Il 2025 sarà ricordato come l’anno in cui l’Unione Europea ha perso l’illusione di contare davvero nel mondo. È questo il messaggio d’impatto con cui Mario Draghi, ex presidente del Consiglio e della Bce, ha scosso la platea del Meeting di Rimini durante il suo atteso intervento “Quale orizzonte per l’Europa?”. Un j’accuse lucido e severo: l’Europa, forte economicamente ma debole politicamente, è diventata spettatrice degli eventi globali. E il tempo per invertire la rotta è agli sgoccioli.
Fine di un’illusione: la forza economica non basta più
“ Per anni l’Unione Europea ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno, in cui questa illusione è evaporata”, ha dichiarato Draghi. Il riferimento è diretto alla realtà di oggi: dazi imposti dagli Stati Uniti, pressione crescente per aumentare le spese militari, silenzio europeo durante le crisi in Medio Oriente.
“Abbiamo dovuto rassegnarci – ha precisato – ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere – ma in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa”. E ancora, l’Ue “è stata spettatrice anche quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava”, ha detto ricevendo un lungo applauso.
Tutti eventi che, secondo Draghi, hanno dimostrato come “la forza economica è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per avere potere politico”.
Scetticismo crescente, l’Europa deve tornare protagonista
Secondo Draghi, il crescente scetticismo verso l’Europa non deve sorprendere. Non riguarda però i suoi valori fondativi – democrazia, libertà, equità, protezione sociale – ma la capacità dell’Unione di difenderli. “Abbiamo un sistema di social welfare probabilmente il più sviluppato al mondo”, ma oggi la vera domanda è: “siamo in grado di proteggerlo?”. Tornare alla sovranità nazionale, per Draghi, sarebbe un errore fatale: significherebbe arrendersi alle grandi potenze ed “esporci ancora di più al loro volere”.
Per affrontare le sfide attuali, l’Europa non può più permettersi di restare una comparsa, ma “deve trasformarsi da spettatore ad attore protagonista”. L’Ue deve riformarsi e assumere un ruolo attivo, non solo sul piano politico ma anche su quello strategico. “Deve mutare la sua organizzazione politica”, perché è inseparabile dalla sua capacità di competere e contare. “E le riforme in campo economico restano condizione necessaria”.
Abbattere barriere interne, investire in tecnologia
Draghi ha poi sottolineato due priorità strategiche per il futuro dell’Europa. La prima è la piena integrazione del mercato interno, che avrebbe impatti significativi sulla crescita: “Le barriere che abbiamo tra Paesi membri equivalgono a tariffe del 64% sui macchinari e del 95% sui metalli”, ha detto. Il Fondo Monetario Internazionale calcola che, se le barriere interne fossero ridotte a livello di quelle prevalenti negli Stati Uniti, la produttività del lavoro nell’Unione Europea potrebbe essere di circa 7% più alta dopo sette anni (contro il 2% degli ultimi anni).
La seconda dimensione su cui agire come Europa riguarda la tecnologia. “Nessun Paese che voglia prosperità e sovranità può permettersi di essere escluso dalle tecnologie critiche”, ha spiegato Draghi, aggiungendo subito dopo: “Nessun paese europeo da solo può avere le risorse per costruire la capacità industriale richiesta per sviluppare queste tecnologie”. E l’industria dei chip come la rivoluzione dell’intelligenza artificiale ne sono chiari esempi. Serve una strategia industriale comune.
Un mercato unico per le Pmi e investimenti con debito comune
Insomma l’Europa dovrà muoversi verso nuove forme di integrazione, secondo l’ex premier che tra le proposte allo studio da Bruxelles ha citato la creazione di un “28esimo regime giuridico” uniforme per le piccole imprese, per operare in tutta l’Unione senza duplicazioni burocratiche. Ma il vero salto di scala, ha sottolineato, sarà possibile solo con il finanziamento comune: “Soltanto forme di debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza che sforzi nazionali frammentati insufficienti non riuscirebbero mai ad attuare”. E questo varrebbe su difesa, energia e tecnologia.
Un appello: agire subito
Il tempo però stringe. I governi europei “devono ritrovare unità di azione. E non dovranno farlo quando le circostanze saranno divenute insostenibili, ma ora quando abbiamo ancora il potere di disegnare il nostro futuro”, ha incalzato Draghi. “Trasformate il vostro scetticismo in azione, fate sentire la vostra voce”, ha argomentato rivolgendosi alla platea riminese. Perché “l’inazione è il peggior nemico dell’Europa”. Per Draghi, l’Europa è a un bivio e il futuro dipende da ciò che farà oggi.
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