Nonostante qualche battuta d’arresto recente, l’oro è destinato a brillare ancora. Dopo un inizio d’anno scoppiettante e il picco toccato ad aprile a quota 3.500 dollari l’oncia, nel pieno della guerra commerciale, il metallo prezioso ha perso leggermente quota, arretrando di circa il 3% dal suo record. Ora si muove in un canale stretto, incapace di superare la soglia dei 3.450 dollari. Ma secondo Ubs, il rally potrebbe essere dietro l’angolo.
La banca d’affari svizzera, infatti, ha rivisto al rialzo le sue previsioni, stimando che entro giugno 2026 l’oro possa toccare i 3.700 dollari l’oncia, superando la precedente stima di 3.500. “Riteniamo che l’oro riprenderà la corsa al rialzo nel corso del prossimo anno”, spiega Mark Haefele, Chief Investment Officer di Ubs Global Wealth Management.
I due motori per il rally dell’oro
Dietro la visione positiva di Ubs ci sono tre motivi chiave. Il primo riguarda i rendimenti reali in calo e il dollaro più debole. Con l’inflazione che inizia a riflettere gli effetti dei dazi e una Federal Reserve orientata a nuovi tagli dei tassi, soprattutto in un contesto di mercato del lavoro indebolito (il mercato prevede un nuovo taglio nella riunione di metà settembre), gli analisti si aspettano un’ulteriore riduzione dei rendimenti reali. “Storicamente, l’oro si muove in direzione opposta al dollaro, e l’indebolimento della valuta Usa nei prossimi mesi è uno scenario plausibile” con la Fed prossima a un nuovo allentamento della politica monetaria, sottolineano da Ubs.,complici anche le crescenti preoccupazioni sulla sostenibilità del bilancio federale statunitense.
Secondo fattore: la domanda di oro resta robusta. Le attese di minori rendimenti e un dollaro più debole hanno già riacceso l’interesse degli investitori, come conferma il World Gold Council: nella prima metà del 2025 si sono registrati i maggiori afflussi verso gli Etf sull’oro dal 2010. Ubs ha quindi ritoccato al rialzo la stima sulla domanda annuale di Etf, portandola a 600 tonnellate, con un incremento del 33%. Anche le banche centrali restano acquirenti netti, spinte da una continua strategia di de-dollarizzazione. Quasi tutte intendono aumentare o almeno mantenere invariate le proprie riserve auree, secondo un recente sondaggio del WGC.
Nel complesso, Ubs stima che la domanda globale di oro salirà del 3% nel 2025, toccando 4.760 tonnellate, il massimo dal 2011. “In un mondo attraversato da tensioni economiche, geopolitiche e politiche, l’oro continua a rappresentare una valida copertura di portafoglio”, commenta Haefele. Il metallo ha infatti registrato un rialzo del 26% quest’anno e sovraperformato i principali indici azionari e obbligazionari, offrendo protezione in un contesto di elevata incertezza.
Il contesto resta fragile
Anche se i mercati sembrano aver tirato un sospiro di sollievo, le incertezze non sono sparite. Ubs ricorda che un’intesa tra Russia e Ucraina è ancora lontana, mentre il presidente americano Donald Trump promette sicurezza a Kiev. Intanto, gli effetti reali della guerra commerciale e dei dazi americani devono ancora dispiegarsi, e il deficit fiscale Usa continua a essere fonte di inquietudine. A ciò si aggiungono dubbi sull’effettiva indipendenza della Fed.
In questo scenario, la casa d’affari svizzera considera un’esposizione all’oro come parte fondamentale di una strategia di diversificazione. “Un’allocazione adeguata può migliorare la resilienza di un portafoglio”, precisa Haefele che non esclude un aumento dell’oro anche a 4.000 dollari all’oncia in caso di forte deterioramento del quadro geopolitico o macroeconomico.
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