Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è presentato all’assemblea annuale dell’Abi con i numeri alla mano e un messaggio chiaro: il governo ha migliorato i fondamentali economici del Paese e creato condizioni favorevoli. Ora tocca alle banche “tornare a fare le banche”, ovvero sostenere l’economia reale attraverso credito e innovazione.
“In questi anni abbiamo fatto la nostra parte”, ha detto Giorgetti. “Dunque, mi attenderei che le banche approfittino di questo quadro mutato e tornino il più possibile a fare la loro, cioè a fare le banche, ovvero raccogliere tutte le aree prestazioni di risparmio guadagnando un classico margine di interesse”.
I numeri di una ripresa solida
Il ministro ha aperto il suo intervento sottolineando i segnali positivi della congiuntura economica. L’occupazione è al suo massimo storico, con un tasso del 63% e la disoccupazione scesa al 6,5%. Le prospettive per l’inflazione nel 2025 restano contenute (1,6% a maggio), e le famiglie italiane si confermano tra le più solide d’Europa.
“Nel 2024 il debito verso banche e società finanziarie delle famiglie in rapporto al reddito disponibile è diminuito al 56%, circa 6 punti percentuali in meno rispetto al 2019,” ha detto, sottolineando anche come “la ricchezza netta delle famiglie è attualmente pari a 8,3 volte il reddito disponibile”.
Anche le imprese, ha proseguito, mostrano segnali di buona salute finanziaria: debiti al 59% del Pil, margini operativi e leva finanziaria in miglioramento, e rischi sotto controllo.
Sul fronte della finanza pubblica, il saldo primario torna in attivo (+0,4% del Pil), il deficit 2024 si ferma al 3,4% (meglio delle stime) e il rapporto debito/Pil scende al 135,3%.
“Il miglioramento del saldo ha un solo precedente, quello del 1997 in occasione dell’ingresso nella zona euro,” ha ricordato Giorgetti. “A differenza di allora, questo risultato è stato conseguito senza nuove imposte generalizzate, ma anzi con un alleggerimento strutturale della pressione fiscale sui redditi medio-bassi”.
Il credito alle imprese che non decolla
Ma accanto ai progressi macroeconomici, Giorgetti ha richiamato con forza le banche al loro ruolo storico di motore dell’economia reale. Il ministro ha denunciato la contrazione del credito alle imprese, con dati che parlano da soli. “Dal 2011 i prestiti alle aziende in termini nominali si sono ridotti di un terzo. L’attività di intermediazione creditizia ha ceduto il passo alla gestione patrimoniale”, ha affermato, aggiungendo che questo significa “una riduzione della funzione classica della banca di intermediario di denaro”.
Un atteggiamento che rischia di trasformare il sistema in una macchina di rendita più che di sviluppo. “La metafora della rinuncia a creare ricchezza per limitarsi a gestire quella esistente è un rischio del quale essere almeno più consapevoli”, ha sottolineato
Eppure, le banche – ha fatto notare Giorgetti – hanno beneficiato più di altri del miglioramento della finanza pubblica e della stabilità politica: spread ai minimi da 15 anni, rating sovrano migliorato, “con una immediata rivalutazione degli attivi delle banche, creando condizioni più favorevoli alla concessione del credito”. Ecco perché il titolare del Tesoro ha sollecitato il settore bancario a tornare alla sua primaria funzione economica e sociale. “Ni attenderei che le banche approfittino di questo quadro mutato e tornino il più possibile a fare la loro, cioè a fare le banche, ovvero raccogliere tutte le aree prestazioni di risparmio guadagnando un classico margine di interesse”, ha affermato precisando che “il governo non guarda alla nazionalità dei banchieri, ma soltanto alla loro capacità di rispondere a questa funzione”.
Tecnologia e ritardi: “Sorprendente la debolezza degli investimenti”
Un altro aspetto critico emerso dal discorso riguarda l’innovazione tecnologica. In un contesto segnato da cambiamenti epocali – tra digitalizzazione, finanza decentralizzata, e big tech che si insinuano nei pagamenti – le banche italiane appaiono in grave ritardo.
“Mi spiace rilevare la debolezza degli investimenti nelle tecnologie”, ha detto il ministro. “La Banca d’Italia, nell’ultima indagine Fintech nel sistema finanziario italiano, ha riscontrato che il processo di trasformazione digitale, per quanto in espansione, risulta limitato sul piano quantitativo e polarizzato”.
Gli investimenti in tecnologie innovative da parte del settore bancario si fermano a 901 milioni di euro per il biennio 2023-2024, “un dato sorprendentemente basso se confrontato con gli straordinari utili registrati e i relativi dividendi distribuiti negli stessi anni”.
E non basta. Anche l’intelligenza artificiale – ha ricordato Giorgetti – dovrebbe essere al centro di una strategia di rafforzamento del posizionamento competitivo nel panorama europeo e globale. Invece, l’impressione è che si investa troppo poco, e troppo tardi.
Il monito sulle criptovalute e la concorrenza delle big tech
Il discorso si è poi allargato alla rivoluzione digitale, in particolare al mondo delle criptoattività. Il ministro non ha nascosto le preoccupazioni per la scarsa regolamentazione del fenomeno, ma ha anche invitato a comprenderlo prima ancora che giudicarlo. “Le criptovalute non sono solo argomento di criminalità… vanno intese anche nell’intento di controllo, relazione personale, autonomia rispetto a quanto magari non funziona nello Stato e nelle banche”, ha evidenziato.
Alla fine del 2024 gli italiani detenevano criptovalute per oltre 2,6 miliardi di euro, con 1,6 milioni di utenti. Eppure, metà di loro ha avuto esperienze negative, tra servizi inadeguati e vere e proprie truffe.
Il pericolo, ha avvertito Giorgetti, è che grandi operatori digitali internazionali diventino attori sistemici fuori dal perimetro regolamentare dell’Unione Europea, rendendo il sistema vulnerabile.
Banche italiane: più coraggio, più credito, più innovazione
Il richiamo finale del ministro è netto: le banche devono tornare al centro dell’economia reale, coltivare il legame con territori, famiglie, imprese. E devono farlo con strumenti nuovi, tecnologie all’altezza e una visione moderna del loro ruolo. “Occorre che le banche sappiano dare e segnalare il valore aggiunto che offrono, concentrandosi sulla loro funzione di tutela e valorizzazione del risparmio e di erogazione del credito”, ha puntualizzato il ministro.
E sul fronte dei tassi? Anche qui, un affondo. “L’adeguamento dei tassi di rimunerazione dei conti correnti… è stato giocato di rimessa, attivandosi sulla spinta della concorrenza. Occorre invece un approccio più proattivo”, ha rimarcato Giorgetti.
Il ruolo delle garanzie pubbliche
Nella seconda parte del discorso, il ministro ha posto l’accento sul ruolo determinante delle garanzie pubbliche per favorire l’accesso al credito in condizioni difficili. “È altresì innegabile che sull’accesso al credito di imprese e famiglie è stato centrale il ruolo delle garanzie pubbliche”, ha ricordato. Giorgetti ha illustrato i numeri delle esposizioni statali, evidenziando come il sistema di garanzie, che al 31 dicembre 2024 ha raggiunto circa 294 miliardi di euro (pari al 13% del Pil), abbia permesso di attenuare le conseguenze di crisi emergenziali e sostenuto settori strategici – dall’energia alla sanità, fino al supporto del credito alle esportazioni.
Il ministro sottolinea, tuttavia, la necessità di uscire dall’“emergenza” che ha caratterizzato il periodo Covid. “Occorre uscire da una logica emergenziale e tornare al business as usual, dove il banchiere, nel pieno della propria autonomia imprenditoriale, svolge la sua funzione di valutazione e selezione del merito creditizio”, ha rilevato.
Il passaggio al “business as usual” implica una riallocazione delle responsabilità, affinché il sistema bancario recuperi il tradizionale ruolo di ponte tra coloro che hanno risparmi e chi cerca investimenti produttivi.
Innovazione, competitività e il futuro del settore bancario
Giorgetti non manca di allargare il discorso alla trasformazione digitale e alla necessità di adeguare gli investimenti tecnologici. Il ministro evidenzia i ritardi del sistema bancario italiano nel campo del Fintech, rimarcando che, sebbene la Banca d’Italia abbia stimato investimenti di 901 milioni di euro per il biennio 2023-2024, tali cifre sono “sorprendentemente basse” rispetto agli utili straordinari e ai dividendi distribuiti.
L’intervento tocca anche il tema strategico della finanza di mercato e della competitività europea. “L’Europa sconta tuttora un significativo ritardo rispetto agli Stati Uniti e agli altri paesi asiatici nello sviluppo della finanza di mercato”, ha osservato aggiungendo che “il sistema finanziario deve promuovere l’innovazione attraverso il capitale di rischio e assorbire gli shock esogeni”.
Il ministro invita il sistema bancario non solo a rafforzare il proprio posizionamento sul mercato interno, ma a contribuire allo sviluppo di progetti comuni a livello europeo – dalla creazione di un sistema comune di assicurazione sui depositi al safe asset europeo, fino alla riforma delle regole per la gestione della crisi bancaria.
Inoltre, sul fronte della difesa e del riarmo, Giorgetti solleva l’urgenza di una riflessione sul ruolo dei fondi e delle banche nella filiera dell’industria della difesa, un settore in cui l’innovazione e la competitività devono giocare un ruolo centrale.
Fiducia, territori e responsabilità nel ruolo bancario
Concludendo il discorso, il ministro ha riaffermato il concetto cardine del suo intervento. “Le banche italiane sono e continueranno a essere il braccio operativo dell’economia del Paese”, ha ribadito rilevando che “l’economia, infatti, non cresce grazie ai risparmi in sé, ma quando questo viene raccolto per essere prestato o investito”.
Il messaggio è un richiamo forte alla centralità dell’intermediazione finanziaria tradizionale, dove la presenza sul territorio e il rapporto personale continuano a fare la differenza, nonostante l’avanzata delle tecnologie e l’ascesa della finanza decentralizzata e dell’intelligenza artificiale.
Giorgetti ha concluso sottolineando la necessità di costruire una vera “squadra” tra Stato, autorità di vigilanza e intermediari finanziari, nella consapevolezza che “per vincere le sfide del futuro, l’Italia deve fare sistema”.
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