Non è questione di simpatie, né di reali divergenze operative: si tratta di sordidi giochi di potere. Stavolta la “mano” che manovra non è subdola per ingenuità, ma perché vuole colonizzare, probabilmente pretendere posti al sole, spartirsi prebende. L’idea che Luigi Lovaglio possa essere scalzato dalla carica di ceo prima della naturale scadenza, come ha ipotizzato il quotidiano La Stampa un paio di giorni fa, non è questione di incapacità di valutazione dei fatti: è un colpo basso di stampo politico. Ed è grave che un quotidiano nazionale, con la presunta capacità di analisi che vanta La Stampa, possa pubblicare insinuazioni senza un solo argomento concreto, affidandosi a voci di corridoio, a fonti anonime che odorano di politica. È vergognoso che si metta in discussione il valore e la funzione del numero uno del Montepaschi – il protagonista dell’operazione Mediobanca – per fini oscuri che poi oscuri tanto non sono.
E poi, con quali argomenti si pretende di avere voce in capitolo? Nessun riferimento a bilanci, nessun dato capace di minare il percorso dell’istituto senese, nessuna contestazione sulla strategia. Sarebbe bastato telefonare ai principali azionisti, Delfin e Gruppo Caltagirone, per avere certezza che non solo non desiderano alcun cambio, ma anzi vedono in Lovaglio la garanzia dell’integrazione tra Mps e Mediobanca: tutto questo non conta nulla per la comitiva che vorrebbe imporre il proprio uomo o condizionare chi c’è ora. Si chiede: è possibile che proprio quando l’Italia ha bisogno di stabilità finanziaria, di leadership nel sistema bancario, di credibilità verso i mercati, qualcuno giochi alla “leva politica” con la dirigenza di una banca che – lo ricordiamo – non è feudo di nessuno? È possibile che un giornale si faccia cortina fumogena, inventi problemi dove non ce ne sono, per favorire interessi non dichiarati? Sì, è possibile. Ma è vergognoso.
Se il giornalismo non rispetta le regole più elementari – la logica, la verifica presso le fonti, il confronto con i fatti – diventa strumento di confusione, non di informazione. Peggio: si fa complice. Dunque, coloro che vogliono silenziare Lovaglio facendolo «scadere anticipatamente», sappiano che non stanno attaccando solo un banchiere, stanno attaccando un principio: quello per cui la concretezza, la competenza e l’impegno non si mettono al bando per le congiure, per i capricci di una politica che usurpa la propria funzione. Lovaglio non è pedina, non è oggetto: è l’uomo che serve. E lo ha dimostrato. Del resto, chi meglio di lui potrebbe traghettare Montepaschi-Mediobanca nell’orizzonte che si prefigge il Paese? Curiosi di conoscere i suggerimenti.
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