Gli occhi dei mercati questa settimana sono puntati sul Simposio di Jackson Hole, l’evento annuale che richiama a raccolta negli Stati Uniti banchieri centrali, economisti e politici di primo piano. La tre giorni comincia giovedì 21 agosto e si chiude sabato 23, ma tutti attendono con il fiato sospeso venerdì 22, quando Jerome Powell, governatore della banca centrale degli Stati Uniti, salirà sul palco nel Wyoming per il suo intervento cruciale.
Che cos’è il Simposio di Jackson Hole e perché è importante
Il Simposio di Jackson Hole è un evento economico annuale che si tiene a Jackson Hole, appunto, nel Wyoming, Stati Uniti. Organizzato dalla Federal Reserve Bank di Kansas City, riunisce banchieri centrali, economisti, politici e operatori finanziari di tutto il mondo. È un’occasione in cui i principali decisori politici e finanziari si confrontano, creando un ambiente unico per discutere le sfide economiche globali. È quindi molto più di una conferenza.
Durante il simposio, si discutono temi chiave legati all’economia globale, alla crescita, all’inflazione e, soprattutto, alle strategie delle banche centrali. Qui spesso si anticipano segnali sulle future mosse di politica monetaria, come cambi nei tassi di interesse. Gli interventi, in particolare quelli del presidente della Federal Reserve (la banca centrale degli Strati Uniti), sono molto seguiti dagli investitori. Un discorso o un annuncio possono influenzare fortemente le aspettative sui mercati, causando oscillazioni importanti su azioni, obbligazioni, valute e materie prime. In un’era dove le politiche monetarie giocano un ruolo sempre più strategico, Jackson Hole resta l’evento di riferimento.
Discorso storici e svolte decisive
Quello di Jackson Hole è un evento che negli anni ha segnato punti di svolta storici. Tra i più importanti, quello del 2010, quando Ben Bernanke, allora presidente della Federal Reserve, annunciò il quantitative easing, cioè l’acquisto massiccio di titoli di stato e asset per stimolare l’economia dopo la crisi finanziaria globale del 2008. Un messaggio che rilanciò la fiducia dei mercati. Più recentemente, nel 2018, Powell usò questo palco per confermare la strada della normalizzazione dei tassi, dopo anni di tassi quasi a zero, scatenando volatilità e tensioni sui mercati.
Durante la pandemia, nel 2020, Powell introdusse l’average inflation targeting, una svolta nella gestione dell’inflazione: non più un obiettivo rigido al 2%, ma una media da raggiungere nel tempo, insieme a un concetto più inclusivo di occupazione. Fu la base per la ripresa dei mercati. Nel 2022, invece, Jackson Hole fu teatro della svolta restrittiva della Fed, con un rapido rialzo dei tassi che fece crollare l’S&P 500 di oltre il 3% in un giorno, innescando una lunga fase di correzione. Solo nel 2024, con un cambio di strategia verso tagli dei tassi, i mercati hanno ritrovato slancio.
Insomma Jackson Hole è una delle occasioni più importanti per capire la direzione futura della politica economica globale, e per questo ha un impatto notevole sui mercati finanziari.
La prova del Wyoming per Powell
Anche quest’anno Jackson Hole sarà il banco di prova per Powell, atteso nel suo discorso di venerdì. Con la Fed ferma fino a metà settembre (prossima riunione il 16-17 settembre), ogni parola del governatore sarà scrutata alla ricerca di indizi su un possibile taglio dei tassi. Il governatore si trova al crocevia: dati sul lavoro più deboli del previsto ma inflazione ancora alta, un mix che rende complicata ogni decisione. Probabilmente sarà il suo ultimo intervento a Jackson Hole, dato che il mandato scade a maggio.
“Tra le pressioni di Trump e le aspettative dei mercati, Powell dovrebbe cedere e lasciar intendere che il ciclo di tagli ai tassi riprenderà”, sostiene Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac. Dello stesso avviso anche Michaël Lok, co-ceo asset management di Ubp: “Manteniamo la nostra previsione di due tagli dei tassi nel secondo semestre del 2025, il primo dei quali a settembre, alla luce dell’indebolimento del mercato del lavoro e del rallentamento della domanda interna”. I mercati sembrano d’accordo: la probabilità di un taglio già il prossimo mese è all’85%.
Non solo Fed, cosa aspettarsi dalla Bce
Mentre negli anni passati le banche centrali si trovavano ad affrontare sfide simili, l’incontro di quest’anno si svolge in un contesto molto diverso. Questa dinamica è particolarmente evidente per le principali banche centrali come la Federal Reserve e la Banca centrale europea (Bce). Quest’ultima ha sottolineato che non ritiene necessario adottare ulteriori misure, a meno che l’economia dell’Eurozona non subisca un deterioramento peggiore delle attese. “Se la crescita economica raggiungerà l’1% il prossimo anno, l’inflazione si stabilizzerà intorno al 2% e la situazione riguardo ai dazi non peggiorerà, è improbabile che la Bce introdurrà ulteriori misure”, prevede Andrew Jackson, capo investimenti di Vontobel. Una nuova sforbiciata potrebbe essere giustificata solo in caso di frenata dell’economia. Uno scenario che potrebbe verificarsi il prossimo anno se la crescita in Paesi come la Germania e la Francia fosse inferiore alle aspettative.
Il lavoro al centro dell’attenzione di quest’anno
Banche centrali a parte, il tema di quest’anno a Jackson Hole è “Mercati del lavoro in transizione: demografia, produttività e politica macroeconomica”. Un argomento caldo, visto che i cambiamenti demografici, l’avanzata dell’intelligenza artificiale, l’invecchiamento della popolazione e la trasformazione del capitale umano stanno riscrivendo le regole del mercato del lavoro. L’impatto delle scelte governative in America stanno già incidendo su disponibilità e qualità della forza lavoro. Le politiche restrittive sull’immigrazione dell’amministrazione Trump stanno comprimendo la disponibilità di manodopera mentre gli effetti delle politiche del Doge gravano sull’occupazione pubblica.
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