Il grande esodo non è solo dalle ferie, ma anche da catene di montaggio e scrivanie. Entro il 2029 saranno infatti più di 3 milioni i lavoratori italiani che andranno in pensione. A conti fatti, oltre 12 lavoratori su cento.
A non timbrare più il cartellino saranno per l’esattezza il 12,5% totale nazionale. Quasi sempre ad accoglierli ci sarà l’assegno dell’Inps ma c’è anche di si ritirerà dal lavoro volontariamente. Completano il quadro qualche cervello in fuga all’estero e chi rinuncerà al posto fisso per diventare autonomo.
Facendo uno spaccato dei 3 milioni di lavoratori prossimi pensionandi, va detto che più di 1,6 milioni sono oggi al lavoro nelle imprese del settore privato (pari al 52,8% del totale da sostituire), mentre 768.200 sono nell’Amministrazione pubblica (25,2%) e 665.500 sono lavoratori autonomi (21,9 per cento).
Un esodo di grande proporzioni che, secondo la Cgia di Mestre, dovrebbe accendere la spia di allarme sul pannello di controllo del Paese per le proprie conseguenze socio-economiche.
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Costi dell’Inps a parte sul debito pubblico, è infatti noto quanto già oggi chi fa impresa fatichi a trovare personale specializzato e disponibile a recarsi in fabbrica o in cantiere.
Situazione che non può che peggiorare, proseguono gli artigiani mestrini che hanno estrapolato i dati dall’elaborazione realizzata dal Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
In valore assoluto, le regioni più coinvolte dalla domanda di sostituzione saranno anche per questioni anagrafiche Lombardia, Lazio e Veneto. Ma quello che più colpisce è il fatto che sette rimpiazzi su dieci (quasi 2.205.000 lavoratori) riguarderanno i servizi.
La conseguenza è che le imprese si contenderanno sempre di più lavoratori formati, anche perché l‘indice di azianità è in accelerazione, soprattutto nelle ragioni più piccole.
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