La recente decisione dell’Opec+, il cartello dei paesi produttori di petrolio, di aumentare la produzione oltre il previsto (548mila barili al giorno in più a partire da agosto), ha sancito definitivamente la tendenza ribassista del prezzo del greggio. L’incremento della produzione, infatti, provoca inevitabilmente un calo del prezzo. È la legge del mercato. Ma le ragioni della flessione sono anche altre. Vanno dal potenziale impatto dei dazi Usa (che dovrebbero scattare il primo agosto) sulla domanda globale di carburante, fino alla forte crescita delle scorte statunitensi, ritenuta dagli osservatori la più elevata degli ultimi tre mesi. Nel frattempo è segnalata in aumento la produzione non Opec.
Al di là delle ragioni geopolitiche e internazionali, in Italia è scoppiata anche la polemica (non nuova per la verità: arriva puntuale a ogni flessione del prezzo del greggio) sul mancato – o comunque ritardato – adeguamento al ribasso del prezzo della benzina alla pompa. Il presidente di Arera (l’authority che sovrintende ai rapporti tra energia, reti e ambiente) ha spiegato che gran parte del risparmio sul costo della materia prima viene annullato dalle imposte e dai cosiddetti oneri di sistema, che insieme “pesano” per almeno il 45%. Aziende petrolifere e distributori di carburante, insomma, avrebbero sì qualche colpa, ma non possono essere ritenuti totalmente responsabili. Anche perché non è chiaro chi dovrebbe controllare e individuare eventuali comportamenti speculativi, specialmente da quando è stato superato il sistema dei prezzi amministrati, che affidava il compito di supervisione al Ministero dell’Industria.
Ma in quale misura la debolezza dei prezzi petroliferi si ripercuote sui conti delle aziende del settore presenti sui listini di Borsa? E, di conseguenza, sulle quotazioni delle stesse aziende, oltre che su quelle dei fondi comuni dedicati e sugli Etf (Exchange trade fund), che si stanno sempre più diffondendo tra il pubblico dei risparmiatori? Per quanto riguarda Piazza Affari, le società interessate non sono molte, anche se si tratta di realtà importanti dal punto di vista dimensionale. Eni, Saipem e Tenaris appartengono infatti al paniere del Ftse Mib, l’indice che rappresenta le società più capitalizzate del listino.
Eni
Nata come ente pubblico (l’acronimo significa Ente Nazionale Idrocarburi), è una delle compagnie energetiche integrate più importanti del mondo. Opera nell’esplorazione, produzione, raffinazione e commercializzazione di olio e gas, elettricità e chimica. Presente in una settantina di Paesi, è guidata dall’amministratore delegato Claudo Descalzi e, con migliaia di addetti, appartiene a buon diritto all’élite delle compagnie petrolifere mondiali. Dopo la trasformazione in Spa, avviata nel 1995 e conclusa nel 1998, la società è comunque rimasta in mano pubblica. Lo Stato italiano controlla infatti, direttamente attraverso il Ministero dell’Industria e indirettamente attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, oltre il 30% del capitale. Nell’azionariato sono presenti i principali investitori istituzionali italiani e stranieri, cui fa capo il 40% circa del capitale, mentre il resto delle azioni è in mano a investitori privati, compresi i dipendenti. Le azioni sono quotate sia al New York Stock Exchange, la Borsa americana, sia a Piazza Affari. Il titolo è stato collocato sul mercato di Borsa Italiana nel 1995.
Il prossimo 24 luglio è in programma un incontro con gli analisti per la presentazione dei conti semestrali e dei programmi futuri. Il titolo viene scambiato attualmente intorno ai 14 euro e la quotazione è caratterizzata da grande stabilità. Nell’ultimo mese è infatti cresciuta di poco più del 5%, mentre la performance degli ultimi sei mesi è pari al 2% circa. Da un anno a questa parte, invece, registra un calo di circa il 2,5%. Stabili anche i più recenti giudizi degli analisti: recentemente Banca Akros ed Equita Sim hanno confermato la raccomandazione “buy” (comprare), con target price rispettivamente di 17 e 16 euro. JP Morgan ha confermato il titolo “overweight” (sovrappesare), stabilendo anch’essa un prezzo obiettivo di 16 euro.
L’analisi tecnica di Teleborsa indicava nei giorni scorsi un primo supporto di 13,77 euro e un secondo di 13,68 euro, mentre sul fronte rialzista la prima resistenza era fissata a 13,96 euro e la seconda a 14,15 euro.
Saipem
Con 30mila dipendenti, fornisce servizi per il settore energia e relative infrastrutture. Il titolo si muove sopra i 2 euro, a fronte del minimo dell’anno di 1,59 registrato il 7 aprile scorso e portando così all’1,77% la performance realizzata nell’ultimo mese. Resta negativo, invece, il confronto con la quotazioni di sei mesi fa (-13,36%) mentre torna leggermente positivo quello rispetto a un anno fa (+1,55%).
Risalgono a quasi due mesi fa le ultime valutazioni degli analisti. Morgan Stanley aveva preferito non emettere alcun giudizio ma nel contempo aveva fissato il target price a 3,2 euro, mentre Mediobanca aveva promosso il titolo “outperform” (farà meglio del mercato) e indicato a 2,3 euro l’obiettivo di prezzo da raggiungere.
Tenaris
Anche se l’appartenenza della società ai cosiddetti titoli petroliferi non è del tutto appropriata, il titolo viene comunemente accostato a questo comparto. Si tratta infatti del maggiore produttore e fornitore a livello globale di tubi e servizi per l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas. Oltre che a Milano, la società è quotata anche al New York Stock Exchange e alle Borse di Buenos Aires e Città del Messico.
Il titolo a Piazza Affari viene scambiato attualmente intorno ai 16 euro, in netto miglioramento rispetto al minimo dell’anno di 13,665 euro toccato il 9 aprile scorso, ma ancora in calo se si considera l’ultimo semestre (-12,32%), mentre il confronto con un anno fa presenta un recupero del 13,33%.
Cauti i giudizi più recenti, con la conferma del “buy” (comprare) da parte di Intesa Sanpaolo e del “neutral” di Mediobanca, che hanno fissato il prezzo obiettivo rispettivamente a 17,3 e 17 euro. A maggio, invece, Equita Sim aveva confermato la raccomandazione “buy” (comprare), tagliando però il target price a 18,8 euro rispetto alla valutazione precedente di 20 euro.
Quanto all’analisi tecnica, l’agenzia Teleborsa, indica per il titolo un primo supporto di 16,28 euro e un secondo di 16,11 euro. Sull’altro fronte, quello rialzista, la prima resistenza è fissata invece a 16,52 euro e la seconda a 16,77 euro. Nelle ultime settimane la situazione tecnica di Tenaris è migliorata e la tendenza di breve termine è positiva. Il titolo, dopo essere sceso verso l’importante soglia psicologica dei 14 euro, ha infatti compiuto un veloce balzo in avanti ed è risalito con decisione fino a superare nei giorni sorsi quota 16,45 euro a Piazza Affari.
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