Nello sport spesso la cronaca diventa sogno. E ciò accade quando le sfide sembrano impossibili, quando si sovvertono i pronostici, quando gli ultimi battono i primi. La vicenda dello SwattClub, società ciclistica amatoriale che poche settimane fa ha vinto il titolo italiano assoluto di ciclismo a Gorizia con Filippo Conca, davanti ad atleti di team professionistici, già così è una storia a lieto fine. Già così è un’avventura coraggiosa con un budget limitato di 90mila euro contro squadre potenti che per una stagione investono fino a 40 milioni, con strutture che coinvolgono centinaia e centinaia di persone tra tecnici, meccanici, medici, nutrizionisti… In realtà da raccontare sullo SwattClub c’è molto altro perchè questa «impresa» (sportiva ma anche imprenditoriale) che nasce dall’intuito, dall’ingegno e dalla passione di un gruppo di ragazzi spiega, con i fatti, come oggi si possa trasformare in «business» un’idea anche navigando controcorrente con mezzi e risorse limitati e strutture fai-da-te.
L’idea dello SwattClub nasce una decina di anni fa su una cabinovia a Santa Caterina Valfurva quando, Carlo Beretta e Francesco de Candido, che avevano appena finito di gareggiare nei campionati italiani giovanili di sci, decidono di trasferire i loro discorsi e la loro passione sportiva in un «blog» di cui hanno già in mente il nome: «Solowattaggio». A loro si uniscono Michele Garbin e Timothy Bonapace e il blog, che all’inizio è solo un gioco da ragazzi, prende corpo e soprattutto fa tantissimi contatti. E’ quello il «seme». Che in pochi anni «germoglia» e nel 2017 diventa un’altra cosa, ciòè «Swatt» una piccola squadra ciclistica con una trentina di iscritti e una E-Commerce che inizia a produrre e a vendere on line una propria linea di abbigliamento molto stilosa dai disegni e dai color stilizzati ma soprattutto senza sponsor, senza scritte, senza marchi come usa da sempre nell’abbigliamento ciclistico delle squadre. Potere di un’idea, di un’utopia e delle nuove tecnologie che da Milano a Palermo uniscono la passione al tempo di un «clic» e così in pochi anni lo SwattClub diventa la squadra ciclistica amatoriale più numerosa d’Italia e probabilmente d’Europa con oltre 1.190 iscritti.
«Non credo che ci sia un segreto- spiega il presidente Carlo Beretta– Certo che ciò che ci lega e che probabilmente ha fatto da collante è stata la passione, lo spirito, il fatto che andiamo alle corse per divertirci. Che poi non significa che se arriviamo alle gare con il furgone e la musica a “palla“ non siamo professionali, perché poi quando si deve fare sul serio ci mettiamo tutta la professionalità e la competenza che serve».
Una sfida al ciclismo costituito, ad un mondo in cui si fa fatica ad entrare, ad una comunicazione che ti guarda dall’alto in basso, a telecronisti che fanno sberleffi, che ti liquidano come un gruppo di «fissati» ma soprattutto una nuova via per arrivare nel ciclismo che conta. Tant’è che un paio di anni fa la SwattClub fa un altro salto di qualità: non più solo gare amatoriali e granfondo ma una squadra «Elite» per provare a correre tra i professionisti. «L’idea nasce per dare una seconda chance a quei ragazzi che per varie vicissitudini erano rimasti senza contratto ma avevano voglia di riprovarci- spiega Beretta- atleti che a 24 o 25 anni già venivano considerati ’vecchi’. Volevamo andare a correre dove contava, ovviamente con i nostri pochi mezzi. Senza logistica, senza bus, senza uno staff vero e proprio con massaggiatori che sono nostri iscritti, con un ds come Giorgio Brambilla che lo fa in amicizia, senza pagare stipendi ma dando la possibilità ai nostri corridori di potersela giocare, di poter dimostrare che, anche se per qualsiasi ragione avevano perso un treno non erano alla fine della loro corsa, che c’era la possibilità di una rivincita…». Detto fatto. Il budget è di 90mila euro, poco ma non pochissimo. Fondi utilizzati perlopiù per organizzare le tasferte, per gestire la logistica, per le spese vive di alimentazione e trasporto.
«Non paghiamo i materiali – spiega Beretta- Perché abbiamo sponsor come Giant per le bici, Cadex per le ruote, Laser per i caschi, Shimano per i gruppi e Pirelli per le gomme che ci assistono. E non paghiamo neppure gli stipendi anche se ora dopo la conquista del titolo italiano qualche premio agli atleti lo daremo…».
Tricolore che qualcosa cambia. Che porterà lo Swatt ad alzare ancora un po’ l’asticella. «Puntiamo a diventare una squadra Continental – anticipa Beretta- A definire un po’ meglio il nostro staff tecnico con un direttore sportivo a tempo pieno ed altri due figure tecniche. No, non credo che ci sia il rischio che il nostro movimento si snaturi. Resto convinto che la mentalità di chi crede che se uno fa ciclismo deve fare ciclismo e basta, tutto il giorno, tutti i giorni si possa cambiare. Si può fare ciclismo ma in qualche caso si può anche studiare, lavorare. Si può fare ciclismo come lo intendiamo noi. Chi va in bici in un certo modo è Swatt nello spirito. E non è neppure necessario che indossi la nostra maglia…
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