Apple investirà 100 miliardi di dollari nella produzione nazionale negli Stati Uniti. Lo riporta Bloomberg. L’annuncio, diffuso oggi da un funzionario della Casa Bianca, include un nuovo programma industriale che punta a riportare una parte significativa della filiera produttiva dell’azienda sul suolo americano. L’obiettivo è produrre a livello nazionale componenti critici finora realizzati all’estero. Dopo la notizia, il titolo ha guadagnato in borsa fino al 4%.
Trump all’inizio dell’anno aveva minacciato l’azienda di Cupertino di dazi al 25% se non avesse ceduto a spostare la produzione negli stati Uniti. I prodotti principali di Apple, come il celeberrimo e vendutissimo iPhone, sono prevalentemente prodotti in Cina e in India. L’ad Tim Cook nei mesi scorsi aveva annunciato l’intenzione di investire 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni, che includeranno lavori per un nuovo stabilimento di produzione di server a Houston, un’accademia per fornitori in Michigan e ulteriori investimenti con i suoi fornitori esistenti nel Paese. L’annuncio di oggi porterà l’impegno cumulativo di Apple a 600 miliardi di dollari.
Il travagliato rapporto tra Trump e la Mela morsicata
Trump fin dalla sua prima campagna elettorale nel 2016 sostiene che Apple debba riportare la produzione in patria. Nel 2019, grazie ai numerosi contatti personali fra Trump e Tim Cook, Apple era riuscita ad ottenere esenzioni da tariffe sugli iPhone e su altri dispositivi di punta. Nonostante le tensioni, Trump ha spesso rilanciato la sua stima per Cook e Apple come grande azienda americana e Cook come persona molto rispettata.
La produzione in India
Durante la call sui risultati del secondo trimestre fiscale, tenutasi il 31 luglio, Tim Cook ha dichiarato che la maggior parte degli iPhone venduti negli Stati Uniti nel trimestre precedente è stata prodotta in India.
L’annuncio ha confermato quanto già anticipato dallo stesso Cook lo scorso 2 maggio: l’intenzione di trasferire una quota significativa della produzione fuori dalla Cina. La decisione rientra in una strategia di lungo termine volta a diversificare la catena produttiva e ridurre l’esposizione alle tariffe imposte dagli Stati Uniti sui beni cinesi.
Attualmente, tra il 15 e il 18% degli iPhone distribuiti a livello globale viene assemblato in India, ma fino ad oggi la quota si stimava essere in espansione. Foxconn e Tata sono i principali partner industriali coinvolti, con nuovi investimenti destinati all’ampliamento degli impianti produttivi.
Il giorno prima, il 30 luglio, durante un comizio in Michigan e in un’intervista al Wall Street Journal, Donald Trump ha annunciato l’introduzione di un dazio del 25% su tutte le importazioni provenienti dall’India, a partire dal primo agosto.
La misura, ha spiegato il presidente, è una risposta alla decisione del governo indiano di continuare ad acquistare petrolio, e in misura minore armamenti, dalla Russia, nonostante le sanzioni occidentali ancora in vigore. Trump ha definito questa scelta inaccettabile da parte di un alleato strategico come l’India, e ha promesso ulteriori dazi punitivi se New Delhi non cambierà rotta.
Secondo quanto riportato dal Financial Times, il dazio del 25% rappresenta solo la prima mossa di una strategia più ampia per disincentivare i legami economici tra India e Russia. A questa misura seguirà una penalità speciale, di cui non è stata ancora definita l’entità, destinata a colpire direttamente le aziende coinvolte nell’import-export di greggio russo. Le nuove tariffe rischiano di colpire settori chiave dell’export indiano verso gli Stati Uniti, tra cui farmaceutica, acciaio e componentistica elettronica.
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