Addestratori di chatbot, sorveglianti di robot, insegnanti sostituiti da macchine. Il futuro del lavoro, nel cuore della rivoluzione immaginata da Alan Turing quando nel 1950 pubblicò “Macchine calcolatrici e intelligenza”, è tutto da ripensare. Spariscono le professioni di sempre, ne nascono altre che pochi anni fa sembravano fantascienza.
Secondo il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum, entro il 2030 il 22% degli impieghi formali sarà trasformato da automazione, IA e crisi geopolitiche. Si prevede la creazione di 170 milioni di posti, ma anche la scomparsa o la riconversione di 92 milioni di ruoli. Il saldo è positivo, +78 milioni, ma sono le condizioni a mutare: il 39% delle competenze attuali sarà obsoleto in meno di cinque anni. L’intelligenza artificiale è il perno del cambiamento: il 66% delle aziende prevede di assumere figure con competenze in IA, il 50% cambierà il proprio modello di business, il 40% punta a ridurre la forza lavoro nei settori automatizzabili.
Uno dei nuovi lavori è quello dell’addestratore di chatbot. Da mesi ormai LinkedIn Italia brulica di offerte di questo tipo. Tra le principali aziende che postano questi annunci c’è Outlier, una delle due controllate, insieme a Remotask, di Scale AI, startup con sede a San Francisco, fondata dai giovanissimi Alexandr Wang e Lucy Guo, che oggi ha contratti col dipartimento della Difesa statunitense. Non a caso a giugno, Meta ha investito 14,3 miliardi di dollari in Scale AI, acquisendone una quota di minoranza per potenziare lo sviluppo della propria intelligenza artificiale grazie al lavoro di migliaia di etichettatori e fornitori di feedback umano. Nel 2024 l’azienda impiegava già oltre 100 mila collaboratori, secondo il Wall Street Journal.
Il lavoro degli AI trainer rientra nel campo del Reinforcement Learning from Human Feedback . L’essere umano valuta le risposte del chatbot a partire da prompt testuali, fornendo giudizi, correzioni e suggerimenti. Un mestiere che richiede proprietà di linguaggio, capacità di sintesi e di analisi. I lavoratori di Scale AI sono freelance, vengono pagati a prestazione e le tariffe possono variare dai 20 dollari per i compiti più semplici, ai 50 per quelli che richiedono competenze più specifiche, come quelle Stem. In Italia ancora non esiste un codice Ateco che inquadri queste figure. Le nuove prestazioni vengono genericamente registrate come consulenze informatiche.
Nel frattempo dentro le aziende di tutto il mondo corre rapido il virus dell’automazione. Amazon ha superato il milione di robot nei propri magazzini. Sistemi come Vulcan, il braccio meccanico dotato di senso del tatto, accompagnano i lavoratori umani nelle operazioni quotidiane. La produttività media è aumentata sensibilmente rispetto al 2015, quando si spedivano circa 175 pacchi per addetto al giorno. Nei centri più automatizzati si superano oggi i 2.000 pacchi giornalieri.
A cambiare non è solo il lavoro, ma anche l’apprendimento. Secondo il Financial Times, nei grandi studi legali e nelle banche d’investimento intelligenza artificiale e smartworking stanno spezzando la catena del passaggio di competenze dai profili senior ai profili junior. I giovani alla prima esperienza lavorativa rischiano di non sviluppare il pensiero critico necessario per correggere gli errori dell’intelligenza artificiale.
La robotizzazione del lavoro sta lasciando a casa migliaia di persone. Il 2 luglio Microsoft ha annunciato il licenziamento di 9.000 dipendenti, pari al 4% della sua forza lavoro globale, al fine di investire ancora di più sull’automazione.
Tra i mestieri che più stanno scontando il prezzo dell’ingresso dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite sicuramente ci sono quelli legati all’insegnamento delle lingue. Due mesi fa, Duolingo, l’app per apprendere le lingue online diffusa in tutto il mondo, ha comunicato l’abbandono dei suoi collaboratori esterni per far spazio all’IA. Lo ha annunciato il ceo Luis von Ahn con una lettera pubblicata su LinkedIn. Lo stesso approccio è stato adottato da Shopify, la piattaforma online che permette di creare e gestire un negozio e-commerce. Il ceo, Tobi Lütke, ha scritto ai team che ogni richiesta di nuova assunzione dovrà dimostrare l’impossibilità di affidare il compito a un chatbot.
Anche il lavoro degli interpreti è a rischio. Una nuova funzione di Google Meet, presentata alla conferenza annuale Google I/O tenutasi a Mountain View, consente traduzioni simultanee realistiche, imitando tono, inflessione e voce dell’utente. Così anche per parlare con un interlocutore straniero non ci sarà più bisogno di un interprete.
Sono le stesse aziende che sviluppano i chatbot a lanciare segnali di preoccupazione. Secondo Dario Amodei, ceo di Anthropic, nei prossimi cinque anni l’IA potrebbe eliminare il 50% dei ruoli impiegatizi di primo livello negli Stati Uniti, causando una disoccupazione tra il 10% e il 20%. Il pericolo, secondo Amodei, è che governi e aziende non stiano preparando contromisure per una transizione equa.
Ma non sempre l’automazione funziona. Due anni fa, Klarna, l’app svedese che permette di comprare online e pagare in seguito, ha licenziato centinaia di operatori del customer service, sostituendoli con Chatgpt. Nel maggio di quest’anno il fondatore, Sebastian Siemiatkowski, ha ammesso che la mossa è stata un errore perché la qualità è calata.
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