Una riorganizzazione del portafoglio, che prevede cessioni ma anche investimenti, il tutto a valle di un trimestre deludente. Campari e il suo azionista principale, la famiglia Garavoglia, sono stati al centro dell’attenzione dei mercati nelle ultime settimane, insieme al fondo Bluegem Capital Partners. I risultati del primo trimestre, diffusi il mese scorso, hanno evidenziato che Campari non si è posizionata all’altezza delle previsioni: sono state registrate vendite per 666 milioni di euro, in calo del 4,2% rispetto alle aspettative. Le cause sono da ricercarsi soprattutto nella situazione internazionale e, in particolare, nelle interruzioni della catena di approvvigionamento negli Stati Uniti. Si tratta di problematiche che il gruppo ha dichiarato di aver risolto, inquadrando la situazione in un percorso più ampio.
La scorsa settimana, Campari ha infatti annunciato di aver raggiunto un accordo per la cessione di Cinzano al Gruppo Caffo 1915, per un corrispettivo di 100 milioni di euro. La vendita dei brand non strategici ha il duplice obiettivo di razionalizzare i propri investimenti, semplificando la gestione delle attività, e di rafforzare il focus commerciale sugli spirit. In questo contesto si colloca un importante investimento: Lagfin, che detiene la maggioranza del gruppo Campari, ha acquisito il 20% del fondo di private equity Bluegem Capital Partners. Lagfin è la holding di investimento della famiglia Garavoglia, la cui storia si intreccia con quella del gruppo Campari. Ma andiamo con ordine.
Campari: dal bar alla Galleria
L’azienda è nata nel 1860 a Novara dall’idea di Gaspare Campari, che ha sperimentato varie componenti nella sua distilleria fino a creare il suo Bitter all’uso d’Hollanda. L’idea ha successo e nel giro di pochi anni la società si è spostata nella Galleria Vittorio Emanuele II, dove ha fondato il Caffè Campari. Un grosso impulso alla crescita è stato dato dal figlio dell’imprenditore, Davide Campari, da cui il nome completo del gruppo (Davide Campari-Milano). A lui si deve la fondazione di filiali internazionali, il lancio del Campari Soda monodose e molte altre innovazioni. Nel 1982, l’ultima erede della famiglia Campari, ha ceduto la società a Erinno Rossi e Domenico Garavoglia che ne diventano proprietari. Da questo momento la famiglia Garavoglia, anche attraverso la propria holding, ha fatto crescere l’azienda, portandola alla quotazione in Borsa nel 2001.
La holding Lagfin
Arriviamo così a oggi: Lagfin ha sede in Lussemburgo e, dopo aver assorbito nel 2019 Alicros, detiene oltre il 50% del capitale azionario quotato di Davide Campari-Milano e più dell’80% dei diritti di voto. È controllata dai fratelli Luca e Alessandra Garavoglia, che ne hanno assunto la piena proprietà al termine di una vicenda giudiziaria che ha coinvolto la sorella Maddalena e si è conclusa con una transazione da 50 milioni. Grazie soprattutto alle partecipazioni in Campari, i risultati del 2024 sono stati molto positivi: ha chiuso con un utile di 300 milioni (in aumento rispetto ai 170 milioni dell’anno precedente).
L’accordo con il fondo Bluegem
Da qui il salto nel private equity: la holding lussemburghese ha investito in Bluegem Capital Partners con l’acquisto di una quota di minoranza. Bluegem, fondata nel 2007, ha asset in gestione per oltre un miliardo di euro e si rivolge ad aziende di consumo del mid-market. Si concentra in particolare su marchi di alimentari e bevande, ma anche nutraceutica, prodotti per l’infanzia e cura della persona. Il suo nome non è passato inosservato l’anno scorso, quando ha concluso diverse importanti operazioni. Tra queste la vendita del produttore di fragranze Dr. Vranjes Firenze a L’Occitane International e la cessione della maggioranza di Beautynova a PAI Partners.
Dopo l’estate, Bluegem conta di avviare il suo fondo IV e in quest’ottica Lagfin si è impegnata anche a essere investitore di riferimento nei fondi futuri. L’amministratore delegato di Bluegem Emilio Di Spezio Sardo ha infatti spiegato che «Lagfin sarà partner strategico di lungo termine». La scelta rientra nella strategia di Bluegem, che ha una forte preferenza per aziende solide, con competenze industriali e attive nella ricerca e sviluppo. In questo contesto, la profonda conoscenza di Lagfin «delle dinamiche del settore dei beni di consumo essenziali e la rete globale sviluppata nel corso di generazioni rappresentano risorse di valore inestimabile mentre ci prepariamo a scalare ulteriormente la nostra piattaforma».
«Condividiamo la visione secondo cui investire nell’economia reale, in particolare nei beni di consumo, rappresenta un quarto pilastro di resilienza e crescita», continua Di Spezio Sardo. Le altre direttrici sono infatti healthcare, servizi alle imprese e software/tecnologia. Questa differenziazione «offre una naturale copertura contro i cambiamenti provocati dalle tecnologie emergenti. La produzione e il consumo di beni alimentari e per la cura della persona – conclude – possono essere accelerati dall’intelligenza artificiale, ma non sostituiti».
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