Fra i Comuni italiani pare diffondersi una contagiosa ingerenza negli affari (di sviluppo) delle aziende private. Prima Taranto, con l’opposizione ostinata e strumentale contro il rilancio dell’ex Ilva, e ora Monfalcone dove il Comune ha chiesto a Fincantieri un nuovo modello produttivo per lo stabilimento di Panzano per garantire maggiore sicurezza, legalità e ricadute positive per il territorio. Insomma, per il consiglio comunale di Monfalcone i piani di sviluppo dell’azienda non vanno bene e bisogna intervenire: dalla revisione del modello produttivo alla riforma del sistema di appalti e subappalti. In particolare, secondo il Comune «l’espansione produttiva rischia di accentuare la frammentazione del lavoro e l’uso di subappalti, con ripercussioni sociali e abitative per il territorio». Una “lectio industriale“ che non ha granché digerito il colosso della cantieristica che per voce del proprio ceo Pierroberto Folgiero ha risposto per le rime alle «invasioni di campo e al qualunquismo» della giunta Fasan, responsabile di usare l’azienda «come cassa di risonanza politica». L’azienda, spiega il top manager, conosce il proprio modello produttivo meglio di qualunque assessore, «così come è parte attiva e responsabile nei territori dove vive, creando impatto da 230 anni in un mondo che è evoluto insieme all’azienda e intorno all’azienda solo grazie al lavoro dei monfalconesi, dei siciliani, dei napoletani e dei lavoratori stranieri che si sono succeduti nelle nostre officine e sulle nostre navi, che oggi sono in 4 continenti con 22mila dipendenti di decine di nazionalità, dagli Usa al Vietnam».
Fincantieri, aggiunge Folgiero, sa di produrre circa 3 miliardi di Pil nel Friuli e che, oltre al lavoro per le maestranze del cantiere, crea indotto a una filiera di centinaia di Pmi italiane, 600 solo nella Regione, che danno lavoro a migliaia di persone italiane in settori e filiere anche molto diverse dalla blue economy.
Ogni sviluppo ha un prezzo. Fincantieri ricorda che sta facendo molto per la città nell’era in cui gli italiani non vogliono più svolgere le lavorazioni più fisicamente onerose in cantiere. E allora ci si chiede che fine abbiano fatto nella mozione politica le scuole di formazione, l’automatizzazione e robotizzazione delle attività fisicamente onerose e l’operazione Ghana (una scuola di saldatura). Così come «i 23 milioni investiti su armadietti, docce e spazi ricreativi all’interno del cantiere». Esistono poi uno sportello di intermediazione culturale, iniziative di social housing e protocolli di legalità. Tutto ignorato, e i sindaci giocano a vestire i panni dei manager, ma solo quando si tratta di de-costruire.
© Riproduzione riservata