L’Italia continua a risparmiare, ma non investe. La fotografia scattata dal Centro Studi di Unimpresa racconta di un Paese dove la liquidità aumenta, ma resta in stand-by, parcheggiata in conti correnti e strumenti a basso rischio. A luglio 2025, il “tesoretto” accumulato da famiglie e imprese ha raggiunto quota 2.073,7 miliardi di euro, con una crescita di 48,2 miliardi (+2,4%) rispetto allo stesso mese del 2024. Un boom silenzioso, alimentato dalla prudenza e dalla sfiducia, più che da scelte strategiche. Risorse immense che non trovano sbocco nell’economia reale, in investimenti, innovazione o occupazione.
“Per il futuro del Paese resta decisiva la fiducia, ingrediente invisibile ma fondamentale per rimettere in moto l’economia”, commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, lanciando un invito al governo in vista della manovra 2026: “Occorre varare misure capaci di stimolare gli investimenti privati e trasformare l’enorme risparmio accumulato in nuova crescita e occupazione. Solo così i 2.000 miliardi di euro parcheggiati nei salvadanai di famiglie e aziende potranno diventare il motore dello sviluppo del Paese e non restare un capitale sterile fermo sui conti correnti”.
Famiglie regine della liquidità
A fare la parte del leone sono ancora una volta le famiglie italiane, che detengono oltre 1.142 miliardi in forma liquida. In un solo anno, hanno accresciuto le proprie riserve di quasi 30 miliardi (+2,7%). Le imprese, dal canto loro, seguono un trend simile: da 409 a 418,9 miliardi (+2,4%), segno che anche il mondo produttivo, pur recuperando, preferisce tenere i soldi a portata di mano piuttosto che investirli.
A sorpresa, le imprese familiari e le onlus sono tra i soggetti più dinamici: le prime arrivano a 88 miliardi (+3% annuo), mentre le organizzazioni non profit segnano un vero balzo: +155% in tre anni, passando da 34,4 a 88 miliardi. Un dato che conferma il crescente peso del terzo settore nell’economia nazionale.
Conti correnti protagonisti
Il cuore della liquidità resta sempre lo stesso: i conti correnti. Nonostante una flessione su base annua (-101,7 miliardi, -6,9%), continuano ad assorbire la quota maggiore del risparmio, con oltre 1.363 miliardi, circa due terzi del totale. Una leggera riduzione, dovuta forse a una timida diversificazione verso altri strumenti, che però non intacca il trend generale: rispetto al 2022, il saldo è ancora positivo (+57 miliardi, +4,4%).
Crescono i depositi vincolati, ora a 240 miliardi (+36%), segnale che qualche scelta più pianificata inizia ad affacciarsi. Stabili invece i fondi d’investimento, fermi a 285,5 miliardi. Più dinamico il comparto previdenziale: enti di previdenza (+8,7%), fondi pensione (+13,5%) e assicurazioni (+1,8%) mostrano segnali di vitalità.
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