Quello dell’Ilva è sicuramente un caso unico in Europa, ma Oltralpe c’è chi le fa “concorrenza”. La società siderurgica francese Ascometal (oggi NovAsco), società francese specializzata nella produzione di laminati piani in acciaio speciale, è infatti al suo quarto fallimento in 11 anni e non riesce a trovare un rilancio duraturo seppur, in questi anni, alcuni asset siano stati salvati e rilanciati. Ad esempio, il gruppo italiano Marcegaglia, a maggio 2024, si è aggiudicata lo stabilimento di Fos-sur-Mer mantenendo i dipendenti e investendo 600 milioni di euro nel sito dell’area del Grand Port di Marsiglia. Un destino che non toccherà però a tutta l’azienda che, un anno dopo, è composta da quattro siti industriali situati a Hagondange (450 dipendenti), Dunkerque (161 dipendenti), Custines (51 dipendenti) e Saint-Etienne (37 dipendenti).
La storia di questo gruppo e del suo poker di fallimenti arriva da lontano. E l’ultimo atto riguarda l’ennesima amministrazione controllata decisa ad agosto. Con un fabbisogno di finanziamenti di circa 200 milioni di euro, secondo l’entourage del ministero dell’Industria francese, l’azienda è di nuovo in cerca di un cavaliere bianco. E questo, appena un anno dopo l’acquisizione da parte del fondo britannico Greybull Capital. Insomma, l’azienda specializzata in acciai speciali per l’industria automobilistica e meccanica non trova pace. Allo stato attuale sono state presentate due offerte e due lettere di intenti. Le prime due dal gruppo Europlasma, con sede nelle Landes, e dall’azienda industriale Métal Blanc. La seconda dal gruppo industriale lionese ACI e da Greybull. Nessuna di queste offerte si è posizionata per un’acquisizione totale del gruppo, e nessuna include Hagondange e i suoi 450 dipendenti che, a questo punto, rischiano davvero gli effetti di una chiusura non reversibile. Insomma, non solo un ulteriore spezzatino è vicino ma anche la chiusura di parte dei siti.
Nel tempo Ascometal ha vissuto diversi chiari di luna, ma soprattutto una ridda di cambi di proprietà impressionante. Nata nel 1984 dalla fusione delle attività di acciai speciali di Usinor e Sacilor, due compagnie statali francesi, come parte di un piano di ristrutturazione industriale, nel 1995 viene privatizzata con Usinor-Sacilor. Nel 1999 Ascometal viene venduta al Gruppo Lucchini, poco prima della fusione tra Usinor, Arbed e Aceralia, che porterà alla creazione di Arcelor. Sotto la nuova proprietà, non riesce a mantenere gli stessi livelli produttivi, registrando un calo della produzione e utili negativi. Nel 2012,il Gruppo Lucchini vende Ascometal al fondo di Private Equity “Apollo”, nel 2018 gli asset di Ascometal (tra cui gli stabilimenti di Hagondange e Marcus) vengono acquisiti dal Gruppo svizzero Schmolz+Bickenbach.
Nel 2020, Schmolz+Bickenbach cambia nome in Swiss Steel Holding AG, diventando l’attuale proprietario degli asset di Ascometal. Un anno fa la cessione al fondo Uk e nel 2025 l’ennesima amministrazione straordinaria.
Perché tutti continuano a scappare? A conti fatti sembrerebbe che l’intero complesso sia insostenibile e che lo spezzatino sia invece l’opzione migliore. Il caso del rilancio Marcegaglia insegna che non è l’opzione peggiore, anzi. Nel sito francese, il progetto del gruppo italiano ha l’obiettivo di portare ad un aumento significativo della produzione del forno elettrico sino a 1-1,2 milioni di tonnellate di acciaio, grazie anche a un impianto di colata continua bramme e a un impianto all’avanguardia per la laminazione in coils a caldo, per una capacità di produzione totale compresa tra 1,6 e 2 milioni di tonnellate. D’altra parte, il forte rallentamento del settore automobilistico, uno dei maggiori consumatori di acciaio, sta mettendo in seria difficoltà l’industria siderurgica e questa azienda fortemente legata agli ordini delle quattro ruote.
In generale, un quarto della domanda di acciaio del settore siderurgico proviene dall’automotive, e il crollo europeo delle immatricolazioni (- 6,1% a settembre) e i rallentamenti nella transizione verso l’elettrico stanno riducendo drasticamente l’assorbimento di acciai speciali. La crisi non colpisce solo gli acciai piani, utilizzati per telai e carrozzerie, ma anche i prodotti lunghi, impiegati nelle trasmissioni e nelle componenti meccaniche.
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