Rilanciare le cartolarizzazioni. Bruxelles fa un primo passo concreto per dare nuova linfa a uno strumento che consente alle banche di “riconfezionare” delle attività finanziarie illiquide (prestiti, mutui, leasing, crediti deteriorati) in titoli negoziabili sul mercato e quindi immettendo in circolo liquidità sotto forma di prestiti alle imprese. Lo scorso 17 giugno, la Commissione Europea ha presentato una serie di proposte per rilanciare il mercato europeo delle cartolarizzazioni, dando seguito a quanto caldeggiato anche dal rapporto Draghi al fine di rafforzare la capacità delle banche europee di erogare prestiti e creare mercati dei capitali più profondi. Ad oggi l’Europa è lontana anni luce in termini di volumi rispetto agli Stati Uniti e mostra una dinamica meno vivace anche rispetto a realtà quali Australia e Canada che presentano norme orientate ad alleggerire gli aspetti più complicati della securitization.
Negli ultimi anni lo strumento non ha avuto lo stesso sviluppo sulle due sponde dell’Atlantico a causa di vari fattori, tra cui proprio l’eccesso di paletti introdotti da Bruxelles rendendolo meno appetibile nonostante, dati alla mano, i crediti europei mostrano migliori performance rispetto a quelli americani (con tassi di default dieci volte inferiori).
L’eccessiva attenzione alla prevenzione dei rischi ha soffocato l’intero mercato, come ammesso da Maria Albuquerque, commissaria europea per i servizi finanziari. «Il rischio è come tutto il resto se si porta il rischio a zero, si uccide tutta l’attività. Quindi ora stiamo cercando di trovare un migliore equilibrio tra il rischio e il risultato positivo che dovrebbe derivare dall’uso di questo strumento», è il mea culpa di Bruxelles circa l’eccessiva rigidità delle normative, introdotte dopo la grande crisi finanziaria 2007-2008, e sfociate nel regolamento UE 2017/2402 (in vigore dal 2019) e che hanno zavorrato lo strumento, in parte compensate dalle previsioni sulle cartolarizzazioni cosiddette STS (Simple, Transparent and Standardized) finalizzate a facilitare, pur con i vincoli associati, alcune categorie di operazioni.
«A 18 anni dalla grande crisi ci portiamo ancora dietro questo pregiudizio sulle operazioni di cartolarizzazioni quando il nostro monitoraggio periodico delle operazioni sul mercato ci dà un termometro completo dal quale emerge che questo eccesso di timore è immotivato per la solidità che lo strumento finanziario ha confermato in un lungo lasso di tempo grazie alla qualità dei portafogli cartolarizzati», argomenta Luigi Bussi, chief Corporate & Investment Banking di Banca Finint, che nel 1991 che ha strutturato la prima operazione di cartolarizzazione realizzata in Italia e risulta leader sul mercato domestico con oltre 500 operazioni gestite attualmente per oltre 320 miliardi di euro.
In tutto sono sei i regolamenti Ue su cui sono previste modifiche, puntando alla riduzione dei costi operativi per gli emittenti e gli investitori, così come alla semplificazione degli obblighi in termini di due diligence e trasparenza; inoltre, l’Ue propone la modifica al regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) per allentare la quantità di capitale che le banche devono detenere per la loro esposizione verso talune tipologie di cartolarizzazioni. In tal modo si punta a incentivare una maggiore attività di cartolarizzazione e fare in modo che gli istituti finanziari utilizzino il funding e l’alleggerimento del capitale per erogare maggiori prestiti a famiglie e Pmi.
«È un buon inizio – dice Bussi – prospetticamente i volumi sono notevoli perché ci sono segnali che mostrano come ci siano numerosi originator che possono accedere al mercato così come altrettanto significativo interesse si registra dal lato degli investitori. Lo strumento della cartolarizzazione, in tal senso, è un asset alternativo su cui banche, fondi e assicurazioni possono investire».
Non mancano, tuttavia, perplessità da parte degli operatori che si aspettavano un’azione più convinta. «La richiesta accorata da parte del mercato era più ampia rispetto al pacchetto di misure attualmente proposte – osserva Bussi – che sono pregevoli da molti punti di vista, ma potrebbe non essere sufficiente per dare una svolta significativa». In relazione al processo di semplificazione, l’esperto di Banca Finint si sofferma in particolare sull’introduzione di alcune previsioni più stringenti con nuovi obblighi di reportistica anche per operazioni private e un nuovo regime sanzionatorio in caso di carenza di obblighi di due diligence. E questo non manca di preoccupare gli investitori.
In sostanza, è stata introdotta ex novo, la possibilità di una sanzione fino al 10% del fatturato per una carenza di due diligence. Tuttavia, è da rimarcare che si tratta di proposte da parte della Commissione e che nell’iter per arrivare alla approvazione finale delle modifiche potrebbero essere apportate. Considerando gli sviluppi considerevoli delle cartolarizzazioni al di fuori dell’Ue, Bussi ritiene che, in un mercato di capitali interconnessi, «andare oltre lo status quo, e sostenere l’iter approvativo di questa riforma, dimostra lungimiranza ad attrarre gli investitori ora proiettati su mercati meno regolamentati e offrire uno strumento reale di sviluppo al tessuto italiano ed europeo delle imprese, in particolare delle Pmi».
Tra le ipotesi ventilate prima del 17 giugno c’era anche quella di creare una piattaforma europea delle cartolarizzazioni con il supporto delle autorità pubbliche. Un tema più politico che di mercato. Guardando ai numeri del mercato statunitense non si può ignorare che oltre mille miliardi, ossia i due terzi dei volumi sono quelli legati alle Agency MBS, cioè le cartolarizzazioni di asset fatte dalle due agenzie pubbliche Fannie Mae e Freddie Mac.
© Riproduzione riservata