I titoli tecnologici hanno registrato ieri forti perdite sia a Wall Street sia sui listini europei, a testimonianza di come sia nell’aria il timore che l’eccessivo entusiasmo dei mercati per l’intelligenza artificiale esponga a pericolose oscillazioni e repentini cali di fiducia. Negli Usa Palantir ha ceduto il 9,4 per cento, segnando la peggiore performance dello S&P. Nvidia ha perso il 3,5 per cento, Oracle il 5,8 per cento, mentre Arm è calato del 5 per cento. La debolezza si è rapidamente riflessa in Europa: Stmicroelectronics ha chiuso a -0,73 per cento sul Ftse Mib, va male anche Infineon Technologies (-0,40 per cento), Sap (-0,82 per cento) e Asml (-0,18 per cento) ad Amsterdam.
Il report MIT
A pesare sugli umori degli investitori è il rapporto State of AI in Business 2025, pubblicato dal Massachusetts Institute of Technology. La ricerca evidenzia che, nonostante la rapida diffusione di strumenti di intelligenza artificiale generativa come Chatgpt e Copilot, il 95 per cento delle aziende non ottiene alcun ritorno concreto dagli investimenti in GenAI. Solo il 5 per cento dei progetti pilota integrati produce valore misurabile, con ritorni milionari, mentre la maggioranza resta ferma ai nastri di partenza, senza impatto sui conti aziendali.
Il report parla di una vera e propria “GenAI Divide”: strumenti generici aumentano la produttività individuale, ma non incidono sui margini operativi, mentre i sistemi personalizzati vengono spesso respinti. Solo il 20 per cento delle aziende arriva a testarli e appena il 5 per cento li porta in produzione, principalmente a causa della difficoltà di integrazione nei flussi di lavoro, della scarsa capacità di apprendimento contestuale e della limitata adattabilità.
Settori e progresso concreto
Ma il quadro è fortemente disomogeneo, tra nove comparti analizzati, solo tecnologia e media mostrano segnali di trasformazione strutturale. In ambito sanitario, finanziario, retail e manifatturiero, l’adozione resta superficiale, limitata a sperimentazioni senza un impatto rilevante. I risparmi reali si concentrano soprattutto sulla riduzione dei costi per servizi esterni, stimati tra 2 e 10 milioni di dollari l’anno in customer service e eleborazione di documenti.
A spaventare i mercati c’è il fatto che l’allerta sull’eccessivo entusiasmo degli investitori per l’IA arriva anche dai vertici del settore. Sam Altman, ceo di OpenAi, ha recentemente avvertito che potrebbe essere in corso la formazione di una bolla dell’AI, parlando di fasi di entusiasmo irrazionale che rischiano di far perdere molti soldi agli investitori.
NVIDIA, la prima società a superare i 4.000 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato e leader dell’ondata tecnologica dell’intelligenza artificiale, è attualmente scambiata a un prezzo superiore rispetto ai suoi fondamentali. “Riteniamo che questo non sia indicativo di una bolla”, commenta Richard Clode, CFA, Portfolio Manager di Janus Henderson Investors
“Questa volta – prosegue -, alcune delle valutazioni elevate sono sostenute da ricavi e utili solidi, a differenza di molte aziende nel 2000, che avevano bruciato i loro finanziamenti senza mai vedere un dollaro di profitto. Oltre a NVIDIA, prevediamo che nei prossimi anni ci saranno molti altri nuovi leader nel settore dell’IA. Poiché in futuro utilizzeremo tutti sempre più l’IA, si apriranno nuovi e più ampi mercati in crescita in cui la tecnologia potrà conquistare quote di mercato e continuare a superare il resto del mercato in termini di crescita degli utili”.
Leggi anche:
–Sam Altman: “l’intelligenza artificiale è in una bolla speculativa e farà perdere miliardi”
–Gli americani temono che l’intelligenza artificiale toglierà lavoro a tantissime persone
© Riproduzione riservata