Luca Enriques, età indefinita, professore ordinario di diritto commerciale all’Università Bocconi e già professor of corporate law presso l’Università di Oxford. Dopo il dottorato alla Bocconi e l’impiego in Banca d’Italia, ha insegnato all’Università di Bologna, alla Luiss, quindi a Harvard, Sydney e Cambridge. Dal 2007 al 2012 è stato commissario Consob. È autore di numerose pubblicazioni in materia di diritto societario, regolamentazione dei mercati finanziari e corporate governance nonché coautore dei libri «The Anatomy of Corporate Law» e «Principles of Financial Regulation». Insomma, un palmares di tutto rispetto. Ma le cronache lo ricordano soprattutto per i cinque anni passati alla Consob sotto i governi Berlusconi e Monti: non si fece troppo amare dall’allora presidente Lamberto Cardìa, lui sostiene perché era un commissario «non incline al compromesso», ma c’è chi ricorda che ai ferri corti i due ci arrivarono perché a un certo punto Enriques tentò di prendere il posto di Cardìa quale presidente. Tanto che il ministro del Tesoro dell’epoca, Tommaso Padoa Schioppa, lo convocò pure a casa sua per riportarlo in riga. Ma niente: lui proseguì dritto per la sua strada, e qualche tempo dopo lasciò la Consob in anticipo sulla scadenza.
Di recente, durante una puntata della trasmissione Report, lo abbiamo ascoltato discettare sull’ormai famoso collocamento del 15% di Mps organizzato dal Tesoro. Con nostro stupore abbiamo così appreso dalla viva voce dall’esimio professore che l’Accelerated bookbuild (Abb), una tecnica neutrale attraverso cui avvengono i collocamenti di pacchetti azionari fuori mercato, era stato gestito scorrettamente in quanto il ministero avrebbe dovuto collocare le azioni presso gli operatori istituzionali con uno sconto sul prezzo di Borsa, invece che con un premio, sebbene centinaia di investitori (compresi i gruppi Marchi e Aponte) premessero per averne una quota. Francamente, sarebbe stato curioso il contrario. Ma non staremo qui a ribadire quanto è sciocca quell’affermazione e quanto è strumentale il portarla avanti come stanno facendo i vessilliferi di Mediobanca.
A questo punto, attendiamo con pazienza che la Procura di Milano, investita della questione, faccia chiarezza sul punto. Resta la curiosità di conoscere come sia possibile che un esperto della materia come Enriques sia arrivato a formulare tali sciocchezze sesquipedali. Ma forse in lui ha prevalso un senso di ripicca verso il ministero del Tesoro che, allorquando si trattò di nominare i membri della Commissione per la riforma del Testo unico della finanza, scartò il suo nome nonostante il gran numero di segnalazioni a suo favore che il professore aveva fatto arrivare in via XX Settembre. Pare che, in un attimo di ira incontenibile, dopo aver fatto accesso agli atti per capire le ragioni del rifiuto, abbia persino pensato di fare causa al ministro.
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