Una tazzina di caffè al bar potrebbe costare 2 euro entro la fine dell’anno. Stiamo parlando di un’impennata superiore al doppio rispetto a cinque anni fa, raccontata dal report del Centro studi di Unimpresa. Dal 2020 il costo del caffè è salito da 0,87 a oltre 1,30 euro, con punte a 1,43 euro in alcune città del Nord.
Cambiamenti climatici, inflazione e costi energetici
Il Brasile e il Vietnam sono i due Paesi che insieme producono la metà del caffè mondiale e negli ultimi anni sono stati afflitti da piogge torrenziali (in Brasile) e siccità estrema (in Vietnam). Per questo lo scorso anno il prezzo dei chicchi grezzi è aumentato fino all’80% e conseguentemente si è scatenata la speculazione finanziaria, con i futures sull’Arabica hanno toccato livelli record. A questi si è aggiunto l’incremento dei costi energetici, con gas ed elettricità che pesano fortemente sulla fase di torrefazione, e quello della logistica internazionale, appesantita dalle congestioni nei porti strategici come Suez e dal raddoppio dei noli marittimi.
L’inflazione ha dato il colpo di grazia, gonfiando i costi per imballaggi e manodopera, e la speculazione finanziaria ha accentuato la volatilità dei mercati: nel 2024 i futures del Robusta hanno superato i 4.000 dollari a tonnellata, e nell’agosto 2025 l’Arabica ha sfiorato i 360 dollari per libbra, con un rialzo annuo superiore al 40%. Infine, le nuove normative europee contro la deforestazione hanno imposto agli importatori sistemi di tracciabilità e certificazioni che, se da un lato rafforzano la sostenibilità ambientale, dall’altro comportano costi aggiuntivi soprattutto per i piccoli produttori, trasferiti a cascata sui listini finali.
Dal 2020 a oggi
Secondo il Centro studi di Unimpresa, dal 2020 al 2025 il prezzo del caffè in Italia ha seguito una traiettoria di crescita costante, fino a prospettare, entro la fine dell’anno in corso, la soglia simbolica dei 2 euro per una tazzina al bar.
Nel 2020 il prezzo medio di un espresso era di appena 87 centesimi, in un contesto pre-pandemico caratterizzato da stabilità dei costi e da una sostanziale calma sui mercati internazionali. La ripresa seguita al Covid, con i primi segnali di tensione sui trasporti e sulle materie prime, ha portato nel 2021 a un rialzo fino a 1,03 euro. La spinta non si è fermata: nel 2023 la media nazionale ha toccato 1,18 euro, con forti differenze territoriali – dai 99 centesimi di Catanzaro agli oltre 1,30 euro di Trento e Bolzano – a testimonianza di un Paese spaccato anche davanti a un rito universale come il caffè. Nel 2024 si è toccata la soglia di 1,30 euro, un livello che rappresenta un incremento del 40% rispetto al 2020, trainato dall’impennata dei futures sul caffè, arrivati a quasi 5.700 dollari a tonnellata. All’inizio del 2025 il prezzo medio nazionale si è assestato intorno a 1,22 euro, con punte di 1,43 a Bolzano, ma le proiezioni indicano che nel corso dell’anno la tazzina potrebbe avvicinarsi alla soglia dei 2 euro.
Consumi in Italia
Gli italiani nonostante i prezzi elevati sono ancora grandi bevitori di caffè, con 327 milioni di chili di verde ogni anno, pari a 5,5 chili pro capite. Da non dimenticare però che l’impoverimento della popolazione si fa sentire anche sulla pausa tipica del nostro Paese: tra il 2022 e il 2024 si è registrato un calo del 6,9% dovuto alla perdita di potere d’acquisto.
Cresce ancora il segmento delle capsule e delle cialde continua a crescere, rappresentando ormai il 16,2% delle vendite nella grande distribuzione. Il valore complessivo del settore ha raggiunto i 5,2 miliardi di euro nel 2025 e si stima che possa superare i 6 miliardi entro il 2030, con un export che già oggi vale 2,3 miliardi. Le previsioni restano tuttavia incerte. Alcune previsioni vanno in senso opposto ipotizzando una possibile inversione nella seconda metà dell’anno o nel 2026, grazie a buoni raccolti in Brasile e Colombia e a un allentamento delle norme ambientali. Anche la Banca Mondiale prevede per quest’anno un aumento del 50% dei chicchi di Arabica e del 25% del Robusta, seguito però da un calo tra il 9 e il 15% nel 2026.
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