L’accordo raggiunto tra Unione europea e Stati Uniti sui dazi commerciali, perfezionato ieri, rischia di rappresentare una tregua costosa per famiglie e imprese italiane. A dirlo sono le principali associazioni di consumatori e osservatori economici del Paese, che tracciano un quadro complesso: da un lato si evita un’escalation di tensioni, dall’altro si aprono scenari di rincari e contraccolpi economici tangibili.
Rischio stangata fino a 4,2 miliardi
Per il Codacons, il nuovo regime tariffario al 15% per i prodotti europei che vengono esportati Oltreoceano potrebbe tradursi, a regime, in un incremento significativo dei prezzi al dettaglio in Italia, con un rischio stangata fino a 4,2 miliardi di euro sulla spesa delle famiglie.
Secondo le sue proiezioni, le minori esportazioni delle imprese italiane ed europee verso gli Usa – se non compensate da un aumento dell’export verso Paesi terzi – determineranno una contrazione dei profitti per miliardi di euro. Una riduzione che costringerà molti produttori ad alzare i listini nei mercati interni per recuperare le perdite.
Alcuni comparti, come il lusso, potrebbero risentire meno dei nuovi dazi, grazie a una domanda poco sensibile alle variazioni di prezzo. Diversa la situazione per settori come automotive e alimentare, dove l’impatto rischia di essere particolarmente pesante. “Altro che successo: si tratta di una disfatta vera e propria, e l’impatto complessivo dei nuovi dazi rischia di abbattersi con forza sul carrello della spesa e sui bilanci familiari italiani, già fortemente indeboliti da anni di rincari a pioggia e salari stagnanti”, sostiene il Codacons.
Possibili rincari in bolletta
Anche Assoutenti lancia l’allarme, focalizzandosi sull’energia: l’impegno europeo ad acquistare 750 miliardi di dollari di gas e prodotti energetici americani entro il 2028, implicherà prezzi più elevati rispetto gli attuali fornitori e con costi logistici maggiori, considerato il trasporto, lo stoccaggio e la rigassificazione. Con inevitabili ripercussioni sulle bollette degli utenti. “Il rischio concreto è che a pagare il conto finale dell’accordo sui dazi siano cittadini e imprese, attraverso un incremento dei costi della materia prima energia che determinerebbe un aumento delle tariffe sulle bollette di luce e gas e un effetto domino con rincari generalizzati dei prezzi al dettaglio.
Evitati rischi peggiori
Ma non tutti vedono nero. Nomisma, con il commento del presidente Paolo De Castro, riconosce che l’accordo “evita rischi peggiori sul piano politico ed economico”, ma sottolinea che non fornisce alcuna spinta alla crescita. “Zero tariffe sarebbero state la vera chiave per potenziare l’export, specie in comparti come l’agroalimentare – afferma De Castro – Anche se possiamo salutare con favore la riduzione dei dazi su formaggi come Grana Padano e Parmigiano Reggiano e sulla pasta, che tornano dal 25% al 15%. Delusione invece per il vino e gli alcolici, rimasti fuori dalle concessioni”. In ogni caso non è detta ancora l’ultima parola e questo accordo non chiude completamente le porte ad eventuali liste di prodotti sui quali eventualmente dover fare delle eccezioni.
Confartigianato si allinea. Il presidente Marco Granelli riconosce che l’intesa “assicura stabilità e consente una pianificazione più sicura per le imprese italiane”, ma avverte: “Il 15% di dazio incide e l’Ue e il governo italiano devono ora devono mettere in campo tutte le misure necessarie a garantire che non si verifichino manovre speculative da parte di operatori spregiudicati e a sostenere le imprese anche nella diversificazione dei mercati di sbocco dei nostri prodotti”. A ricordare l’importanza del mercato Usa per il Made in Italy, i numeri: 67,3 miliardi di euro di export verso gli Stati Uniti nell’ultimo anno, pari al 10,7% del totale, con un aumento del 7,6% nel primo semestre 2025 per il manifatturiero.
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