Un milione di posti di lavoro in Europa è il denominatore comune. Da una parte, però, c’è chi sostiene che andranno persi nel settore automotive per come è stata impostata la transizione verso la sola mobilità elettrica, a partire dal 2035. Dall’altra parte, invece, ecco che l’indebolimento progressivo dell’obiettivo delle zero emissioni, insieme alla mancata adozione di politiche industriali efficaci, comporterebbe una riduzione del contributo del comparto al Pil europeo di 90 miliardi, sempre entro il 2035, e una perdita fino a 1 milione di occupati nella filiera. A questo punto, disorientamento e confusione aumentano e non ce n’è proprio bisogno nel momento in cui la Commissione Ue si accinge a rivedere il piano green a senso unico (elettrico) e ha avviato una consultazione tra i diretti interessati: industria, piccole e medie imprese, organizzazioni imprenditoriali e società civile.
Era partito da Alberto Bombassei, attuale presidente emerito di Brembo, il primo vero allarme occupazione come conseguenza dell’imposizione del «tutto elettrico» dal 2035. In un’intervista che risale al gennaio 2019, l’imprenditore affermava che «in Europa un lavoratore su tre sarebbe andato perso nel caso si fossero prodotte solo auto elettriche, un impatto sociale che nessuno considera». Dichiarazioni che hanno lasciato il segno. La situazione attuale in cui versa l’industria automotive europea, indotto compreso, è infatti sotto gli occhi di tutti.
Ecco allora la potente organizzazione indipendente (come si professa) europea per la decarbonizzazione dei trasporti, T&E (Transport&Environment), particolarmente agguerrita in questo periodo alla luce del possibile ribaltamento dello stato dell’arte, partire al contrattacco. Secondo uno studio «il comparto automobilistico europeo potrebbe salvare gli attuali livelli di occupazione e tornare a produrre 16,8 milioni di auto all’anno, pari al picco raggiunto dopo la crisi del 2008, se l’Ue manterrà intatto l’obiettivo di sole auto a zero emissioni dal 2035 e rafforzerà le politiche industriali e di stimolo della domanda». «In questo scenario – prevede T&E – il contributo della filiera automobilistica al Pil europeo aumenterebbe dell’11% nel 2035 rispetto a oggi». La realtà dei fatti, comunque, vede l’industria automotive in forte sofferenza e tante fabbriche in bilico. E il resto? Tutto da verificare nella concretezza. Il mercato, intanto, la sue risposte le ha già fornite
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