) e Germania (+64%) colpiscono duramente i primi due Paesi europei per sigari venduti (il terzo è l’Italia) che sono quindi tra quelli dove Mst esporta di più, insieme a tanti altri compresa l’Ungheria (dove l’accisa salirebbe dell’820%).
«Un riallineamento delle accise così strutturato – conclude Mariotti – ucciderebbe il mercato dei sigari in questi Paesi. Noi diciamo che l’adeguamento ci può essere, ma non può stravolgere il mercato in questo modo». Dal momento che i sigari pesano per l’1% dei prodotti del tabacco, si capisce dove possono portare regole che non tengono conto delle diversità di prodotto e, con queste, delle filiere e della cultura che ci sono alle spalle. Filiere e cultura che questa vecchia Europa, oggi più che mai, dovrebbe cercare di rafforzare. E non penalizzare.
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