Alla domanda di un giornalista sulla possibilità che in Piazza Affari sia in atto una «bolla» sui titoli bancari, con il piglio che gli è proprio Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, ha risposto: «Intesa e Unicredit non sono uguali ad altri istituti quotati, dato che in linea di massima possono garantire una maggiore sostenibilità dei risultati. Tuttavia, se oggi possiedi un titolo che incorpora un premio per determinate aspettative di aggregazioni o sinergie, da risparmiatore mi porrei qualche domanda e mi muoverei con molta prudenza. Di sicuro in questo momento non suggerirei a mia madre di acquistare un titolo bancario». Messina si rivolgeva a un folto consesso di operatori del credito, molti dei quali in ansia perché direttamente interessati all’evoluzione del risiko in corso sia quali dipendenti sia in veste di azionisti degli istituti protagonisti delle manovre di riposizionamento. È lì che la parola «bolla» ha cominciato ad affiorare, passando di bocca in bocca.
Fino a quel momento le stupefacenti performance di Unicredit, Bpm, Mps, Mediobanca, Generali, Banca Generali, Bper e Popolare di Sondrio, insomma i titoli coinvolti nelle grandi manovre, venivano considerate la logica conseguenza delle scalate annunciate. E, trattandosi di offerte di scambio di azioni senza o quasi apporto di cassa, la corsa verso l’alto era condivisa da prede e cacciatori più o meno in egual misura, e comunque in relazione alle modalità dell’offerta.
Come è ovvio, per quanto la speculazione ambisca alla crescita infinita (o al ribasso infinito, nel caso dei professionisti delle vendite allo scoperto), ad un certo punto è la fisica dei numeri, dei fondamentali aziendali, che impone delle barriere fisiologiche. Nel senso che a meno di disarmonie sempre possibili, fatti quattro conti quel tal titolo non può più crescere ragionevolmente oltre quella certa soglia. E, a quanto è dato capire, quella soglia per tutte le partite in corso sarebbe stata già raggiunta in queste settimane, dato lo stallo entro cui i titoli del risiko si sono acquartierati.
C’è chi sostiene che la calma apparente, in sintonia con l’indice generale, sia dettata soprattutto dall’attesa di capire che cosa accadrà sul fronte dei dazi reciproci e degli eventuali provvedimenti che il Tesoro americano si appresta a varare a proposito di liberalizzazione degli acquisti di Treasury bond da parte delle banche americane. E non v’è dubbio che quelli siano argomenti di riflessione per gli effetti indotti che possono provocare sui mercati finanziari. Ma per quanto riguarda i titoli coinvolti nel risiko, è altrettanto indubbio che a fare premio sui loro movimenti in Borsa è la scommessa sull’esito della scalata, che si tratti di prede oppure di cacciatori.
Naturalmente oggi nessuno sarebbe in grado di indicare con precisione quale sarà la quotazione massima di ciascun titolo, per cui parlare di bolla solo perché i corsi di Borsa sono esplosi potrebbe essere improprio. Soprattutto se, come sostiene Messina, siamo di fronte a realtà i cui fondamentali sono tali da sostenere un ragionevole sviluppo.
E tuttavia qualche dubbio sorge se guardiamo alla velocità con la quale si è giunti in vetta. Per esempio la Popolare di Sondrio è cresciuta in un solo anno del 71% a fronte di un incremento quadriennale del 188%; a sua volta Banca Bper è cresciuta del 62% a fronte del 282%; Bpm ha invece guadagnato il 60% a fronte del 241%; infine, Mediobanca in un anno è aumentata del 37% a fronte del 102%. Diverso il caso Mps, che per le note vicissitudini presenta un bilancio in perdita sui quattro anni (-72%) ma in guadagno del 49% nell’ultimo anno. Per non dire di Unicredit, cresciuta del 60% in un anno ma del 442% in quattro anni.
Come si vede, si tratta di istituti diversi tra loro, con storie ed evoluzioni non paragonabili e probabilmente con una resilienza anch’essa non paragonabile. Hanno però in comune una strepitosa performance che, nel caso di un insuccesso nell’ambito delle operazioni di risiko, potrebbe trasformarsi in una miscela esplosiva capace di travolgere anche le realtà più solide. Insomma, non siamo ancora in bolla, ma un inciampo nel risiko potrebbe innescare una pericolosa reazione a catena.
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