Gli Stati Uniti lanciano la missione Southern Spear contro i narcos, che ha nel mirino soprattutto il Venezuela di Nicolás Maduro. Caracas ha attivato il Comando di difesa integrale per affrontare eventuali minacce, mentre gli Usa hanno aumentato il contingente militare e hanno dispiegato la portaerei Usa USS Gerald R. Ford “per smantellare le organizzazioni criminali transnazionali e contrastare il narcoterrorismo”.
“Il presidente Trump ha ordinato un intervento e il Dipartimento della Difesa sta eseguendo”, ha scritto su X Pete Hegseth “Oggi annuncio l’Operazione Southern Spear per reprimere i narcoterroristi nell’emisfero occidentale. Guidata dalla Joint Task Force Southern Spear e dal Comando Sud degli Stati Uniti (Southcom)”.
Braccio di ferro
Il braccio di ferro fra Maduro e Trump, che accusa il presidente venezuelano di essere a capo dei cartelli della droga, ha fatto precipitare il Paese in una crisi economica. Crisi a cui Maduro sta cercando di resistere usando le criptovalute. L’inasprimento delle sanzioni americane ha spinto l’inflazione a tre cifre, ha fatto crollare la valuta nazionale, ha aggravato le interruzioni di corrente e ha spinto il governo e la popolazione ad accumulare dollari e a tagliare le spese. Secondo gli economisti l’inflazione quest’anno aumenterà dal 50% al 600%. Per il Fmi, il Paese entrerà in recessione il prossimo anno.
Caracas
Ma secondo funzionari governativi e uomini d’affari venezuelani, intervistati anonimamente dal New York Times, in realtà Maduro si sarebbe preparato a resistere sfruttando le monete virtuali. Poco dopo la rielezione del presidente Trump, il governo venezuelano ha autorizzato i primi exchange di criptovalute del Paese, aprendo la strada a un più ampio spostamento verso asset finanziari che sfuggono alle sanzioni tradizionali. Oggi Caracas vende la maggior parte del suo petrolio alla Cina, riceve pagamenti in criptovalute e poi reinveste parte di questi ricavi nell’economia nazionale attraverso gli exchange di criptovalute. Attività che hanno trasformato il Venezuela, nel giro di pochi mesi, in una delle prime nazioni a gestire una quota significativa delle sue finanze pubbliche in criptovalute. In particolare, il governo ha iniziato a convogliare parte dei proventi derivanti dal petrolio nell’economia attraverso due exchange di criptovalute autorizzati, ai quali è consentito negoziare bolívares a un tasso di cambio più debole.
Token
I dollari denominati in token crittografici al momento rappresentano fino alla metà della valuta forte che entra legalmente in Venezuela. Ognuno di questi token equivale a un dollaro statunitense, un tipo di criptovaluta nota come stablecoin. Secondo il New York Times, la stablecoin più popolare in Venezuela sarebbe Tether. Le iniezioni di criptovalute da parte del governo si sono rapidamente diffuse. Petróleos de Venezuela, la compagnia petrolifera statale, paga alcuni appaltatori in stablecoin, le aziende private pagano bonus in stablecoin e i cittadini, dai guidatori di mototaxi ai dirigenti, scambierebbero bolívares con stablecoin su Binance, il più grande exchange di criptovalute al mondo.
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