Se la banca tradizionale rincorre il modello Revolut ha già perso in partenza». Il commento è di Leonardo Bassilichi, tra i fondatori e azionisti di Nexi e oggi presidente e amministratore delegato di Base Digitale. Si tratta di un’azienda controllata da Sesa, gruppo da 3,3 miliardi di ricavi e oltre 6.500 dipendenti, che opera nella fornitura di servizi It in Outsourcing per grandi imprese, banche e operatori finanziari nel mercato italiano. In Italia esistono 14 challenger bank, ovvero le banche native digitali che si propongono di guadagnare quote di mercato a scapito di quelle tradizionali con gli sportelli sul territorio. Una delle più dinamiche e conosciute è di certo Revolut, fintech britannica che ha dichiarato di avere 4 milioni di clienti in Italia, posizionandosi tra le prime cinque banche del Paese. Ovviamente il numero di clienti non significa che si possano avvicinare agli attivi delle grandi banche tradizionali, ma certo è un campanello d’allarme per gli istituti.
Minaccia Revolut
«Revolut è un’iniziativa da dieci e lode», ha detto Bassilichi, «quindi se la banca tradizionale si vuole difendere inseguendo quel modello è finita. Gli istituti sul territorio devono piuttosto evitare di perdersi la relazione con il cliente dietro alle procedure. Una persona che arriva in banca per chiedere un mutuo prova delle emozioni, per il consulente conoscere la persona e i suoi bisogni può essere un vantaggio fondamentale che un istituto digitale non avrà mai».
Il punto è che gli istituti tradizionali, nell’intento di contenere il costo del lavoro e le spese fisse, hanno da tempo intrapreso un piano di riduzione delle filiali sul territorio. Secondo i dati divulgati dalla Fabi, infatti, nel 2024 il numero degli sportelli sul territorio è sceso per la prima volta sotto le 20mila unità (per la precisione, 19.655). Un calo, però, che pare essere in rallentamento (-2,5% lo scorso anno) con 505 sportelli persi rispetto agli 825 nel 2023. Forse sono i primi segnali di una possibile inversione di tendenza in un prossimo futuro, trainata dalla crescente convinzione che la filiale ha un ruolo importante per la raccolta e semmai deve cambiare, non sparire del tutto.
«Le banche devono accettare la sfida di tornare al capitale umano, che aiuta le persone a crescere: se è così, non c’è Revolut che tenga», prosegue il ceo di Base Digitale. «Le banche sono un presidio fondamentale per tutti gli stakeholder di un territorio e un supporto fondamentale alla politica industriale, perché conoscono persone e aziende: se, per esempio, l’idea è di puntare sul settore della lavorazione del legno, un istituto sa perfettamente quale delle varie segherie sul territorio è quella migliore su cui puntare».
La filiale deve evolversi
Ma allora come deve cambiare la filiale per essere un valore aggiunto nell’epoca del digitale? «Usando l’intelligenza artificiale si può fareun check-in intelligente del cliente all’ingresso in filiale», osserva Bassilichi, «questo permetterebbe di suggerire al consulente quali sono i temi più rilevanti da toccare con quella specifica persona o imprenditore. Gli algoritmi permettono di analizzare tutti gli scenari di investimenti e di fornire una consulenza aumentata, ma poi è la banca ad avere la relazione personale, a conoscere gli specifichi bisogni, e a contestualizzarli». Questo sarà il futuro delle banche sul territorio, fornire servizi a più alto valore aggiunto per non vedersi schiacciare da banche digitali che per l’operatività ordinaria hanno costi non proponibili per un istituto tradizionale. «La banca non può inseguire Revolut, parlo di loro ma potrei affermarlo anche per altre realtà digitali, sull’operatività di base. La differenza su questi aspetti è tanta: una banca online ti permette di aprire un conto in pochi minuti, mentre una banca ci mette due giorni».
Investimenti massicci
Insomma, la chiave è uscire dalle procedure canoniche, dalla burocrazia, grazie a investimenti massicci nella tecnologia. Base Digitale ha tra i suoi clienti le più grandi banche italiane e non solo. Per il trading dei titoli, i bonifici, i ritiri allo sportello e tutto quello che attiene all’infrastruttura informatica la banca ha bisogno di software. Ed è in questo campo che si muove Base Digitale, fornendo un pacchetto che gli istituti più grandi andranno a personalizzarsi e facendo da ufficio IT esterno per le banche che invece non hanno una divisione interna dedicata.
«Essenzialmente le banche dovrebbero fare queste quattro cose», è la chiosa del ceo e presidente di Base Digitale, «in primis, coinvolgere di più e meglio il proprio cliente; personalizzare il servizio per ognuno in base alle specifiche esigenze; automatizzare solo quelle attività che sono a basso valore aggiunto e, infine, grazie all’utilizzo delle più moderne tecnologie amplificare l’intuizione umana che è data dal talento e dalla sensibilità del consulente». E chissà se, così facendo, i grandi istituti ritroveranno l’interesse per conservare e magari ampliare la rete di filiali sul territorio, trovando soluzioni anche per tutte quelle aree del Paese che sono rimaste senza il supporto di uno sportello bancario.
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