Piatto che piange per la fiscalità italiana, solo il 17,7 per cento della raccolta derivante dai controlli sull’evasione fiscale si traduce in incassi effettivi per lo Stato: a fronte di 72,3 miliardi evasi accertati nel 2024 sono stati versati solo 12,8 miliardi. Lo mette in luce l’analisi della Corte dei Conti sulle entrate dello Stato. Le cartelle esattoriali hanno un incasso fermo al 3,1 per cento. Su 40,7 miliardi di debito, gli importi risarciti ammontano appena a 1,3 miliardi. Secondo la Corte il fenomeno potrebbe essere altamente correlato a “radicate aspettative di successive rottamazioni o al convincimento di poter eludere la successiva azione esecutiva”.
Dei 9 milioni di contribuenti con attività imprenditoriali, autonome o professionali solo poco più di 129 mila hanno ricevuto un controllo degli ispettori fiscali nel 2024. In un intero anno sono stati controllati solo l’1,4 per cento dei contribuenti. Si tratta in media di circa un contribuente su settantuno. In pratica, senza accelerazioni, sarebbe necessaria una rotazione di 71 anni per controllare tutti. Il dato, ovviamente, non tiene conto delle altre tipologie di accertamento. “Risulta dunque del tutto evidente – afferma la Corte – come le probabilità di essere concretamente soggetti a controllo siano molto ridotte”.
La rilevazione mostra che nel 2024 i controlli in alcuni comparti hanno interessato meno dell’1 per cento dei soggetti. Nell’agricoltura solo lo 0,3 per cento È il caso dell’agricoltura che si ferma allo 0,3 per cento, dei servizi allo 0,6 per cento e delle famiglie come datori di lavoro domestico (0,5 per cento). Percentuali leggermente più alte si registrano nell’industria manifatturiera (2,3 per cento), nelle attività finanziarie e assicurative (2,5 per cento) e nella gestione di acqua e rifiuti (2,9 per cento). Restano invece intorno all’1,3 per cento i controlli sulla sanità e l’assistenza sociale, all’1,4 per cento per alloggi e ristorazione, all’1,6 per cento per agenzie di viaggio, noleggi e attività professionali e scientifiche; all’1,7 per cento per costruzioni, commercio e fornitura di energia elettrica.
Un focus specifico riguarda i contribuenti soggetti agli indici sintetici di affidabilità, in gran parte piccole e medie imprese. L’analisi prende in esame dieci attività a maggiore concentrazione di soggetti. Qui emerge una frequenza di controlli ancora più ridotta: circa uno ogni 20 contribuenti nelle costruzioni o nel commercio intermedio e uno ogni 50 per studi medici, laboratori di analisi, installatori di impianti e agenzie immobiliari. Una scarsa incidenza che va letta anche alla luce delle definizioni agevolate previste dal sistema.
Nel bilancio emerge anche il capitolo delle indagini finanziarie, cioè i controlli che includono l’analisi di conti correnti e investimenti. Nel 2024 sono state autorizzate 4.558 verifiche, in crescita rispetto alle 3.540 del 2023. Queste hanno portato a un aumento delle imposte accertate, passate da 176 a 248 milioni di euro. Tuttavia, l’incremento non si è tradotto in maggiore gettito effettivamente riscosso: dagli incassi di 13,2 milioni del 2023 si è scesi a 5,1 milioni nel 2024, con un calo del 61,4 per cento.
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