Si è svolta ieri in Senato una nuova audizione della Commissione banche, che ha visto la partecipazione dei segretari generali dei principali sindacati del credito. Al centro del confronto temi fondamentali come il mantenimento dei livelli occupazionali alla luce delle recenti aggregazioni e il ruolo della politica rispetto a un settore che sta vivendo una fase di profonda trasformazione.
Sileoni (Fabi): “Difendere l’italianità delle banche”
Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha voluto sgombrare il campo dalle polemiche sulla desertificazione bancaria: «È un falso problema – ha detto – il vero tema non è il numero degli sportelli, ma il modello di servizio da garantire». Pur riconoscendo le difficoltà per alcune fasce della popolazione, in particolare gli anziani e i territori del Sud, Sileoni ha sottolineato che si tratta di «una questione politica, non sindacale», che chiama in causa le istituzioni.
Il leader della Fabi ha poi puntato il dito contro la tassa sugli extraprofitti, che a suo avviso verrebbe scaricata «sui clienti, con maggiori costi sui prodotti, e sui lavoratori, con nuove penalizzazioni». Nel suo intervento ha anche sollevato il tema del peso crescente delle società di consulenza nelle scelte strategiche delle banche, denunciando rischi di conflitti di interesse, perdita di riservatezza e intrecci con i fondi d’investimento.
Infine, Sileoni ha messo in guardia sulla “tenuta nazionale” del sistema bancario: «Se l’Italia perde le sue banche a favore di entità straniere, perde il controllo dell’economia». Il segretario della Fabi ha poi stigmatizzato il comportamento di alcuni manager bancari che «strumentalizzano la difesa del loro personale» e poi incassano stock option milionarie «da 50-70 milioni” anche recentemente». Un evidente riferimento al top management di Mediobanca e all’esito dell’Opas del Monte dei Paschi.
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Colombani (First Cisl): “Serve un protocollo sull’occupazione”
Il segretario generale della First Cisl, Riccardo Colombani, ha posto al centro del suo intervento i numeri della trasformazione bancaria: negli ultimi vent’anni il settore ha perso 75mila posti di lavoro e oltre 3.400 comuni sono oggi privi di sportelli. Da qui la richiesta di «un Protocollo sull’occupazione per salvaguardare i livelli occupazionali, garantire la riqualificazione professionale e tutelare le persone».
Colombani ha segnalato anche il problema della contrazione del credito: «Dal 2011 al 2024 i finanziamenti alle imprese non finanziarie sono calati di 330 miliardi di euro, pari al -33,1%». Molti di questi crediti, ha ricordato, sono oggi coperti da garanzie pubbliche per quasi 300 miliardi complessivi. Da qui l’invito a un maggiore coinvolgimento delle autorità politiche e delle associazioni bancarie per evitare che i costi ricadano sulle imprese beneficiarie.
«Il Testo Unico Bancario del 1994 – ha concluso – affida al Mef e al Cicr un ruolo di alta vigilanza. È tempo che queste prerogative vengano esercitate per spingere le banche ad assumere comportamenti socialmente responsabili».
Furlan (Uilca): “Il rischio è il disagio sociale ed economico”
Per il segretario generale della Uilca, Fulvio Furlan, invece, la desertificazione bancaria è un problema reale e urgente: «Non possiamo ignorare gli effetti economici e sociali che produce. Dove non arrivano le banche – ha avvertito – c’è il rischio che intervengano soggetti non regolati».
Furlan ha chiesto un confronto ampio, che coinvolga politica e banche, per trovare soluzioni condivise: «Non si tratta di criminalizzare le scelte economiche degli istituti, ma di ricordare che il servizio bancario è essenziale e va garantito».
Sul risiko bancario, il leader Uilca ha sottolineato la necessità di progetti industriali solidi e di un coinvolgimento costante del sindacato: «Le fusioni ridefiniscono la presenza nei territori, con chiusure di filiali che limitano l’accesso ai servizi. Per questo serve una politica industriale nazionale che includa anche il sistema bancario, senza lasciare le decisioni solo agli azionisti o a logiche di parte».
Esposito (Fisac Cgil): “No a nuove riduzioni occupazionali”
La segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, ha ribadito l’urgenza di investire in occupazione qualificata: «Non possiamo accettare ulteriori riduzioni del perimetro occupazionale, soprattutto a fronte dei risultati record del settore».
Esposito ha definito il risiko bancario «una battaglia per il risparmio da 5mila miliardi» che riguarda potenzialmente 100mila dipendenti del settore del credito e delle assicurazioni. «Serve una vera politica industriale che includa il settore finanziario – ha detto – e lo Stato deve tornare a essere soggetto di regolazione e coordinamento».
Per la leader della Fisac, la trasformazione digitale non può prescindere dal fattore umano: «Il futuro del settore si deve fondare sul lavoro, come elemento primario e insostituibile».
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