Stessa spiaggia e stesso mare. Ma con abitudini differenti. L’estate italiana cambia volto: il tradizionale schema delle ferie concentrate attorno a ferragosto mostra infatti segni di trasformazione. Secondo una recente indagine Ipsos, nel 2025 il 27% degli italiani ha scelto il mese di luglio per andare in vacanza, mentre il 28% ha optato per agosto. Un sostanziale pareggio, se non fosse che la preferenza per luglio è cresciuta del 7% rispetto all’anno precedente. Il motivo di questo spostamento è facilmente intuibile: le ondate di caldo estremo, i costi elevati e l’affollamento delle principali località turistiche rendono agosto sempre meno attrattivo per chi cerca relax e qualità del tempo libero. Anche le aziende, del resto, soffrono le criticità legate alla sovrapposizione delle assenze, che rischiano di compromettere la continuità operativa.
Allargando lo sguardo al trimestre estivo, l’indagine Ipsos Future4Tourism rivela che il 72% degli italiani ha pianificato le proprie vacanze tra luglio e settembre 2025, in calo di quattro punti percentuali rispetto al 76% registrato nel 2024. Un altro elemento di novità è rappresentato dalla crescita dei long weekend, che si stanno progressivamente affermando come alternativa alle ferie lunghe e concentrate. Una scelta che consente una migliore distribuzione del tempo libero durante l’anno e una minore incidenza sulle attività produttive.
A confermare quanto l’Italia debba ancora evolversi nella gestione del tempo di lavoro è il confronto con i Paesi del Nord Europa. In Svezia, ad esempio, i lavoratori hanno diritto a 25 giorni di ferie all’anno e possono usufruire fino a quattro settimane consecutive tra giugno e agosto. Tuttavia, queste assenze vengono distribuite in modo bilanciato tra il personale, per garantire la piena operatività delle aziende, seppure a ritmi ridotti. Non esistono picchi estremi di assenza, né situazioni in cui interi uffici restano chiusi o paralizzati per settimane.
Questa evoluzione nelle abitudini ferie non è soltanto una questione culturale, ma ha risvolti economici rilevanti. Una migliore distribuzione delle assenze durante i mesi estivi può infatti contribuire a ridurre i picchi di inattività, a contenere i costi legati alla gestione straordinaria del personale e a garantire una maggiore stabilità produttiva. Per molte imprese, in particolare nel settore manifatturiero e nei servizi, riuscire a mantenere operativi almeno alcuni reparti durante i mesi estivi può peraltro fare la differenza in termini di competitività. Perché gli affari, si sa, non vanno mai in vacanza.
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