«Mi arrabbio solo quando perde il Southampton e purtroppo accade spesso». Il ministro Giancarlo Giorgetti nelle sue uscite pubbliche (quasi tutte istituzionali) non ha mai voluto impersonare la figura di Cancelliere dello Scacchiere austero e fumino nei confronti dei colleghi di maggioranza che bussano per ottenere denari. Così si rifugia nella sua passione calcistica britannica (in Italia è juventino, ognuno ha i suoi difetti) per smentire retroscena spesso costruiti ad arte.
Non ne avrebbe bisogno. I numeri parlano per lui. Nei suoi quasi mille giorni di governo lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi è sceso da 236 a 108 punti base e il deficit è passato dall’8,1% del 2022 al 3,4% del 2024. Anche il debito pubblico ha invertito la rotta, scendendo dal 138,3% al 135,3% del Pil. Il cammino sul sentiero di rientro dalla procedura europea di extradeficit è avviato più che bene. Prova ne sia l’upgrade dell’11 aprile scorso con cui S&P ha portato la valutazione dell’Italia da BBB a BBB+, riconoscendo i progressi compiuti. Una promozione che mancava da ben otto anni. The Banker, la rivista di politica economica del Financial Times, si era portato avanti a gennaio designandolo Ministro delle Finanze dell’Anno per il 2024 per aver portato avanti «un compito ingrato» (gestire 3mila miliardi di euro di debito pubblico) pur essendo un politico e non un tecnico. Non è poco.
La ricetta vincente
«O io o il Superbonus 110%», ha ripetuto nelle riunioni a Palazzo Chigi l’anno scorso allorquando buona parte della maggioranza lo implorava di allargare i cordoni della borsa. La sostanziale eliminazione dell’agevolazione fiscale sulle ristrutturazioni edilizie, costata almeno 130 miliardi e riverberatasi pericolosamente su deficit e debito, ha reso il compito più facile anche se gli effetti continueremo a subirli tutti quanti per anni. I risultati sono stati relativamente rapidi: l’Italia nel 2024 ha registrato un avanzo primario – cioè il saldo tra entrate e uscite dello Stato al netto della spesa per interessi sul debito – positivo per circa 10 miliardi (lo 0,4% del Pil) e l’Italia lo ha raggiunto per prima tra i Paesi del G7 nel post-Covid. Un deciso cambio di passo nella gestione della spesa pubblica, quasi un rito quotidiano. Negli ultimi giorni Giorgetti è impegnato a esigere dai colleghi ministri la riduzione delle spese previste dalla manovra. Sono 3 miliardi da tagliare: sembrano pochi se spalmati sui vari dicasteri, ma fanno massa critica.
Presentata in questi termini, potrebbe sembrare la descrizione di un campione dell’austerity ma non è così. A Giorgetti, infatti, è legato il principale traguardo raggiunto dall’esecutivo in questi 932 giorni: la riduzione della pressione fiscale sui ceti più deboli. A partire dalla prima manovra finanziaria, il governo ha messo al centro il sostegno ai redditi medio-bassi. La misura simbolo è il taglio del cuneo fiscale, introdotto a gennaio 2023 e potenziato a luglio dello stesso anno, con un’aliquota ridotta del 7% per i redditi fino a 25.000 euro e del 6% fino a 35.000. Confermata anche per il 2024, la misura è stata resa strutturale con la manovra 2025 ed estesa ai redditi fino a 40.000 euro, beneficiando ulteriori 3 milioni di lavoratori. A questa si affianca la riforma dell’Irpef, che dal 2024 vede l’accorpamento dei primi due scaglioni con un’unica aliquota del 23% per redditi fino a 28.000 euro. Anche questa riduzione è diventata strutturale nel 2025. Si tratta di due misure che hanno un costo annuo di 18 miliardi di euro ma che aumentano il potere d’acquisto di chi guadagna meno. Sul versante del lavoro autonomo, inoltre, la soglia per accedere alla flat tax fissata al 15% è stata alzata da 65.000 a 85.000 euro, mentre per i lavoratori dipendenti e i pensionati che hanno anche la partita Iva il tetto di reddito fisso per accedere al beneficio è salito da 30.000 a 35.000 euro.
Un sostegno per chi lavora
«Oggi il ministro dell’Economia e delle Finanze non è un banchiere, è figlio di un pescatore e di un’operaia tessile. So distinguere chi può fare sacrifici e chi non li può fare». Così Giorgetti dal palco leghista di Pontida nello scorso ottobre motivò la scelta di aumentare il prelievo su istituti di credito e assicurazioni per finanziare parzialmente le misure della manovra. Questa filosofia è alla base delle scelte che sono state successivamente compiute. Ad esempio, con gli incentivi all’occupazione: la “super-deduzione” fino al 130% per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani, mamme ed ex percettori di Reddito di cittadinanza è stata prorogata per il triennio 2025-2027. Inoltre, il cosiddetto “bonus Maroni”, che premia i lavoratori prossimi alla pensione che decidono di restare al lavoro, è stato ampliato, escludendo fiscalmente le somme versate direttamente al lavoratore a titolo contributivo. Chi vuole lavorare e chi si dà da fare viene premiato. Un’altra testimonianza in questo senso viene dalla detassazione dei premi di produttività al 5% fino a 3.000 euro, prorogata fino al 2027, così come l’innalzamento della soglia dei fringe benefit a 1.000 euro (2.000 con figli), che comprende anche utenze domestiche e affitti. Per i nuovi assunti a tempo indeterminato, trasferitisi oltre 100 chilometri dalla residenza, sono previste agevolazioni fino a 5.000 euro per due anni. Alle imprese, invece, viene destinata una riduzione dell’Ires dal 24% al 20%, condizionata al reinvestimento dell’80% degli utili, con almeno il 30% destinato a tecnologie 4.0 e 5.0, e a un incremento occupazionale dell’1%.
Un welfare a misura di famiglia
Ampio il pacchetto destinato a famiglie e genitorialità. L’esonero contributivo per le madri lavoratrici è stato ampliato nel 2025 anche alle lavoratrici a tempo determinato e autonome. L’assegno unico per i figli è stato potenziato: più 50% per i bambini sotto l’anno di età, maggiorazioni per famiglie numerose e disabili, ed erogazione semplificata anche senza Isee. Rafforzato il congedo parentale, che dal 2025 prevede per entrambi i genitori tre mesi all’80%. Inoltre, nel 2025 debutta il bonus bebè da 1.000 euro per ogni figlio nato o adottato, destinato a famiglie con Isee sotto i 40.000 euro. Confermate anche le misure per facilitare l’accesso alla casa: il Fondo di garanzia per i mutui prima casa è stato prorogato fino al 2027 per giovani under 36, famiglie numerose e coppie giovani.
Il tassello mancante
Grazie ai provvedimenti del governo, ha sottolineato Giorgetti, la pressione fiscale si è ridotta di 1,3 punti percentuali nel 2024. Ora l’obiettivo è arrivare a un «progressivo abbattimento anche per i redditi medi». Ma tagliare la seconda aliquota Irpef del 35% (ridurla di due punti costa circa 4 miliardi) «presuppone un orizzonte temporale pluriennale», ha spiegato di recente il ministro. Le stime di crescita governative del Pil per il 2025 si fermano al più 0,6%. Per raggiungere questo traguardo servirà il passo del grimpeur. Da una parte, bisognerà assolvere agli obblighi Nato di aumentare la spesa per la difesa al 2% del Pil (impegno da oltre 10 miliardi). Dall’altra, il mantra è «difendere la solidità dei conti pubblici e sostenere l’economia reale». Giorgetti persevererà. Tranquillo, senza arrabbiarsi. Almeno fino alla prossima partita del Southampton.
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